Davide Rivalta

Davide Rivalta, RINOCERONTE

Giardino

Afferma il critico John Berger: “Quando sono intenti a esaminare un uomo, gli occhi di un animale sono vigili e diffidenti. Quel medesimo animale può benissimo guardare nello stesso modo un’altra specie. Non riserva uno sguardo speciale all’uomo. Ma nessun’altra specie, a eccezione dell’uomo, riconoscerà come familiare lo sguardo dell’animale. Gli altri animali vengono tenuti a distanza da quello sguardo. L’uomo diventa consapevole di se stesso nel ricambiarlo. L’animale lo scruta attraverso uno stretto abisso di non-comprensione. Ecco perché l’uomo può sorprendere l’animale. Eppure anche l’animale – perfino se è domestico – può sorprendere l’uomo.”
Ma come? Provando una indeterminata nostalgia per una ferinità che c’era e non esiste più, per un richiamo alla natura che non è del tutto sopito sotto spessi strati di civilizzazione. Ecco che l’uomo si prodiga per segregare animali domestici, per costruire e visitare zoo, nell’inutile ricerca di quello sguardo, dell’occhio dell’animale che però, completamente snaturato, non si ferma se non per un istante a osservare il visitatore, per poi dirigersi ciecamente al di là , oltre, perché nulla più può occupare un luogo centrale nella sua attenzione.
Cerco di riproporre quel dualismo che è andato completamente perduto nel momento in cui l’uomo si è sentito signore e padrone della natura. Il dualismo dello sguardo tra la specie-uomo e gli occhi degli altri viventi: la mia opera vuole proporre l’incontro sorprendente, fecondo perché sottratto dall’elaborazione artistica all’anestetizzazione del presente, l’incontro tra l’uomo e l’animale.
Davide Rivalta

Lo scopo dell’artista è allora quello di fissare la possibilità di un vero e proprio incontro fra tre elementi diversi: la figura dell’animale in forma di scultura che pur se fatta ad arte mantiene la propria caratteristica innocente sacralità, la propria naturalezza, e, pur non potendosi sottrarre del tutto alle sempre possibili associazioni simboliche, prendendone le distanze in virtù del proprio “realismo” di fattura; il contesto ambientale in cui si trova ad essere e su cui non tende né a prevaricare né a orientare, bensì solo ad esservi come ospite ingrato; e infine tutti coloro che si troveranno per scelta, per consuetudine o per caso, a confrontarvisi. Si viene così a stabilire un gioco di relazioni che è la sostanza vera e ultima dell’opera, più di quanto non lo siano i suoi connotati stilistici e formali. Consiste questa sostanza nell’evocazione di un senso positivo della vita nelle sue più elementari manifestazioni quali quelle offerte dalla casualità dell’esistere e dalle potenzialità percettive che ci raccordano con il mondo e l’altro-da-sé nell’ambito di quello spazio condiviso, e non esclusivo, a cui nessuna forma vivente si può alla fine sottrarre. Tutto tende allora verso la meraviglia, che è pari nel rappresentato e nell’osservatore, nel visto e nel vedente, quasi a voler indicare quell’unità primigenia che è il nostro e più vero paradiso perduto.
Pier Luigi Tazzi

Davide Rivalta è nato nel 1974 a Bologna, dove vive e lavora.

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