Giorni Felici

Mauro Maffezzoni, 3D

Stanza 15

«Sono un creatore ostinato: questa mia ostinazione, che può tradursi più semplicemente in “testa dura”, fa parte del mio carattere, ma si è rafforzata sicuramente quando ero un atleta. Ero un campione di canoa, nella mia squadra c’erano campioni del mondo, campioni europei e italiani, io ero campione italiano e facevo parte della squadra nazionale, il nostro dovere, che è una specie di primo comandamento per un atleta, diceva di non arrendersi mai e io, con tutti quei campioni come modello, ho sempre applicato questo motto anche quando ho appeso la pagaia al chiodo e mi sono dato all’arte. Ho mantenuto una mentalità atletica, non so se funziona, ma a me sta bene così, lavoro costantemente per tenermi allenato, alleno la mente per mantenerla duttile e fresca. Ogni mio quadro, ogni mia scultura è una performance atletica, come una corsa di 500 o 1000 metri in C1 (canoa canadese olimpica, la mia imbarcazione, una vera opera d’arte). E la canoa è anche un simbolo di movimento, bisogna conoscere il fiume, saper leggere l’acqua corrente per saperla risalire o per evitare i giri d’acqua o sfruttare al meglio la sua forza. Io nell’arte sono un canoista che viaggia e si perde nelle sue acque, seguo le correnti o le risalgo, viro di forza e faccio scatti improvvisi. Mi diverto.»
Mauro Maffezzoni

«Ritroviamo i concetti di “shuffle” e di “playlist” nella ricerca artistica di Mauro Maffezzoni che dipinge tutto ciò che colpisce la sua fantasia, senza nessun apparente criterio selettivo: un paesaggio visto dal treno, un’immagine di moda trovata in una rivista, un celebre dipinto del passato, un episodio di cronaca oppure una pubblicità. Per questo artista, dalla visionarietà onnivora, non c’è nulla che non meriti di essere riportato su tela. Un altro termine musicale, che spesso ricorre nell’opera di Maffezzoni, è quello di “cover”. L’artista infatti spesso ri-dipinge quadri celebri di maestri della storia dell’arte. Come avviene per le cover musicali, in cui vecchie canzoni vengono riprese e ri-arrangiate, ‘glorie pittoriche’ del passato sono riscoperte e riproposte secondo un criterio apparentemente casuale, come se sortissero da un juke-box della storia dell’arte. L’opera di Maffezzoni può essere definita rizomatica (che concepisce lo sviluppo del sapere umano come un’espansione orizzontale, interconnessa e multidiscilinare) poiché non predilige nessun oggetto in particolare, nessuno stile, nessun trend, e invece accoglie al suo interno tutti i soggetti, i generi, gli stili e le epoche
Alessandra Galasso

L’ARTISTA

Mauro Maffezzoni è nato a Rovereto nel 1960. Ha studiato presso l’Accademia di Belle Arti di Brera e ora vive e lavora tra Milano e Cremona. Nel 2006 ha esposto Cover Cremonesi presso il Museo Civico Ala Ponzone di Cremona e nel 2007 ha tenuto la mostra Painting shuffle presso la Galleria Luisa Delle Piane di Milano. Il suo lavoro si è sempre indirizzato verso una pittura di cover, di vedute e immagini strane da cui la sua fantasia è colpita. Qui presenta per la prima volta le sue sculture.

Studio Azzurro, DUE LAI

Stanza 14

«Le riprese di questo video nascono curiosamente per una esigenza di casting. Eravamo all’inizio della preparazione del nostro film Il Mnemonista e ci siamo sempre immaginati Sandro Lombardi come naturale interprete. Sandro lo conoscevamo dai tempi dei Magazzini Criminali, c’eravamo sfiorati molte volte anche per dei lavori comuni, e non ci siamo mai staccati dall’idea che il personaggio principale di quel progetto che da tempo coltivavamo non potesse essere che lui. La rappresentazione dei Due Lai al Piccolo Teatro di Milano era dunque l’occasione, dopo il suo assenso al progetto, di avvicinarsi al suo mondo: sperimentare il suo viso, la sua voce, penetrare attraverso i suoi gesti nella visionaria interpretazione. L’occhio della telecamera perlustrava le espressioni più impercettibili, indagava ogni potenzialità, ogni battito di poesia. Tutto pensando al nostro film, ritagliando la sua immagine unicamente dentro la nostra scena immaginata. Di Testori, di questo Testori, non ci eravamo ancora accorti. Ma fu proprio Sandro a renderci inevitabile quest’incontro. La sua trasfigurazione non poteva prescindere da quel testo, non poteva che indurci ad ascoltare le parole, a scivolare dentro quegli accostamenti esplosivi, ad apprezzare la straordinaria immaginazione che prendeva forma. Grazie Sandro per averci introdotto a lui e per la tua impagabile prova nel Mnemonista.
Piacere Testori di averti conosciuto così.»
Studio Azzurro

