La mostra rimarrà chiusa dal 23.12.2024 al 05.01.2025 per le vacanze natalizie Riapriremo il 6 gennaio con orario festivo (14.30 – 19.30)
In occasione della terza edizione del Festival Archivi Futuri organizzato dal MA*GA di Gallarate il primo piano di Casa Testori si presenta con un nuovo allestimento nato dal suo archivio e dalla sua biblioteca, grazie a stanze tematiche che ne raccontano le tante storie, con manoscritti, quadri, fotografie, libri e video.
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LA MOSTRA
I temi delle singole stanze prendono spunto dalle nuove acquisizioni dell’Associazione Testori: dai 52 volumi della collana “Biblioteca di Letteratura” curata da Giorgio Bassani e con le copertine di Albe Steiner per Feltrinelli a una selezione di scatti del servizio fotografico conservato dall’Archivio Luce Cinecittà della “prima” romana del dramma “L’Arialda” del dicembre 1960. La mostra sarà l’occasione per osservare da vicino alcuni quaderni e fogli dattiloscritti inediti del Fondo Testori di proprietà di Regione Lombardia ma anche di scoprire in anteprima le prossime pubblicazioni come gli Atti del Convegno organizzato in occasione del Centenario e la storia di Casa Testori.
Nello specifico le 5 stanze sono così allestite: la prima è la grande stanza da letto dei genitori che presenta la vicenda della “Biblioteca di letteratura – I Contemporanei” storica collana Feltrinelli diretta da Giorgio Bassani dal 1958 al 1963, in cui Testori ha pubblicato ben cinque libri: l’intero ciclo de “I segreti di Milano”. In mostra, si dà conto, per la prima volta, delle lettere con cui Testori affidava il suo lavoro a Bassani, conservate nell’archivio dei suoi eredi.
La seconda stanza è dedicata al fotoracconto della prima romana de L’Arialda, che de “I segreti” è stata in qualche modo “l’esplosione”. Si presenta un’importante selezione di un inedito servizio fotografico acquisito in copia dall’Archivio Testori, grazie a un accordo con l’Archivio dell’Istituto Luce di Roma, che conserva i negativi dell’agenzia Dial-Press (oltre 70.000 immagini). È una documentazione importantissima della prima all’Eliseo diretta da Luchino Visconti.
La terza stanza propone il caso di Erodiade, il dramma scritto da Testori nel 1968 e messo in scena con Adriana Innocenti solo nel 1984, che permette un affondo verticale in tutte le meraviglie dell’Archivio Testori: gli impetuosi manoscritti da cui tutto trae origine, i disegni a stilografica delle Teste del Battista e gli acquerelli che ne seguirono. Completano la stanza le foto e l’affascinante materiale di scena dell’attrice, donato all’Associazione dal marito Piero Nuti.
Si prosegue con la quarta stanza in cui si trova il ciclo delle Crocifissioni a pastello, una serie dalla forza straordinaria, da mettere in stretta relazione con alcuni pittori decisivi per Testori in quegli anni, come Graham Sutherland, ma da considerare un’occasione di ripensamento sull’opera di Pablo Picasso e Francis Bacon. In mostra, il ciclo è esposto a fianco dei manoscritti e dattiloscritti della raccolta poetica Ossa Mea, che i pastelli hanno in qualche modo generato.
Infine, la quinta stanza, è la stanza da ragazzo di Testori: il suo primo studio, il luogo in cui poteva conservare alle pareti i Nudi maschili da lui attribuiti a Géricault e Courbet. Lo spazio luminoso che si affaccia sul terrazzino vista giardino, disegnato negli anni Trenta, insieme ai suoi interni, dall’architetto Cassi Ramelli è trasformato per l’occasione in una sorta di sala lettura, dove si può “partire” alla conoscenza del mondo testoriano, grazie alle recenti pubblicazioni che stanno mettendo a punto la conoscenza della sua opera.
Appartengono tutti alla generazione Z, nati tra il 1995 e il 2001, e avevano dunque meno di trent’anni le artiste e gli artisti che sono stati protagonisti de La prima volta, la mostra a cura di Marta Cereda che Casa Testori ha inaugurato il 15 giugno.
