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Pasqua 2025. L’arte resurrezionale di Matisse

Tutto il cammino di Matisse, è lì per farci comprendere come, dentro il dramma dell’esistenza, egli riuscisse a cogliere, per dir così, il lato resurrezionale. Quel che egli sempre rappresentò è la vita che, tramite la sublime armonia dei piani, delle forme, delle linee e dei colori, poteva già assistere al suo «dopo»: il suo paradiso.
C’è una parola, che Matisse era solito usare con grande frequenza, parlando dell’arte: «calme», calma. Così, anche affrontando il tema del dolore assoluto, contrariamente a quasi tutti i pittori a noi contemporanei, Matisse si lascia indurre e, insieme, ci conduce, a rintracciare, nel corpo martoriato di Cristo, il Suo corpo risorto. Non c’è nessun urlo nel Crocefisso di Matisse, nessun ripiegamento: occhi, naso, bocca, costato e piedi si mostrano, proprio nel loro non esser visibili, come già passati oltre i tre giorni della discesa agli Inferi.
Assistiamo dunque, qui, a una Crocefissione che, senza evitare il dolore del suo essere actus tragico finale, sceglie per sé e per noi, che la guardiamo, la calma che, proprio attraverso la Croce, potrà scendere di nuovo nell’uomo. Qui, la Pasqua è veramente atto di una felicità che non ha nulla a che vedere con le misure umane. La tensione straordinaria delle linee, la loro enorme energia disegna un corpo che muore solo per dare speranza al corpo dei peccatori che noi siamo. È, questa, diversamente da tutte le altre, una Crocefissione enormemente innica, splendidamente gioiosa.

Con queste parole tratte da “Matisse. Una Croce in Paradiso”, pubblicato il 29 marzo 1986 su Il SabatoCasa Testori vi augura una buona Pasqua!

ATTORNO A TINTORETTO. LA DEPOSIZIONE

04-03-2025 | 25-05-2025
Museo Diocesano di Milano
A cura di G. Frangi, G. Manieri Elia, N. Righi

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In occasione della Quaresima e della Pasqua 2025, il Museo Diocesano propone come spunto di riflessione l’esposizione della Deposizione di Jacopo Tintoretto (Venezia 1519 circa – 1594), uno dei capolavori del grande protagonista della pittura veneziana della seconda metà del Cinquecento, conservata nelle Gallerie dell’Accademia di Venezia. In un percorso realizzato in collaborazione con Casa Testori, quattro artisti contemporanei – Jacopo Benassi, Luca Bertolo, Alberto Gianfreda, Maria Elisabetta Novello – si mettono in gioco davanti alla grande tela, creando un rapporto personale con il dipinto del maestro veneto, facendo ricorso a diversi linguaggi, dall’installazione alla pittura.

Realizzata per la chiesa di Santa Maria dell’Umiltà alle Zattere a Venezia e databile intorno al 1562, negli anni della piena maturità del pittore, il dipinto presenta una composizione ben calibrata e attentamente costruita, e allo stesso tempo drammatica e concitata, con un dinamismo accentuato dall’uso della luce, con intensi chiaroscuri che creano un forte impatto emotivo, lasciando emergere i protagonisti da un paesaggio in penombra.

Gli imponenti personaggi, di dimensioni più grandi del naturale e di evidente ricordo michelangiolesco, sono collegati fra loro da un intreccio di gesti e sguardi e si dispongono teatralmente intorno al corpo di Cristo, posto in diagonale al centro della scena e sorretto per le spalle da una figura maschile, probabilmente Giuseppe d’Arimatea. Verso di lui, con le braccia spalancate in un gesto di distruggente disperazione, si protende la Maddalena, mentre lungo un’altra direttrice giace la Madonna, svenuta, sopraffatta da dolore e sorretta da una pia donna, forse Maria di Cleofa. La Vergine, quasi seduta a terra, come a riprendere l’iconografia della Madonna dell’Umiltà, forma con il corpo di Gesù adagiato su di lei una croce; particolarmente delicato e commovente il gesto della sua mano che sfiora il piede del figlio morto.

