Nella coloratissima stanza del Giardino d’inverno di Massimo Kaufmann, siamo chiamati a confrontarci con il sofisticato gioco di immagini congeniato da Elisa Seitzinger. Arialda e il fratello Eros, Maria Brasca e la sorella Enrica. Sentimenti forti di fratellanza e di sorellanza, in cui l’affetto alla fine vince sui conflitti o su non banali risentimenti. Arialda Repossi paga l’omosessualità del fratello, una “vergogna” che Amilcare Candidezza prende a pretesto per rompere la relazione con lei. «L’Eros! Sempre l’Eros! Me lo trovo tra i piedi dappertutto! Pur di farmi dispiacere me lo metterebbero anche nella minestra!». Arialda non fa passi indietro, dalla sua bocca esce un fiume di invettive. Eros si presenta con la sua natura buona e malinconica ma non si tira indietro quando c’è da aiutare la sorella a mettere in pratica la sua vendetta, che fa finire tutto in tragedia. È un patto non semplicemente tattico. Gli orientamenti sessuali del fratello alla fine non gli fanno più problema. Ben altre sono le vergogne di cui è stata testimone. «Del resto, posso dargli torto? Ma che se le prenda, le sue libertà! E che l’ascolti fin che può, il cancro dell’amore, come ai tuoi tempi, tu, hai ascoltato il tuo! Sono io, io sola che non posso!». Maria ed Enrica, rivoluzione e conservazione sotto lo stesso tetto. La prima spavalda, con la tigre sulla spalla, sincera fino ad apparire impudica; la seconda normalizzata dentro una relazione matrimoniale segnata più da umiliazione, comprese le corna, che dall’amore. È un braccio di ferro, in cui non può che esserci una vincitrice totale: Maria. Porta a casa il suo amore giovane e proibito e alla fine persuade la sorella ad arrivare ad un sano regolamento di conti con il marito. Gli occhi e la mano di Elisa Seitzinger hanno scavato in queste relazioni: “L’Arialda e l’Eros Repossi e la Maria e l’Enrica Brasca. Personaggi agli antipodi, ma con caratteristiche decisamente spiccate e ciascuno a suo modo tragico. Dopo aver disegnato i loro ritratti simbolici, ho deciso di realizzarli con la tecnica dell’arazzo industriale, in modo che avessero la concretezza e la matericità di un manufatto di fabbrica proprio come l’hanno i personaggi immaginati da Testori, così reali e allo stesso tempo meravigliosi” spiega l’illustratrice.