Con la loro ricerca, che utilizza mezzi espressivi differenti – pittura, fotografia, video, scultura, performance – nel percorso espositivo sono entrati in dialogo non solo con le altre opere, ma anche e soprattutto con l’architettura, con la biblioteca e con le preesistenze domestiche della casa natale di Giovanni Testori, a Novate Milanese dove per tutta l’estate, dal 16 giugno al 26 ottobre 2024, hanno occupato l’intero piano terra.
A 15 anni dall’esordio e dall’inizio delle attività, avvenuto con identico spirito nel 2009, Casa Testori, la grande abitazione di inizio Novecento alle porte di Milano, conferma in questo modo il suo ruolo come punto di riferimento per la creatività contemporanea e il suo desiderio di continuo rinnovamento, aprendo le porte a una nuova generazione creativa.
«15 anni fa Casa Testori iniziava la sua avventura proponendosi come palcoscenico per nuovi talenti artistici. Con il ciclo di Giorni Felici dal 2010 al 2014 artisti in tanti casi al debutto e comunque molto giovani avevano avuto la possibilità di esporre a fianco di artisti consacrati», afferma Carlo Maria Pinardi, Presidente di Casa Testori. «In qualche modo è stata una “prima volta”. Oggi molti di loro hanno conosciuto un grande successo, come Andrea Mastrovito, Gianmaria Tosatti o Davide Rivalta, solo per fare alcuni nomi. È uno spirito che Casa Testori non ha mai smarrito e che viene riaffermato con convinzione con questa proposta espositiva di 19 artisti nati dopo il 1995, selezionati da Marta Cereda. Anche per loro, a diverso titolo, è una sorta di “prima volta”. Con questa mostra Casa Testori riafferma la sua identità di luogo di ricerca, di vitalità artistica nel panorama contemporaneo».
«La prima voltaè un progetto che vuole smitizzare ogni idea di eccezionalità e di primato, in ogni ambito, che vuole riflettere sul valore dei tentativi e del fallimento – afferma la curatrice, Marta Cereda -. La prima volta è una mostra che parla di tempo, vissuto, ricordato, immaginato, proiettato, di ricerche in costruzione, della possibilità di sperimentare, di andare avanti, di tornare sui propri passi».
Ogni volta è La prima volta, dunque, non un debutto, ma un’esperienza, un’idea, un progetto che si mostra per la prima volta. Le artiste e gli artisti coinvolti – Martina Andreoni, Erica Bardi, Andrea Camiolo, Roberto De Pinto, Giuseppe Di Liberto, Benedetta Fioravanti, Agnese Galiotto, Pietro Guglielmin, Luca Lombardi, Enrico Loquercio, Sara Lorusso, Francesca Macis, Federica Mariani, Camilla Marrese, Alice Pilusi, Giulia Querin, Adelisa Selimbašić, Ilaria Simeoni, Jacopo Zambello – si sono incontrati nelle stanze della casa, hanno condiviso gli spazi mettendo accanto le loro opere, guardandosi, confrontandosi per la prima volta in modo corale, tutti insieme.
IL PERCORSO
Ad aprire la mostra è Sara Lorusso (Bologna, 1995) che presenta Diari, una serie fotografica iniziata nel 2018 che cattura l’intimità e la nostalgia dell’estate attraverso immagini di corpi e paesaggi. Nella prima stanza Roberto De Pinto (Terlizzi, BA, 1996) espone diverse opere tra cui Papaveri e l’inedito Un chant d’amour, in cui, utilizzando tecniche come encausto, pastelli e carboncino, esprime la sensualità del Mediterraneo attraverso rappresentazioni vegetali e umane. Con lui Erica Bardi (Napoli, 1998), la cuifotografia in bianco e nero richiede un’osservazione ravvicinata per comprendere il rapporto tra elementi organici e inorganici. Agnese Galiotto (Chiampo, VI, 1996) nel salone della casa presenta Scheletro, un’installazione ambientale che riflette sull’impermanenza attraverso un collage di cartoni preparatori di affreschi destinati alla distruzione, insieme ad alcuni disegni. Francesca Macis (Oristano, 1996) con la sua serie Fairytales trasforma i parchi giochi notturni in scenari luminosi e surreali, esplorando la transizione dall’infanzia all’età adulta. La veranda ospita Federica Mariani (Milano, 2000) che con il video Empress Margareth’s Speech e con le sculture Worm e Bat denuncia la condizione femminile, utilizzando come alter ego Margareth Cavendish, eclettica intellettuale secentesca. Con la serie Cakes, ospitata nella cucina della dimora novatese, Alice Pilusi (Pescara, 1997) critica