Per info e orari: chiostrisanteustorgio.it

Testori e la famiglia Carutti

Negli anni giovanili Giovanni Testori aveva stretto una grande amicizia con Carlo Alberto Carutti, suo compagno di scuola, che sarebbe poi diventato marito di Maria Luisa, una delle sorelle dello scrittore. Il legame tra la famiglia Carutti e Giovanni Testori è continuato negli anni e ha segnato significativamente le rispettive storie nella condivisione di tante passioni comuni, in particolare quella per la pittura francese dell’800. Carlo Alberto Carutti, oltre che imprenditore, è stato, infatti, un importante e appassionato collezionista oltre che di arte antica e moderna, anche di strumenti musicali. Una parte della sua raccolta di questi strumenti antichi oggi è esposta in comodato al Museo Ala Ponzone di Cremona. Per una coincidenza c’è anche la figura di Luchino Visconti a fare da trait d’union tra i due amici e cognati: Testori aveva fornito con i suoi libri ambientazioni e personaggi per uno dei suoi film più famosi Rocco e i suoi fratelli (oltre ad averlo avuto come regista teatrale dell’Arialda e della Monaca di Monza); Carutti sin dagli anni ’50 aveva iniziato a lavorare in un’importante azienda tedesca, la Bihler, che aveva sede a Fussen, dove Visconti aveva girato un altro suo film famoso, Ludwig. Carutti era stato nominato cittadino onorario di Fussen.

Nel segno di questa amicizia, il figlio di Carlo Alberto, Efisio, in occasione dei suoi 70 anni ha chiesto ad amici e colleghi, invece di regali, un sostegno all’Associazione Giovanni Testori. Efisio festeggerà il compleanno il 10 maggio in un contesto straordinario: il Museo Alfa Romeo di Arese.

Un grande grazie per la generosità a lui e a tutti coloro che aderiranno al suo invito.

Servizio Civile Universale

Se hai tra i 18 e i 28 anni, grazie al progetto CONSERVARE E INTERPRETARE IL PATRIMONIO, promosso da Parco Nord nell’ambito del Servzio Civile Universale, potresti essere uno dei sei volontari che affiancheranno il nostro staff per un’esperienza professionale di formazione a 360 gradi lavorando in Archivio, alla Didattica, alla Logistica e accoglienza, alla Comunicazione e alla Grafica.

Si tratta di un impegno medio di 5 ore per 5 giorni settimanali per 12 mesi (a partire da fine maggio 2025) con un contributo spese di 507,30 al mese.

Grazie alla proroga della presentazione delle domande, puoi inviare la tua candidatura esclusivamente nella modalità on line entro e non oltre le ore 14.00 del giorno 27 febbraio 2025!

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È possibile presentare una sola domanda di partecipazione per un unico progetto e un’unica sede.
Gli aspiranti operatori volontari dovranno presentare domanda di partecipazione esclusivamente attraverso la piattaforma DOL raggiungibile tramite PC, tablet e smartphone all’indirizzo https://domandaonline.serviziocivile.it
Per presentare domanda di partecipazione alla selezione è richiesto il possesso dei seguenti requisiti:

a) cittadinanza italiana, ovvero di uno degli altri Stati membri dell’Unione Europea, ovvero di un Paese extra Unione Europea purché il candidato sia regolarmente soggiornante in Italia;
b) aver compiuto il diciottesimo anno di età e non aver superato il ventottesimo anno di età (28 anni e 364 giorni) alla data di presentazione della domanda;
c) non aver riportato condanna anche non definitiva alla pena della reclusione superiore ad un anno per delitto non colposo ovvero ad una pena della reclusione anche di entità inferiore per un delitto contro la persona o concernente detenzione, uso, porto, trasporto, importazione o esportazione illecita di armi o materie esplodenti, ovvero per delitti riguardanti l’appartenenza o il favoreggiamento a gruppi eversivi, terroristici o di criminalità organizzata.

I requisiti di partecipazione devono essere posseduti alla data di presentazione della domanda e, ad eccezione del limite di età, mantenuti sino al termine del servizio.