«Le opere di Studio Azzurro mettono lo spettatore a confronto con un modello di universo che non è più quello descritto dalla scienza, perché ordine e disordine, semplice e complesso, vivente e inerte, non sono più contrapposti, come pure le antagonistiche polarità dell’artistico e dell’extra-artistico, del realismo e dell’astrazione; i valori dell’uomo e della natura, della morale e della bellezza sono componenti essenziali del loro lavoro.»
Valentina Valentin

GLI ARTISTI

Studio Azzurro è un ambito di ricerca artistica che si esprime con i linguaggi delle nuove tecnologie. È stato fondato nel 1982 da Fabio Cirifino (fotografia), Paolo Rosa (arti visive e cinema) e Leonardo Sangiorgi (grafica e animazione).

Alessandro Roma, UNA COSA COSTRUITA QUANDO MI SVEGLIO

Stanza 12

«Quello che è particolarmente interessante è la posizione che assume lo spettatore di fronte a questi dipinti e collage. Chi guarda il dipinto non vede un soggetto da contemplare ma si immerge in uno spazio da colmare con la propria presenza. Ovvero, non avendo punti di riferimento, se non nei bordi che delimitano il quadro stesso, lo spettatore non può far altro che trovare un proprio percorso all’interno del dipinto, muovendosi a tentoni tra luci abbaglianti e oggetti taglienti, immerso in uno spazio gassoso che si modifica in continuazione.»
Alessandro Roma

«Il lavoro di Alessandro Roma si esplica in un uso particolare di modalità pittoriche, con ricorso a brillanti soluzioni coloristiche, optando per una singolare compresenza di segni astratti e figurativi. Roma, più che dipingere, “impagina” atmosfere, facendo ricorso tanto a stesure pittoriche pure quanto a immagini estratte dai più diversi repertori del passato e del presente e abilmente cucite tra loro. Il risultato è una ricerca polifonica, aperta a diversi stimoli visivi, una pittura che raggiunge a volte la dimensione ambientale, trascendendo il supporto tradizionale del quadro. Un altro sbocco singolare del lavoro di Alessandro Roma è la scultura in carta: fragilissime e complesse costruzioni realizzate con gli stessi ritagli da riviste o altre fonti cartacee che vediamo dialogare, nelle composizioni bidimensionali, con la pittura, costituiscono fino ad ora uno degli sbocchi creativi più interessanti dell’artista.»
Giorgio Verzotti

L’ARTISTA

Alessandro Roma è nato a Milano nel 1977, dove vive e lavora. Si è diplomato nel 2000 all’Accademia di Belle Arti di Brera e ha vissuto un anno in Germania. Ha esposto in numerose gallerie italiane e a Berlino, dove ha tenuto la sua personale presso la Galerie Alexandra Saheb. Nel 2007 ha vinto il IV International Painting Prize Diputacion de Castellon, tenutosi presso il Museo de Bellas Artes de Castellon in Spagna. Ha esposto nel 2007 e nel 2009 alla Biennale di Praga. A New York ha presentato la mostra Snooze presso la Scaramouche Gallery.

Pietro Ruffo, STRATIFICAZIONI

Stanza 10

«Nelle bandiere che disegno, i colori nazionali sono sostituiti con dei teschi di animali. Questi ultimi possiedono un doppio significato: da una parte rappresentano un simbolo d’aggressività con i denti in bell’evidenza e le mascelle aperte. Ma essendo quasi sovrapposti rappresentano la stratificazione di un popolo sul proprio territorio, simili a dei fossili ritrovati sottoterra. L’intento di queste opere non è capire le ragioni dei conflitti, ma piuttosto analizzare il sentimento di autodifesa vissuto da questi popoli quotidianamente, e quindi di rappresentare popoli fortemente stratificati nel loro territorio, dove per sopravvivere hanno bisogno di sviluppare una forma di aggressività.»
Pietro Ruffo

«Teschi e scarafaggi, morte e resurrezione: nulla di politico né di religioso nel lavoro di Ruffo, anche se a parlare sono i simboli di una conflittualità  contemporanea: Hamas, Israele, Stati Uniti o altro, sono legate paradossalmente dalla corruzione del tempo, inevitabile decadenza, percezione di un passato che si lascia alle spalle un vago odore di bruciato, ultima traccia di una combustione, avvenuta all’ombra della dialettica fallita fra identità  e territorialità , fra storia e politica. Ruffo non ci lascia entrare nel recinto privato della sua esistenza, ce la mostra, ma ci esclude. È questo il suo confine, e questo il prezzo della sua coerenza.»
Edoardo Testori