la superficialità dei valori moderni attraverso torte esteticamente attraenti ma strutturalmente vuote, rappresentando la feticizzazione della bellezza e del successo. Le sue opere dialogano con quelle di Adelisa Selimbašić (Karlsruhe, 1996) che affrontano l’inadeguatezza derivante dalla pressione di conformarsi a standard estetici, con figure che occupano prepotentemente la tela per sfidare l’idea di un canone unico. Nell’atrio Pietro Guglielmin colloca la sua opera Mermaidia, in cui dipinge foglie e recinzioni per evocare l’immaginazione, e invitare a riflettere su cosa si cela oltre il visibile. Ed è qui, in una sezione della biblioteca di Testori, che Ilaria Simeoni (Montebelluna, TV, 1995) ha trovato lo spazio per il suo giardino portatile, tavole praticamente tascabili che riflettono sull’interazione tra natura incontaminata e giardini curati. Il percorso prosegue nelle stanze dove le sculture di Giulia Querin (Venezia, 1997) fanno capolino muovendosi senza vincoli: a terra, sulle pareti, su altri oggetti. In questo stesso spazio le tele di Luca Lombardi (Brescia, 1996) rappresentano l’ossessione per l’identità digitale attraverso gesti ingigantiti di swipe, criticando la superficialità delle notizie sensazionalistiche. Al digitale e all’intelligenza artificiale si ispira anche Andrea Camiolo (Leonforte, EN, 1998) con The Manhattan Project, in cui presenta immagini fotorealistiche di esplosioni nucleari generate dall’AI, interrogandosi sull’autenticità e l’autorialità. Proseguendo, il video Give me a moment, I leave the light on di Benedetta Fioravanti (Ascoli Piceno, 1995) mescola memorie personali e found footage. Le opere di Jacopo Zambello (Rovigo, 1999) sono ispirate all’Epopea di Gilgamesh e creano un’atmosfera di spaesamento, così come i dipinti di Enrico Loquercio (Napoli, 1996) che presentano figure indistinte su sfondi teatrali. Camilla Marrese (Bologna, 1998) con Thinking Like an Island esplora l’identità di un’isola mediterranea, ammettendo l’impossibilità di rappresentarla completamente. Combinano tradizioni artistiche storiche con elementi contemporanei le opere in cera e argilla di Giuseppe Di Liberto (Palermo, 1996) che con Chiurenne l’oucchie pare e te verè esplora le forme del lutto e del suo rito. Chiude il percorso della collettiva Martina Andreoni (Segrate, MI, 2001) che in Sensation is Painless affronta la morte e la finzione della vita attraverso still life fotografici, esprimendo empatia e consapevolezza del dolore.
INFORMAZIONI TITOLO: LA PRIMA VOLTA A CURA DI: Marta Cereda LUOGO: Casa Testori, Largo Angelo Testori, 13, Novate Milanese (MI) DATE: 15 giugno – 26 ottobre 2024 ORARI DI APERTURA: Martedì – Venerdì: 10.00-13.00; 14.30-18.00 | Sabato: 14.30-19.30 Domenica e Lunedì: chiuso INGRESSO: GRATUITO UFFICIO STAMPA CASA TESTORI: Maria Grazia Vernuccio – Tel. +39 3351282864 – mariagrazia.vernuccio@mgvcommunication.it
La mostra è realizzata con il sostegno di Regione Lombardia.
“RICOMINCIARE SEMPRE DA CAPO. GIOVANNI TESTORI SCRITTORE PLURALE” 9-10 maggio Università Statale di Milano – Aula 113
“Ricominciare sempre da capo. Giovanni Testori scrittore plurale” è il titolo del convegno organizzato dall’Università degli Studi di Milano (via Festa del Perdono, 7 – Aula 113), curato da Luca Daino e Mario Piotti, a conclusione di questo straordinario Centenario testoriano. Due giorni di interventi di docenti e studiosi internazionali: si parte alle 14.40 di giovedì 9 maggio per il primo pomeriggio, dedicato alla narrazione: da Rocco e i suoi fratelli di Visconti e Il Brianza e i “Segreti di Milano”, fino a La Cattedrale e a Gli angeli dello sterminio. Il Convegno proseguirà l’intera giornata di venerdì 10 maggio, dalle 9.30, con interventi dedicati a testi drammaturgici come il Macbetto e i Promessi Sposi alla prova, ma anche alla figuratività dell’Erodiade o alla poesia dai Trionfi a Nel Tuo sangue e Ossa mea. Il pomeriggio riapre sugli echi longhiani nella narrativa testoriana e la sua riconsiderazione di Tiepolo dopo la morte di Longhi, finendo sulla definizione dei luoghi architettonici tracciati da Testori e sulle ambientazioni naturali come scenario del suo immaginario di scrittore, tra “geografie visuali e forme artistiche”.
