GIOVANNI TESTORI 

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Tema caldo in quegli anni, tanto che Giovanni Testori, sulla prima pagina del Corriere della Sera nel 1979, con grande sensibilità scrive: “…Colpendo la donna, stuprandola, violentandola e ferendola nel centro stesso della sua ‘dolorosa’, paziente, ma liberissima e altissima dignità, chi è cristiano vede altresì colpita ed offesa la parte che fu sempre, nella vicenda della terra e del cosmo, della madre di Cristo… Non vorremmo che, come va succedendo per altre vergogne e per altri delitti, a furia di parlarne, scriverne e discuterne, senza mai assumere la responsabilità d’un gesto, si finisse per diminuirne la gravità, l’irreligiosa e disumana vergogna; si finisse, insomma, per abituare l’uomo a ciò che non è umano.” Sono proprio di Giovanni Testori i grandi disegni in bianco e nero, visibili solo da una piccola fessura nella porta, che parlano del sesso. Senza mai cadere nel volgare o nel pornografico, Testori usa tutto lo spazio del foglio per evitare che, osservandoli, si pensi ad altro, avvertendoci che “la solitudine, non la oscenità, è oscena”. Seni, glutei e vulve sono lì per noi, per metterci davanti all’evidenza della bellezza del corpo. Studi anatomici sono lì per essere ammirati per quello che sono, per concederci il lusso di godere di quella parte di corpo evitando di “limitare” e invece “liberare” pensieri per giungere a una maggiore consapevolezza di noi stessi. Parti anatomiche imperfette che ci fanno dire che non siamo solo una bella carta da parati davanti alla quale mettersi in posa, ma consapevoli di un corpo quale palcoscenico da cui raccontare la vita di oggi. In ogni lavoro di Testori non esiste mai un giudizio, ma un suggerimento per migliorare lo stato delle cose, in modo che il fruitore sia aiutato nell’approccio al tema, abolendo il confine tra arte e vita.

E ora è doveroso arrivare al nocciolo della questione, alle personalità artistiche di questa esibizione, perché quello che ci interessa oggi non è metterci sulla difensiva ma documentare il cambiamento dello stato delle cose. Stiamo vivendo anni in cui finalmente esiste un mondo oltre il patriarcato, dove corpi fluidi e multipli si connettono in innumerevoli combinazioni. Ed è necessario oggi raccontare anche questo attraverso la poetica dell’arte, per dare un segno di un cambiamento in atto, per continuare il pensiero degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, dove troppo spesso le monografie delle artiste iniziavano citando come fatto principale che una data artista era l’amante di, piuttosto che la moglie di. Vorremmo aggiungere nuova linfa andando a sollecitare il pensiero in cui gli individui sono individui, non tipologie sessuali, così da permettere a chiunque di autoidentificare il proprio status sessuale all’interno di un ampio continuum di possibilità.

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