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I NIPOTINI DELL’INGEGNERE

Stanza 3

Con lo “sketch” pubblicato su il VerriI nipotini dell’Ingegnere e il gatto di casa De Feo (1960), Alberto Arbasino conia un’espressione che restituisce sinteticamente la complessità di una serie di rapporti umani e letterari che hanno legato i “ventenni degli anni ‘50” allo scrittore Carlo Emilio Gadda. I tre nipotini “venuti fuori pressappoco insieme intorno al ‘55, covati tutti da Paragone” sono Pasolini, Giovanni Testori e lo stesso Arbasino. L’ingegner Gadda a quella data “aveva già più di sessant’anni, scriveva da più di trenta e non aveva ancora pubblicato in volume il Pasticciaccio” e veniva da loro considerato il “massimo autore italiano del mezzo secolo, con immenso dispetto di tutti gli altri”. In direzione verticale Arbasino indica il debito verso Gadda della propria generazione che ha trovato in lui l’autorizzazione a seguire una propria sperimentazione linguistica in una letteratura liberata da “ogni soggezione e complesso verso alti ‘ordini’ o ‘sfere’ per restituirle la sua dignità di operazione linguistica assoluta”. Si tratta, tuttavia, di una discendenza indiretta, anche perché Gadda, un “elefante deciso a morire solitario”, mai si curò dei suoi nipotini – non figli – “ingombranti, ostinatissimi a farlo segno di una devozione” a tratti addirittura “persecutoria”. Una condivisa “vitalità frenetica e imprudente, sempre allo sbaraglio” unisce invece, in senso orizzontale, Pasolini a Testori e Arbasino: una “divorante ossessione” che è ricerca di una lingua capace di restituire sulla pagina le “passioni umane più scatenate e vissute”. Questa opzione di rapporto con la realtà che esclude imprudentemente la censura, “rimettendo in giuoco tutto, come se davvero dovessero morire tutti domani”, li porta alla scelta di un espressionismo linguistico che tiene conto di registri diversi di scrittura, di stesura e di lessico. Riconsiderando i tre autori in questa più ampia prospettiva di espressionismo linguistico, è apparso chiaro quanto sia vero ciò che Pasolini scrisse riguardo Gadda: “i problemi che la sua lingua propone sulla pagina non vi si esauriscono: tendono a divenire generali. Non si può pensare a Gadda senza pensare a tutto il ‘900 letterario, né a questo senza il particolare ‘800 che locontiene in potenza”. Ed è così che, muovendosi ancor più liberamente nel tempo, si costruisce, per mano di Mario Mondo, un grande puzzle di scrittori che, fino a oggi, hanno scelto, per dirla con Contini, una “ricchissima esperienza plurilinguistica”. In quest’ottica allargata trovano il loro spazio la prima edizione del Pasticciaccio (1957) di Gadda e i Glossari tratti da Ragazzi di vita e Una vita violenta: un elenco di espressioni dialettali, talvolta poi diventate di uso comune.

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