Il Compianto sul Cristo morto è il capolavoro di Giovanni Bellini esposto al Museo Diocesano fino al prossimo 11 maggio. Quattro artisti contemporanei, su progetto di Casa Testori, si sono messi in dialogo con quest’opera meravigliosa proponendo ciascuno un approccio rispettoso e personale. Gli artisti sono Letizia Cariello, Emma Ciceri, Francesco De Grandi e Andrea Mastrovito.
Martedì 23 aprile, alle ore 19 Casa Testori propone una visita esclusiva alla mostra guidata da Giuseppe Frangi che ha seguito il lavoro dei quattro artisti.
Opere di Francesco Fossati e Carlo Steiner Con tre disegni di Giovanni Testori A cura di Elisa Del Prete
Casa Testori 10 aprile/18 maggio 2024
In occasione di Art Week 2024 Casa Testori ha presentato Un raccolto di consolazione, un progetto espositivo che mette in dialogo le ricerche dei due artisti Francesco Fossati e Carlo Steiner, che hanno in comune l’utilizzo di materiale fungino. Da un lato le sculture di Francesco Fossati sono ottenute da un substrato che si usa per la coltivazione dei funghi, dall’altro le opere pittoriche di Carlo Steiner adottano le spore come elemento cromatico. A cura di Elisa Del Prete, la mostra si completa con l’esposizione di tre disegni inediti dalla serie Funghi che Giovanni Testori realizza nel 1978.
Nelle sculture di Fossati i blocchi di substrati sollecitati perché si sviluppino funghi e micelio vengono poi disidratati così da fermarne la proliferazione. Nelle opere pittoriche di Steiner invece le spore fungine, sottratte al loro libero propagarsi e fatte depositare su lastre di vetro o fogli di carta sono utilizzate come pigmenti e governate attraverso l’uso di stencil. Entrambi gli artisti rivolgono il proprio sguardo all’azione creatrice della natura per poi mettere in atto un gesto di controllo di essa.
Il titolo della mostra Un raccolto di consolazione suggerisce un rimando all’avventura del Marcovaldo di Italo Calvino che scopre i funghi nell’aiuola vicina alla fermata del tram in un contesto del tutto urbano in cui, dall’iniziale sorpresa che l’agire della natura desta, non può che scatenarsi poi la gara al possesso. Analogamente gli artisti attingono alla forza generativa della natura, ma senza alcun atteggiamento idilliaco nei suoi confronti, ormai del tutto lontani da uno sguardo sorpreso, sostituito invece dall’ossessione di una tecnica che ne possa garantire il controllo. Artificio e natura diventano allora impari in una gara in cui l’azione del raccolto non è fine a se stessa ma indirizzata a mettere in pratica una propria opera.
«Mi interessava un titolo drammatico da un lato ma anche sottilmente comico», ha sottolineato la curatrice. «La mostra è la messa in dialogo di due pratiche artistiche che, a partire da uno sguardo curioso all’ambiente ed ecosistema fungino, in realtà aprono a riflessioni che portano altrove, al segno/disegno e alla forma come elementi compositivi, creando un certo grado di ambiguità rispetto a una relazione stretta con processi naturalmente incontrollabili che qui diventano pretesto per andare invece a parlare dell’affermarsi dell’agire artistico, oltre ogni intento romantico».
Il progetto espositivo si è completato con un public program:
Il 4 maggio c’è stato un incontro dedicato a John Cage il grande musicista americano che proprio dalla conoscenza e dalla passione per il mondo dei funghi aveva tratto indicazioni chiave per il proprio lavoro compositivo. L’esperienza di Cage verrà presentata da Piergiovanni Domenighini, organista della Cappella Musicale della Basilica Papale di San Francesco d’Assisi e dottorando di ricerca presso l’istituto CIRIAF di Perugia.
