Persona – F. Berta e C. Fogarolli
€15,00
Catalogo della mostra Persona
A cura di Carlo Sala
84 pagine,
formato 17×24
immagini a colori
è il secondo appuntamento della rassegna Pocket Pair, che occupa il piano terra della dimora natale di Giovanni Testori.
La mostra è concepita come un dialogo tra i due autori per indagare il rapporto tra l’individuo e la società contemporanea, con particolare attenzione alle varie forme di normatività che tendono a omologare il singolo e a incasellarlo in rigidi schemi. Punto di partenza del progetto, composto da una pluralità di mezzi espressivi come fotografie, sculture, installazioni, opere video, sono state alcune note biografiche del padrone di casa, Giovanni Testori.
Nel lavoro di Filippo Berta è la messa in scena di piccoli gesti quotidiani a far emergere la conflittualità e le tensioni insiti nel rapporto tra uomo e società. La serie di video e fotografie è l’esito di performance collettive dove azioni all’apparenza banali assumono un valore allegorico per smascherare il conformismo diffuso: nel dittico Just One (2017) il manto di lana di una pecora – bianco, di una bellezza uniforme – è tosato per allestire un elogio dell’imperfezione. Il tema del fallimento diviene metaforico in lavori come Allumettes 2 (2013), Forma perfetta (2017) o Sulla retta via (2014): quest’ultimo presenta un gruppo di persone che tenta di camminare in fila indiana seguendo il fugace confine tra la terra e il mare definito dalle onde. Una linea che si spezza continuamente evidenzia così l’impossibilità per l’uomo di trovare un equilibrio tra la sua primigenia natura emotiva e l’aspetto razionale necessario all’adesione al corpo sociale. In Déjà vu (2008) la sfida apparentemente ludica del tiro alla corda tra sei coppie di gemelli porta a una riflessione sulla competitività insita al nostro vivere.
Christian Fogarolli, ripercorrendo il rapporto tra arte e discipline scientifiche, indaga il sottile confine tra normalità e devianza insieme al carattere arbitrario delle relative categorizzazioni. Quest’aspetto è particolarmente evidente nel lavoro Leaven (2017), composto da una teca contenente i manuali pubblicati negli Stati Uniti dal 1952 al 2015 per classificare le malattie mentali che rendono palese come, negli ultimi cinquant’anni, un ristretto gruppo di studiosi ha determinano il concetto (assai mutevole) di “normalità” per l’intero genere umano. L’immaginario scientifico si riverbera in vari lavori: dalla scultura Midólla (2017) che trasferisce analogicamente sul marmo un’immagine di inizio Novecento raffigurante il midollo spinale di un malato mentale a Placebo (2018), giocata sulla relazione tra naturale e artifizio, fino a Misura di prevenzione (2017), una installazione che ricorda lo strumento della livella ad acqua usata fin dall’antichità, figurando così il concetto di squilibrio chimico, oggi considerato alla base di alcuni disturbi mentali. Infine, la scultura Loose (2017), dove lo spettatore deve relazionarsi con l’opera per riuscire pian piano a cogliere l’immagine-identità che emerge da un gioco di rifrazioni in una superficie specchiante.
In occasione della mostra, gli autori propongono due lavori inediti sulla base delle suggestioni ricevute dal luogo e dal pensiero testoriano. Christian Fogarolli, nella nuova opera del progetto Stone of madness (2018), si rifà alle credenze di area nordeuropea del tardo Medioevo e Rinascimento (ma anche presenti nella civiltà preistoriche) che imputavano le devianze comportamentali, come follia o stranezza, alla presenza di una pietra nel cranio umano. Il lavoro è composto dalla fotografia analogica di un encefalo con una pietra incastonata al suo interno, una fluorite, che modifica il proprio tono cromatico grazie all’intervento dello spettatore invitato a interagire con uno strumento a luce ultravioletta.
Filippo Berta presenta la performance inedita A nostra immagine e somiglianza #2 (2018), secondo capitolo di un trittico che indaga la reazione tra l’individuo e le norme imposte dalle convenzioni sociali e dai dogmi religiosi. Nel corso dell’azione un feticcio-idolo viene usato in modo ludico come un qualsiasi oggetto domestico.
