«Bonvesin de la Riva dotato di una sorta di prudenza pensierosa in un periodo di selvagge lotte per il potere, qual è l’ultimo trentennio del Duecento a Milano; seduto al tavolo di lavoro egli tiene in posa e fotografa il suo sogno di una vita comunale attiva e pacifica, con l’amabile illusione che la parola saggia trovi posto negli spazi dissennati delle ambizioni politiche».
Maria Corti
Bonvesin de la Riva nacque a Milano prima del 1250. La famiglia abitava nel quartiere di Porta Ticinese. Fu magister o doctor gramaticae a Legnano, prima di tornare a Milano dove, entro
il 1288, scrisse il De magnalibus urbis Mediolani: le meraviglie di Milano. Fu frate terziario dell’Ordine degli Umiliati, partecipando all’amministrazione di diverse istituzioni di carità, e fece parte dei decani dell’Ospedale nuovo.
Compose opere in latino e in volgare, tra cui conosciamo i Carmina (o Controversia) de mensibus sul tema, diffusissimo nell’arte e nella letteratura medievali, dei mesi, il De vita scolastica, che ebbe larghissima fortuna ancora nel Rinascimento, e il De magnalibus urbis Mediolani. Poco coinvolto nei disordini cittadini, si allineò, più per prudenza che per politica, ai Visconti, se è vero che i Carmina de mensibus allegorizzano il tentativo di ribellione di Napo della Torre, oppositore dei Visconti, esiliato dopo la sconfitta a Desio del 1277, un anno dopo la composizione del testo. Fece testamento nel 1313 e morì poco dopo, prima del 1315.
Emiliano Ponzi, con il suo stendardo, attua una magistrale sovrapposizione: Bonvesin è la città che racconta, il suo cuore coincide con la metropoli, le sue vene, le sue arterie sono le vie cittadine.