Il 18 maggio ha avuto luogo un incontro con Riccardo Blumer, architetto e designer, professore titolare all’Accademia di Architettura di Mendrisio, che ha presentato La forma é necessaria, il lavoro di ricerca sulla organizzazione architettonica di strutture biologiche come funghi e muffe, fatto all’interno del laboratorio di progettazione con gli studenti dell’Accademia.
Tornano sabato 23 e domenica 24 marzo 2024 le Giornate FAI di Primavera, il più importante evento “di piazza” dedicato al patrimonio culturale e paesaggistico d’Italia e alle storie inedite e inaspettate che custodisce, con visite a contributo libero, in 750 luoghi speciali in 400 città.
Le Giornate FAI di Primavera si confermano, nella loro trentaduesima edizione, uno degli eventi più importanti e significativi per conoscere il patrimonio culturale e paesaggistico italiano, un modo per contribuire alla tutela e alla valorizzazione di questo patrimonio, che va innanzitutto conosciuto, frequentato, e prima ancora, raccontato.
Quest’anno anche Casa Testori partecipa alle Giornate FAI di Primavera: la casa sarà aperta e visitabile per l’intero weekend, con viste guidate continuative dedicate all’approfondimento della figura di Giovani Testori e alla mostra “Born in Mac Mahon” che proprio in quei giorni terminerà.
Le visite guidate saranno a cura di “Apprendisti Ciceroni”, come vengono chiamati i volontari coinvolti, del Liceo e Istituto Tecnico “Primo Levi” di Bollate.
Rivivi l’incontro di Sabato 9 marzo ore 17, Casa Testori
Sono le bandiere sotto le quali si sono ritrovati Matteo Negri, artista e Marco Balzano, scrittore di grande popolarità. Li unisce il fatto di abitare o lavorare nello stesso territorio, spesso ingiustamente denigrato, nel Nord Milano: Balzano abita a Bollate, Negri ha lo studio a Cormano. In collaborazione hanno realizzato “False Flag”, un’opera-scatola che racchiude tre fiammeggianti e imprevedibili bandiere, in forma di serigrafia accompagnate da un testo dello scrittore. Sono “false” in quanto inesistenti, cioè non coincidono con nessuna appartenenza nazionale. Per questo sono bandiere libere, adottabili da chiunque, analogamente a quelle proposte dall’artista americano Mark Napier con la sua opera digitale “net.flag” del 2002. Sono quindi “belle” bandiere, come quelle sognate da Pasolini nelle sue “Poesie in forma di rosa”.
L’arte in sé è un bene prezioso, esteso a ciascuno: il fascino estetico delle opere trasmette stimoli e nuove prospettive che sono un valore in ogni ambito della vita, e quindi anche nel lavoro. Animata da queste convinzioni e in linea con i pilastri del Lavoro Sostenibile, Fondazione Gi Group si apre a una fruizione condivisa dell’esperienza di bellezza che deriva dal prendersi del tempo per osservare e sentire un’opera d’arte.
A questo obiettivo è dedicato lo spazio espositivo permanente La Collezione, ospitato presso il Palazzo del Lavoro di Gi Group Holding in Piazza IV Novembre, 5 a Milano. Un luogo dedicato all’Arte, a disposizione delle persone e della comunità, per fruire l’arte come motore di attivazione di pensieri e idee che vanno oltre le logiche consuete.
MOSTRA IN CORSO
“ARTE & LIBERTÀ. 12 maestri dell’astrattismo che hanno cambiato il nostro modo di guardare il mondo”
A inaugurare “La Collezione” è la mostra “Arte & Libertà”, un viaggio nell’Astrattismo italiano attraverso una selezione di opere di 12 artisti e artiste del Novecento. La mostra riflette sul concetto che l’astrazione si possa originare per ragioni diverse e prenda forme altrettanto differenti. Gli artisti in mostra rivelano un linguaggio espressivo che porta ad approfondirne la conoscenza, indagandone le strutture e le dinamiche interne, e costringendo ad un lavoro di ricerca e di sperimentazione, per elaborare nuove visioni e proporre immaginari inediti.