Persona – F. Berta e C. Fogarolli
€15,00
Catalogo della mostra Persona
A cura di Carlo Sala
84 pagine,
formato 17×24
immagini a colori
è il secondo appuntamento della rassegna Pocket Pair, che occupa il piano terra della dimora natale di Giovanni Testori.
La mostra è concepita come un dialogo tra i due autori per indagare il rapporto tra l’individuo e la società contemporanea, con particolare attenzione alle varie forme di normatività che tendono a omologare il singolo e a incasellarlo in rigidi schemi. Punto di partenza del progetto, composto da una pluralità di mezzi espressivi come fotografie, sculture, installazioni, opere video, sono state alcune note biografiche del padrone di casa, Giovanni Testori.
Nel lavoro di Filippo Berta è la messa in scena di piccoli gesti quotidiani a far emergere la conflittualità e le tensioni insiti nel rapporto tra uomo e società. La serie di video e fotografie è l’esito di performance collettive dove azioni all’apparenza banali assumono un valore allegorico per smascherare il conformismo diffuso: nel dittico Just One (2017) il manto di lana di una pecora – bianco, di una bellezza uniforme – è tosato per allestire un elogio dell’imperfezione. Il tema del fallimento diviene metaforico in lavori come Allumettes 2 (2013), Forma perfetta (2017) o Sulla retta via (2014): quest’ultimo presenta un gruppo di persone che tenta di camminare in fila indiana seguendo il fugace confine tra la terra e il mare definito dalle onde. Una linea che si spezza continuamente evidenzia così l’impossibilità per l’uomo di trovare un equilibrio tra la sua primigenia natura emotiva e l’aspetto razionale necessario all’adesione al corpo sociale. In Déjà vu (2008) la sfida apparentemente ludica del tiro alla corda tra sei coppie di gemelli porta a una riflessione sulla competitività insita al nostro vivere.
Christian Fogarolli, ripercorrendo il rapporto tra arte e discipline scientifiche, indaga il sottile confine tra normalità e devianza insieme al carattere arbitrario delle relative categorizzazioni. Quest’aspetto è particolarmente evidente nel lavoro Leaven (2017), composto da una teca contenente i manuali pubblicati negli Stati Uniti dal 1952 al 2015 per classificare le malattie mentali che rendono palese come, negli ultimi cinquant’anni, un ristretto gruppo di studiosi ha determinano il concetto (assai mutevole) di “normalità” per l’intero genere umano. L’immaginario scientifico si riverbera in vari lavori: dalla scultura Midólla (2017) che trasferisce analogicamente sul marmo un’immagine di inizio Novecento raffigurante il midollo spinale di un malato mentale a Placebo (2018), giocata sulla relazione tra naturale e artifizio, fino a Misura di prevenzione (2017), una installazione che ricorda lo strumento della livella ad acqua usata fin dall’antichità, figurando così il concetto di squilibrio chimico, oggi considerato alla base di alcuni disturbi mentali. Infine, la scultura Loose (2017), dove lo spettatore deve relazionarsi con l’opera per riuscire pian piano a cogliere l’immagine-identità che emerge da un gioco di rifrazioni in una superficie specchiante.
In occasione della mostra, gli autori propongono due lavori inediti sulla base delle suggestioni ricevute dal luogo e dal pensiero testoriano. Christian Fogarolli, nella nuova opera del progetto Stone of madness (2018), si rifà alle credenze di area nordeuropea del tardo Medioevo e Rinascimento (ma anche presenti nella civiltà preistoriche) che imputavano le devianze comportamentali, come follia o stranezza, alla presenza di una pietra nel cranio umano. Il lavoro è composto dalla fotografia analogica di un encefalo con una pietra incastonata al suo interno, una fluorite, che modifica il proprio tono cromatico grazie all’intervento dello spettatore invitato a interagire con uno strumento a luce ultravioletta.
Filippo Berta presenta la performance inedita A nostra immagine e somiglianza #2 (2018), secondo capitolo di un trittico che indaga la reazione tra l’individuo e le norme imposte dalle convenzioni sociali e dai dogmi religiosi. Nel corso dell’azione un feticcio-idolo viene usato in modo ludico come un qualsiasi oggetto domestico.