Le meraviglie di Milano

Olimpia Zagnoli, SOVRABBONDANO PERE E MELE

La pagina di Bonvesin dedicata ai frutti di cui era ricca Milano è una pagina esuberante di sapori e di colori.
«I verdeggianti frutteti… Sono spessissimo ricchi di ottimi frutti quasi di ogni genere, che offrono al gusto dell’uomo il piacere di un buon sapore».Bonvesin, come sua abitudine, è preciso e dettagliato. Dice che le «prugne, bianche, rossicce, gialle e damaschine»vengono prodotte in «abbondanza quasi sterminata». Poi assicura che anche «pere e mele estive appaiono in sovrabbondanza». Per le mele poi specifica che Milano è ricca anche dei «pomi invernali», dei «pomi cotogni»e dei «pomi granati, buoni in particolare per coloro che sono ammalati»(una pianta di melograni era presente anche nel giardino di Casa Testori).
L’elenco prosegue citando i «fichi che vengono chiamati fioroni»; «le nocciole domestiche, poi le corniole, più adatte alle donne». E poi persino le mandorle («benché poche», scrive Bonvesin). Bellissime sono in particolare le righe dedicate alle noci.
«Noci in abbondanza incredibile, che i cittadini, cui questo piace, usano mangiare per l’intero corso dell’anno alla fine di ogni pasto. Le triturano anche e le impastano con uova e cacio e pepe, facendone un ripieno per le carni della stagione invernale. Dalle noci ricavano pure l’olio, che da noi viene usato largamente».

19. MIMASTER – I vini di Bonvesin

Il talento degli illustratori selezionati da Mimaster per la cantina di Casa Testori è stato declinato nella realizzazione di una serie di etichette per bottiglie di vino, in cui la creatività  si è sbizzarrita non solo nell’ideazione dell’immagine, ma anche nel nome
della vigna e della casa vitivinicola.
Scrive Bonvesin:

«Le vigne numerose producono svariati generi, sia dolci sia aspri, di vini salubri, saporiti, chiari, di colore bianco, giallo, roseo e dorato in tanta abbondanza che certe famiglie raccolgono ogni anno dalle proprie vigne, al tempo della vendemmia, più di mille carri di vino, altre più di cinquecento, altre più di cento. Sembrerà  forse stupefacente anche questa affermazione: che nel contado di Milano più di seicentomila carri di vino, nelle annate buone vengano messi in botte, come assicurano quanti hanno fatto diligenti indagini e dichiarano di poter offrire valutazioni esatte».

Etichette di:
Carlotta Cogliati, Clarissa Cozzi, Beatrice Gaspari, Libero Gozzini, Patrizia Mastrapasqua, Bertrand Nadal, Emilia Patrignani, Marco Piunti, Davide Raimondi, Laura Re e Alessandro Romita.

Mimaster

Luca Font, LA CITTÀ CARNIVORA

Il tratto deciso di Luca Font ha interpretato il macello e raccontato la moltitudine di bestiame attraverso cui la città veniva rifocillata.

«Affluiscono nella città, come a una stiva di tutti i beni temporali, pane e vino e carne saporita di qualsiasi genere di quadrupedi. E si noti che, come ho diligentemente calcolato con alcuni macellai, nei giorni in cui è permesso ai Cristiani mangiar carne, si ammazzano nella sola città circa settanta buoi. Quanti siano i maiali, le pecore, gli arieti, gli agnelli, i capretti e i quadrupedi d’altro genere, sia selvatici sia domestici, che vengono sgozzati dai macellai, credo che lo potrò precisare a chi mi avrà precisato il numero delle foglie e dei fili d’erba. Affluiscono nella città anche ottime carni di bipedi selvatici e domestici: capponi, galline, oche, anatre, pavoni, colombe, fagiani, galline selvatiche, tortore, anatre selvatiche, allodole, pernici, quaglie, merli e altri uccelli, che soddisfano a tavola l’appetito degli uomini».

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