All’interno del percorso un video contributo di Elena Pontiggia, critica d’arte e storica dell’arte italiana, approfondisce l’astrattismo.
È possibile visitare gratuitamente la mostra riservando uno o più posti in occasione delle visite guidate, organizzate in gruppi di massimo 20 persone, calendarizzate nei seguenti giorni e orari:
Martedì 17.40 – 18.20 | 18.20 – 19.00
Mercoledì 12.30 – 13.10 | 13.10 – 13.50
Le visite sono curate da Casa Testori e hanno durata di 30-40 minuti.
ESERCIZI CON IL PUBBLICO di Antonio Latella e Federico Bellini
Con l’appuntamento di Pesaro giunge a termine BAT, il percorso intrapreso sulle tre riscritture testoriane di Amleto, dalla sceneggiatura per un film mai realizzato al Post-Hamlet, passando per il celebre Ambleto, opera manifesto per la creazione di una nuova lingua per il teatro. Durante questo corpo a corpo con Testori e il suo immaginario poetico riguardo al principe danese, condotto in una prima fase a Pesaro stessa e poi approdato al Piccolo Teatro di Milano, sono andate delineandosi non solo alcune tematiche che attraversano trasversalmente i tre testi, ma anche delle modalità di lavoro che hanno permesso di provare ad accostarsi al Testori privato, se vogliamo, alle sue passioni e ossessioni; così gli attori/ici hanno imparato, ad esempio, alcuni rudimenti dell’arte pugilistica, che tanto ha interessato il poeta; perché la parola, in Testori, è sì straordinaria deviazione dal lessico corrente, ma anche pugno nello stomaco in grado di colpire chiunque l’attraversi come interprete o ne sia investito come spettatore. Al tempo stesso, grazie alla visita a Casa Testori a Novate Milanese, il gruppo di lavoro ha avuto occasione di osservare dal vivo la stretta connessione tra la scrittura di Testori e i suoi lavori in campo pittorico e nel disegno; per questo motivo, gli attori/attrici sono stati guidati all’apprendimento delle tecniche del ritratto, al rispetto delle proporzioni di un volto o di un corpo, alle innumerevoli suggestioni che hanno contribuito a creare il “mondo testoriano”, quell’azione sulla realtà che va ben oltre la pagina scritta per il teatro, ma che si nutre del fondamentale apporto saggistico operato da Testori stesso e dalla sua inesauribile volontà di intervenire anche fisicamente sul mondo, con le sue opere artistiche ma anche con i lunghi, discussi, interventi pubblici in campo sociale e politico. Quest’ultima fase del lavoro si presenta quindi come la restituzione finale di questo viaggio, destinato a non sfociare in uno spettacolo ma in ricerca che non intende abbondonare la sperimentazione e le sue possibili forme, come è accaduto ad esempio per il Post-Hamlet, dove il lavoro musicale modulato su tempi e ritmi del rap ha permesso di render conto di una costruzione verbale secca, martellante, assertiva. Così come, nella lunga analisi testuale, non si sono cercate chiavi interpretative dei testi da assumere come verità assolute, ma piuttosto domande che continuano a interrogarci, soprattutto nello sviluppo dei personaggi di Shakespeare attraversati da Testori in tre lavori totalmente differenti (nel caso della sceneggiatura, persino destinati ad un utilizzo di altra natura). Le attrici e gli attori, che hanno nella loro memoria gran parte dei tre testi, anche nella loro interezza, saranno chiamati da Antonio Latella, nelle restituzioni pubbliche, ad interpretare brani scelti al momento senza che siano stati prima concordati. Anche perché, come afferma Amleto stesso, “essere pronti è tutto”. In definitiva, le ultime restituzioni pubbliche di BAT speriamo e pensiamo possano aprire una porta, forse non solo una, allo studio da condividere tra artisti e pubblico, con ogni probabilità una delle forme più alte del fare cultura. In coincidenza con la designazione di Pesaro a Capitale italiana della cultura, pensiamo che questo tentativo di mettere il pubblico di fronte ad una materia viva, ancora informe, una materia che è ricerca e non formalizzazione, e al contempo permettere ad esso di partecipare al processo di studio e farsi soggetto d’indagine entrando in comunione con gli artisti, sia una grande possibilità per tutti, un gesto altruistico che pensiamo possa a buon diritto definirsi atto di politica culturale. Per portare a termine quest’esperimento non potevamo che farci guidare da un autore come Testori, che ha fatto della sua ricerca linguistica una delle più estreme e pericolose rivoluzioni operate sulla lingua italiana, qualcosa che ha segnato un confine invalicabile : esiste un prima e un dopo Testori, a teatro e non solo. Qualcosa che, grazie alle tre stazioni degli Amleti testoriani, è sconvolgente, doloroso ed estremamente provocatorio; a tratti scandaloso, perché siamo fermamente convinti che soltanto chi sa creare e fondare nuovi linguaggi possa essere artefice di un vero scandalo, di uno shock culturale che ci faccia riflettere su ciò che pensiamo di sapere e su ciò che ci ostiniamo a non voler sapere. Così, insieme al pubblico di Pesaro, proveremo un’ultima volta a scardinare i meccanismi tradizionali di ciò che viene definito “rappresentazione”, per affondare insieme al pubblico nel caos e nella confusione vitale di un processo creativo che possa un giorno essere ricordato come una tappa del “fare cultura”. In altre parole, fare in modo che la vita di tutti i giorni non sia solo “rappresentazione” ma continuo studio del libro che siamo e che diventeremo.