Leggi gli approfondimenti sul sito del ministero: https://www.politichegiovanili.gov.it/comunicazione/news/2024/12/bando-ordinario-2024/

Scopri il bando: https://www.scelgoilserviziocivile.gov.it/

Per maggiori informazioni: info@casatestori.it
Scadenza: 27/02/2025

Il significato della vita tra il Natale e Cézanne


“Calmo e testardo come chi sappia che sta scommettendo, non solo per sé ma per tutti, la partita del significato primo e ultimo della vita; artigianale e insieme profetico, come un apostolo di campagna disposto a farsi invadere dalla luce e poi da lei assumere e trasformare negli ultimi anni della sua esistenza Cézanne sembrò centrare ancor di più il suo sguardo, la sua mente, la sua anima e la sua passione su pochissime immagini; qualche natura morta, le rocce di Bibémus, il Chateau Noir, la montagna Sainte-Victoire, il giardiniere Vallier. Pare insomma che egli avesse capito come l’orma del creatore sia incisa ovunque; anche su d’un tronco; anche su d’una pietra; e, attraverso l’uomo, allorché egli si riconosca completamente tale, anche sui manufatti della sua quotidianità (allora, anzi, con la tremante grazia d’una trasmissione filiale).”

 Così scriveva Testori nel 1978, recensendo la grande mostra parigina dedicata all’ultima stagione di Cézanne: nella sua pittura ritrovava l’unità di artigianalità e profezia, ossia l’unità della vita stessa e del divino, che si manifesta in questi giorni con tutta la sua forza, grazie alla nascita del Bambino.
Con queste parole vi auguriamo buon Natale e vi ricordiamo che potrete farvi accompagnare nell’anno nuovo da Testori e Cézanne acquistando, e regalando, il calendario 2025 di Casa Testori.


Leggi l’articolo completo di Testori 

In fotografia: Paul Cézanne, Neve sciolta a Fontainebleau, 1879.

Christmas evening a Casa Testori

Nella serata di mercoledì 18 dicembre Casa Testori ospiterà le presentazioni di due libri speciali. Si inizierà alle ore 19 con il racconto di “Testori 100. Diario di un centenario”: primo volume della nuova collana “12maggio. I libri di Casa Testori”, il diario è nato dal desiderio di restituire tutto ciò che è accaduto in occasione del centenario dalla nascita di Giovanni Testori (1923-1993). L’impianto è quello semplice di un diario, una “cronaca” che mette in fila tutte le iniziative di un palinsesto con la ricchezza, per tanti versi inattesa, delle sue articolazioni, raccontate anche grazie a immagini e contributi.

A seguire, Aurelio Picca presenterà “La gloria”, il suo nuovo libro in cui narra – in prosa e in poesia – di grandi campioni dello sport e dell’impronta che hanno lasciato sulla storia recente: non solo nel loro settore, ma nella vita di tutti noi. Lo scrittore sarà emblematicamente affiancato dai Pugili di Testori, grandi tele dipinte a cavallo tra gli anni ’60 e gli anni ’70 e rivelatrici di una delle grandi passioni sportive dell’Italia di quegli anni, come testimonia anche Picca.

La serata si concluderà con risotto, panettone e brindisi per tutti i presenti, per augurarci buone feste prima di Natale: vi aspettiamo!

Prenotatevi scrivendo a eventi@casatestori.it

Critica d’arte e poesia

Mercoledì 4 dicembre a Casa Testori si è tenuto un incontro con Antonio Grulli, curatore e critico d’arte, su un tema affascinante e importante per Testori: come la poesia può essere forma per arrivare al cuore di un’opera d’arte visiva? Grulli, in dialogo con Giuseppe Frangi, ha raccontato le conclusioni di una ricerca realizzata grazie a un bando del Ministero della Cultura.

Il titolo della ricerca di Antonio Grulli per la dodicesima edizione di Italian Council è “Critica d’arte e poesia oggi”, una ricerca su critici che sono anche poeti e su poeti che sono anche critici d’arte, partendo da Dante e arrivando a Testori. Uno snodo fondamentale sono alcuni testi metodologici di Longhi che aprono la strada a questa visione più trasversale della critica d’arte: l’ekphrasis ottenuta attraverso il linguaggio poetico. Ricordiamo, poi, che in tante occasioni Testori ha usato la poesia come linguaggio critico, com’è accaduto ad esempio nel libro “Maddalena” dove ha letto le opere con poesie che fanno da didascalie. 

