Dal lato opposto della casa, nella grande sala che termina con la veranda, sono esposte due installazioni di Ilaria Turba derivate da JEST, corpo di lavoro che nasce dall’esplorazione dell’archivio fotografico della famiglia dell’autrice: cinque generazioni di immagini dal 1870 a oggi che Ilaria manipola e usa come punto di partenza per una ricerca visiva che si fonde con altre discipline e altri media, assumendo forme diverse.
JEST è un progetto istrionico che si trasforma e vive nello scambio attivo con l’altro. Le fotografie originali sono spunti creativi, simili a portoni magici che aprono a mondi nuovi. Nella grande sala, proprio dove per molti anni è stato esposta La famiglia dei poveri (1735) di Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto, troviamo oggi un’altra famiglia: una fotografia mostra un gruppo di persone, perlopiù donne, molte delle quali portano in mano un ventaglio. Nella rielaborazione di Ilaria i ventagli sono messi in evidenza. Quest’oggetto misterioso, che nasconde e allo stesso tempo è strumento di comunicazione (alla fine dell’Ottocento veniva utilizzato per un vero e proprio linguaggio segreto), è all’origine di una ricerca sui segreti delle donne che Ilaria ha compiuto tra Italia e Francia, incontrando gruppi di età, provenienza, estrazione sociale diversa, raccogliendo e trascrivendo le loro storie e dando vita infine a una delle otto “azioni” che completano la parte più tradizionalmente fotografica di JEST: sono la messa in atto degli spunti creativi. Dai ventagli e dai segreti femminili è nata una performance teatrale, messa in scena presso lo spazio L’Atelier di Nantes grazie alla collaborazione con la scenografa Ambra Senatore e il Centro Coreografico Nazionale della città francese.
Nella sala di Casa Testori JEST dialoga con la storia del suo illustre inquilino srotolando le storie segrete sul lungo tavolo di fronte alla fotografia a partire da una macchina da scrivere che a sua volta è protagonista di una messa in atto del progetto. Un ventaglio originale, posto all’estremità del tavolo, guarda alla fotografia sulla parete. Due sedie si confrontano dalle estremità del tavolo in un dialogo immaginario, mentre le fotografie ai lati ribadiscono l’invito a guardare con attenzione.
Una reinterpretazione dell’allestimento iniziale che, coerentemente con lo spirito del lavoro, cresce e si sviluppa costantemente come un corpo vivente.