Appuntamento finale con la Bottega Amletica Testoriana che andrà in scena al Teatro Rossini di Pesaro dal 13 al 17 febbraio (dalle ore 18 alle ore 22) e il 18 febbraio (dalle ore 16 alle 20) nell’ambito del Festival Testori. La scena della parola, una grande manifestazione, organizzata dal 17 gennaio al 28 febbraio da AMAT, i Comuni di Pesaro e Urbino, con il contributo di Regione Marche e MiC, patrocinata dall’Associazione Giovanni Testori.
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Fotografie di Masiar Pasquali
IL PROGETTO
BAT_Bottega Amletica Testoriana è un progetto curato dal regista di fama internazionale Antonio Latella. Un percorso di formazione da settembre 2023 a febbraio 2024 tra Pesaro e Milano con l’obiettivo di mettere in relazione allieve attrici e allievi attori con la poetica di Giovanni Testori nella ricorrenza del centenario della sua nascita. Il percorso di formazione si rivolge a giovani donne e uomini del teatro italiano che, nonostante si siano diplomati/e da poco, conservino il desiderio e la volontà di studiare e condividere il proprio processo di ricerca con colleghi e colleghe. I giovani attori selezionati sono Noemi Apuzzo, Alessandro Bandini, Matilde Bernardi, Flavio Capuzzo Dolcetta, Michele Eburnea, Chiara Ferrara, Sebastian Luque Herrera, Beatrice Verzotti.
L’obbiettivo è creare una nuova generazione di attrici e attori a confronto con un autore a loro probabilmente poco conosciuto: Giovanni Testori, un grande artista del Novecento che ha fatto della parola il suo principale campo di ricerca artistica, il lavoro è incentrato su Amleto. Una storia per il cinema, L’Ambleto e Post-Hamlet, testi che si fanno testamento, racconto ed epilogo di una vita e di un’infaticabile attività artistica. Il progetto vuole dare spazio ad una nuova leva di talenti, pronti a nobilitare le loro capacità e a prendersene cura, in uno studio dell’arte della recitazione che il genio di Testori ci ha donato come fondamentale eredità”.
Il progetto è promosso da AMAT Associazione Marchigiana Attività Teatrali per Pesaro Capitale italiana della Cultura 2024 (progetto di Comune di Pesaro, MiC e Regione Marche con Fondazione Pescheria), Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa e stabilemobile, in collaborazione con Associazione Giovanni Testori.
Sono il dio di Roserio, l’Arialda, Maria Brasca, Redenta Restelli e tanti altri i protagonisti del Calendario 2024 di Casa Testori. Mese per mese i personaggi dell’appassionante commedia umana di Testori ci accompagneranno, grazie alle reinterpretazioni realizzate da 12 tra i più importanti illustratori italiani, che sono tra i protagonisti della mostra “Born in Mac Mahon”. Sono personaggi che conquistano per il loro impeto e per il loro attaccamento alla realtà. Personaggi che al di là delle vicende spesso non felici in cui si trovano coinvolti, s’impongono con simpatia e con un irriducibile senso di positività. Acquistare il Calendario 2024 è anche un modo per sostenere il lavoro di Casa Testori!
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