L’ARTISTA

Pietro Ruffo è nato Roma nel 1978, dove vive e lavora. Nella capitale ha tenuto le più importanti mostre personali: nel 2005 la mostra Flag presso la Galleria AKA e nel 2007 Six Nations alla Galleria Lorcan O’Neill. Ha partecipato a numerose collettive in città come Londra, Algeri, Sendai, Berlino, New York. Nel 2006 ha installato un lavoro permanente nei confessionali della chiesa del Santo Volto di Gesù a Roma, collaborando con gli architetti Sartogo e Grenon e, nello stesso anno, ha realizzato un wall painting in collaborazione con i pazienti dell’ospedale psichiatrico di Colmar in Francia. Nel 2008 ha partecipato alla mostra 1988, vent’anni prima vent’anni dopo al Museo d’Arte Contemporanea Pecci di Prato e ha esposto Nothing New Under the Sand presso la galleria Testori U.K. di Londra. Nel 2009 ha tenuto le mostre GRASWEG alla Galleria Lorcan O’Neill di Roma, e Pietro Ruffo al MAR di Ravenna. A Pesaro, presso il Centro Arti Visive Peschiera, ha presentato la mostra Pietro Ruffo, un istante complesso.

Tamara Ferioli, POISONOUS POISE

Stanza 9

«Il corpo è il luogo nel quale si riflettono informazioni sul mio vissuto. Punto d’incontro tra me ed il mondo. Un luogo infestato da ‘fantasmi’ che cerco di smascherare e scoprirne l’identità, al buio, tramite un processo di filtrazione del caos, fino ad ottenere un distillato bianco. Un ossario emozionale. Tutti gli elementi che utilizzo sono simboli radicati nelle mie esperienze, hanno molteplici significati, li scelgo, utilizzo e associo in modo istintivo scoprendone solo successivamente il significato. Niente, alla fine, si rivela casuale. Sono particolarmente legata ai capelli che oltre ad essere i più antichi tessuti dai quali si sono ricavati finora sequenze di DNA, hanno anche il potere di nascondere… Si annodano, abitano la mia casa, assorbono odori. Spesso il resto del nostro corpo si esprime attraverso di essi, forse perché sono all’estremità… Un po’ come la punta per la matita. Il continuo utilizzo di materiali non convenzionali è un disperato tentativo di svelare l’implicito, il non udibile nel suono delle parole, scatole troppo piccole per il sentire. Il solo utilizzo di materiali convenzionali e prefabbricati ad hoc per artisti sarebbe come porre un ulteriore recinto intorno ai miei monologhi e soliloqui interiori, un ostacolo quanto lo è la parola. Se potessi esprimermi parlando lo farei.»
Tamara Ferioli

«Nelle opere di Tamara Ferioli la riflessione intima sul disagio esistenziale si traduce in un disegno delicato, ma incisivo, giocato sulla reiterazione di inquiete figure femminili, sull’inserimento di corpi estranei come capelli umani, macchie di vino o frammenti di carta da parati, elementi disturbanti che, in verità, evidenziano le tracce organiche del vissuto quotidiano. Si tratta di lavori realizzati su tavole ricoperte da strati di carte delicate, quasi trasparenti, usate dall’artista come veli per attenuare l’immediatezza del disegno. Quello di Tamara Ferioli è un tratto che delinea con morbidezza i contorni di enigmatiche, quanto tormentate fanciulle, la cui nudità riflette un senso di vulnerabilità e forse d’inadeguatezza. Nella sua ricerca si avverte, tuttavia, una tensione lirica che sembra attenuare l’apparente imprinting pessimistico, traslando la rappresentazione grafica del vissuto inconscio ed emotivo entro una dimensione fantastica e irreale.»
Ivan Quaroni

L’ARTISTA

Tamara Ferioli è nata a Legnano in provincia di Milano nel 1982. Tra il 2004 e il 2005 ha frequentato l’Ecole des Beaux Arts de Lyon e nel marzo 2006 si è diplomata all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano. Vive e lavora a Milano. La sua produzione artistica si articola attraverso diversi linguaggi espressivi come la scultura, l’installazione, il disegno, le applicazioni su tela. A partire dal 2003 ha esposto in numerose città italiane e nel 2008 a Berlino e a Londra. Nello stesso anno ha tenuto la mostra Enkefalina abreazioni aCute presso la galleria Obraz di Milano.

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