Giorni Felici

Gian Maria Tosatti, SPAZIO#7

Stanza 15

La memoria del visitatore costituisce l’opera stessa, le conferisce forma e consistenza. Da solo in un ambiente buio, in cui è l’oscurità a occupare lo spazio, il richiamo di una luce intermittente impone un movimento. Il passare delle ore del giorno determina il filtrare del sole dalle fessure della tapparella. Il lampeggiare ritmico attiva un ricordo d’infanzia, forse il baluginare di un televisore. Voltandosi, solo il proprio riflesso.

Gian Maria Tosatti nasce nel 1980 a Roma.

Agostino Bergamaschi, LITTLE IS LEFT TO TELL

Stanza 14

Il coincidere dell’inizio con la fine, l’idea di ciclicità e la considerazione del termine come condizione inevitabile per ricominciare sono le premesse dell’opera di Agostino Bergamaschi. Tra le sue sculture esiste un legame molto stretto: Aspettando il buio I e Aspettando il buio II sono due atti della stessa sceneggiatura, la descrizione poetica dell’arrivo della notte, che acquista consistenza tattile nella sequenza di marmi sul punto di piombare addosso e dichiara il proprio peso, come una ghigliottina, nella teca piena d’acqua sospesa al centro della stanza, che gradualmente ma inesorabilmente si fa sempre più nera.
La dimensione narrativa diventa esplicita in Storia di un colore attratto al centro della terra, in cui il titolo manifesta il rapporto inscindibile tra la produzione artistica di Bergamaschi e i romanzi di cui si nutre. Little is left to tell, d’altra parte, è una citazione di Italo Calvino.

Agostino Bergamaschi è nato nel 1990. Vive e lavora a Milano.

Thomas Ruff, M.D.P.N.

Stanza 13

Formatosi alla Scuola di Dusseldorf, avendo come maestri i coniugi Hilla e Bernd Becker di cui erediterà la cattedra, Thomas Ruff ne fa proprio il rigore metodologico, sviluppando un linguaggio autonomo grazie all’introduzione del colore, alla manipolazione fotografica, all’utilizzo delle nuove tecnologie. La serie M.D.P.N., realizzata nel 2002, prende in esame il mercato del pesce di Napoli (le lettere che compongono il titolo sono, infatti, le iniziali), un edificio realizzato tra il 1929 e il 1934 su progetto di Luigi Cosenza, diventato un esempio di architettura razionalista nella città. È lo stesso periodo in cui Antonio Cassi Ramelli progetta l’ampliamento di Casa Testori: il salone, la veranda e le stanze sovrastanti vedono la luce negli anni Trenta.

Thomas Ruff è nato nel 1958.

Marco De Sanctis, RÈMINESCENCES

Stanza 12

Nel solaio di una casa un tempo abitata da un artista, Marco De Sanctis ha trovato alcune tele preparate dal pittore, ma non ancora dipinte. Raschiando lo strato preparatorio fino ad arrivare alla base, emerge l’idea che fu, che si srotola nello spazio, senza farsi afferrare. Una linearità che ritorna come elemento conduttore nella produzione dell’artista e che conduce dalla Tapisserie disegnata con minuzia e pazienza su carta riprendendo lo stesso motivo del tappeto tratteggiato sull’incisione D’Après Ingres, restaurata dall’artista, al certificato d’autenticità della preziosa incisione a bulino, che De Sanctis ha trascritto, a matita, sulla parete della stanza.

Marco De Sanctis, nato nel 1983 a Milano, vive e lavora tra Bruxelles e l’Italia.

Anthony Zinonos, GABRIELLA’S GLOW

Stanza 10

Anthony Zinonos ha cominciato a chiamare Gabriella Testori Bernardini soltanto Lella.
Pronunciato con il suo accento inglese e con la familiarità di chi ne ha accarezzato per giorni le fotografie in bianco e nero, di chi ha fatto propri i racconti altrui e ha partecipato con l’immaginazione a feste, cene e viaggi. Avrebbe voluto conoscerla personalmente e ridere insieme a lei come faceva con il fratello Giovanni e vorrebbe, un giorno, farsi guardare da una donna come lei guardava il marito Carlo.
La family room di Casa Testori ospita un omaggio alla sorella minore di Giovanni Testori, scomparsa il 2 marzo 2014, affidato ai collage di Anthony Zinonos, in cui la sovrapposizione di livelli di carta entra in dialogo con la sottrazione di intonaco della grande opera permanente di Andrea Mastrovito.

Anthony Zinonos nasce in South Africa nel 1981, vive e lavora a Norwich (UK).

Diego Marcon, INTERLUDE

Stanza 8

Dick è un soldato. Seduto su uno sgabello davanti a una tenda, sta pulendo il suo stivale.
Intorno, il nulla. Interlude parte proprio dal nulla e dal silenzio, che, nell’allestimento ideato per la mostra, superano i confini dello schermo, per proseguire nella veranda di Casa Testori. Uno spazio semicircolare e rigoroso, che si colloca idealmente al centro dei punti cardinali elencati da Diego Marcon, nel video interamente sonorizzato dalla voce dell’artista. Il punto di partenza del racconto, suddiviso in tre atti di pochi secondi, è la prefazione di Specie di spazi, di Georges Perec, in cui la descrizione pedissequa dei dettagli di un ambiente diviene condizione per afferrarne la complessità: un paradosso rispetto al vuoto in cui Dick e il visitatore si trovano.

Diego Marcon, 1985.

Chiara Briganti, ESPRIT DE FENÊTRE

Stanza 6

Chiara Briganti realizza le sue scatole magiche dagli anni Settanta e, a oltre novant’anni, ancora assembla microcosmi che riassumono in pochi centimetri racconti, sogni, ossessioni. Ogni teatrino è accompagnato da una citazione, che vuole costituire un varco per la comprensione di quanto rappresentato e che, invece, talvolta ne accresce il mistero. I differenti piani prospettici equivalgono, infatti, ad altrettanti livelli di lettura e di interpretazione delle opere, spesso bifacciali, in cui l’artista inserisce materiali provenienti da fonti lontane tra loro: sassi, vetro, incisioni sette e ottocentesche ritagliate con minuzia.

Chiara Briganti (Montpellier, 1921)

Piero Pizzi Cannella, BON À TIRER

Stanza 4

La produzione incisoria di Piero Pizzi Cannella, esponente della Scuola di San Lorenzo, può essere considerata come una sintesi del suo fare artistico, innanzitutto per la ripresa dei soggetti tipici del suo linguaggio espressivo, che nell’essenzialità del segno e dell’assenza di colore ne estremizzano le caratteristiche archetipiche. Sono oggetti domestici, sottratti dal contesto e dalla loro funzione e assurti a icona, accompagnati, talvolta, da una frase o da una parola sibillina. Attraverso la tecnica dell’acquaforte e del carborundum, sotto la guida sapiente della Stamperia d’Arte Albicocco di Udine, il segno acquista maggiore o minore precisione e consistenza, diventando affilato come la punta di una freccia oppure facendosi di velluto nel lampadario o nel collier.

Piero Pizzi Cannella nasce nel 1955 a Rocca di Papa (RM).

Filippo Timi, “INZIPIT AMBLETI TRAGEDIA”

Special Guest

Il 16 gennaio 1972 andava in scena al Teatro Pier Lombardo L’Ambleto. Non solo si alzava il sipario su un nuovo spazio che ancor oggi è tra i più importanti della scena milanese, ma iniziava anche un sodalizio straordinario tra un autore, Giovanni Testori e un attore, Franco Parenti. C’era un qualcosa di sovversivo in quel binomio che irrompeva nella Milano di quegli anni. Uno scrittore di impronta cattolica e un attore di fede comunista rompevano tutti gli schemi aprendo spazi di appassionante riflessione nel tessuto ferito della Milano di quegli anni. L’Ambleto, a dispetto della novità e dell’anomalia del testo, fu un successo clamoroso, che segnò l’inizio di un sodalizio straordinario. Anni dopo L’Ambleto è stato riportato in scena da un altro grande protagonista del teatro italiano: Sandro Lombardi, con la regia di Federico Tiezzi. Anche in questo caso il successo è stato straordinario. E ora, a quarant’anni da quell’esordio, sarà Filippo Timi il terzo Ambleto? L’attore perugino, reduce da una serie di spettacoli che hanno sbancato il botteghino, per Casa Testori si è cimentato in un primo assaggio, interpretando il memorabile incipit del testo e la sua voce profonda e inconfondibile risuona per le stanze della casa (come risuonava quella di Sandro Lombardi in occasione della prima edizione di Giorni Felici). Quello che tutti ci auguriamo è che sia davvero un inizio. Un grazie va ad Andrèe Ruth Shammah, che quarant’anni fa aveva firmato la regia del primo Ambleto, e anche oggi ha “preso per mano” Filippo Timi in questo inizio di percorso testoriano.

_mg_1384

Filippo Timi è nato a Perugia nel 1974. Vive a Milano.

Gaia Carboni, INCIDENZE

Stanza 20
Invitata da Stefano Arienti

Il progetto pensato per questa stanza esprime una riflessione concernente due differenti elementi, riuniti, però, sotto lo stesso segno; uno è legato alla tecnica dell’incisione, nei suoi diversi aspetti processuali, l’altro si riferisce al ruolo della luce nell’incisione stessa e quindi alla sua percezione attraverso la ponderazione di diverse dimensioni spazio-temporali. La processualità propria dell’incisione viene apparentemente interrotta nell’opera Phos III. Essa, benché rimasta in forma di matrice, lascia spazio alla luce che insediandosi nei segni incisi, come se fosse inchiostro, fa emergere il paesaggio rappresentato, che a sua volta, tra le corrosioni e le inflorescenze che il tempo ha lasciato sull’alluminio, si sottopone. Tale discorso si ripresenta nell’opera site-specificAbete dove il segno inciso viene percepito sempre grazie a essa. Tale opera catapulta all’interno della stanza l’abete presente nel giardino di Casa Testori ed è il motivo principale per cui ho scelto questa stanza: l’albero in questione è esattamente centrato nella finestra che viene percepita, di conseguenza, come inquadratura perfetta di un elemento molto affine nella struttura architettonica alle forme che rappresento. La virtualità di questo soggetto che si astrae dal suo contesto introduce la dimensione metafisica dei tre disegni Dark I, II e III, in cui la luce non è più fisica ma interamente mentale ed è espressa attraverso l’uso della penna nera e quindi dell’inchiostro, che si staglia sulla superficie metallica dei cartoncini che imitano la lastra di incisione.

Gaia Carboni è nata a Torino 1980. Vive e lavora a Fidenza.

Privacy Policy Cookie Policy