Gli interventi sono stati intervallati da letture di alcune poesie di Testori dedicate ad artisti da lui studiati ed amati: Michelangelo, Caravaggio, Bacon e Morandi. Abbiamo ascoltato le poesie dalla voce di Sebastian Luque Herrera, uno degli attori protagonisti della BAT_Bottega Amletica Testoriana.

INFORMAZIONI
“Critica d’arte e poesia” con Antonio Grulli, Giuseppe Frangi e Sebastian Luque Herrera
Casa Testori
Mercoledì 4 dicembre 2024
Ore 19.00

Prenotazione consigliata su Eventbrite o scrivendo a eventi@casatestori.it

Porpora. In continua risonanza

…fisso gli occhi dove la luce del sole, già scomparso, scappando pei fessi dei monti opposti, si dipinge qua e là sui massi sporgenti come a larghe e ineguali pezze di porpora… Porpora? Stupendo! Stupendo! E, insieme, presago. Velluto, ecco; velluto…
Giovanni Testori

Sabato 16 novembre 2024 a Casa Testori ha inaugurato Porpora, una mostra collettiva che trasforma le stanze dell’abitazione di Giovanni Testori in un palcoscenico vibrante, attraversato da riflessioni artistiche ed emozionali. L’esposizione, a cura di Fulvio Chimento con la collaborazione di Carlotta Minarelli, coinvolge cinque artisti di rilievo: Giulia Cenci, Pierpaolo Campanini, Cuoghi Corsello, Alessandro Ferri e Valerio Nicolai, le cui opere, molte delle quali site-specific, dialogano con gli spazi della storica dimora. L’esposizione sarà aperta gratuitamente al pubblico fino al 1° marzo 2025.

Porpora non è solo il titolo della mostra, ma anche il colore simbolico che la attraversa, con tutta la sua carica storica, mitologica ed emotiva. Qual è il colore che in ogni tempo è divenuto il simbolo del potere, delle passioni e dell’elevazione spirituale? Questo pigmento antico, legato al potere e alle passioni, ha affascinato per secoli culture diverse, dai Fenici che ne custodirono il segreto, agli imperatori romani che ne facevano sfoggio fino agli artisti contemporanei come Mark Rothko e Sigmar Polke che ne hanno esplorato il potere evocativo. Il porpora, con le sue infinite sfumature – dal rosso scarlatto al violetto – diventa metafora della vitalità, della sensualità e del turbamento umano.

Il segreto del pigmento fu custodito dai Fenici, che accumularono enormi ricchezze tingendo le stoffe indossate da imperatori e nobili di Roma. Il porpora è un colore magico ed esoterico dai confini imprecisati: rosso, scarlatto, violetto, turchino o rosa-violaceo. Per fornire il manto ai potenti, i Fenici e il loro successori hanno ucciso milioni di molluschi (due gasteropodi: il Thais haemastoma e il Murex brandaris), dalle cui ghiandole veniva infatti estratto il colore violaceo: ogni ghiandola può produrre una sola goccia di pigmento.

Nella chiesa di San Vitale, a Ravenna, il mosaico che raffigura l’imperatore Giustiniano si compone di tessere purpuree e lo stesso accade per l’imperatrice Teodora: il suo mantello è color porpora, bordato d’oro. Jonh Cage ha definito il porpora come il colore più bramato dagli antichi, e al tempo stesso il più impuro; Mark Rothko lo utilizzava in ampie campiture e in tutte le sue derivazioni per infondere ai suoi dipinti sensualità e turbamento; Sigmar Polke ne fu talmente affascinato da recarsi appositamente a Napoli dove acquistò un ingente carico di molluschi per assistere di persona alla produzione della porpora. La seduzione di questa tintura proviene dalla sua natura cangiante, dovuta alla diffrazione della luce provocata dalle screpolature del sottile strato di colore sulla fibra tessile. Il porpora richiama alla mente anche il sangue e l’energia vitale, la forza legata al corpo, i sentimenti e le pulsioni.

Questa seducente sfumatura, che richiama il sangue e l’energia vitale, si riflette nelle opere degli artisti coinvolti, i quali, con approcci diversi, contribuiscono a creare una riflessione profonda su corpo, emozioni e natura. Casa Testori, attraverso le opere di Giulia Cenci, Pierpaolo Campanini, Cuoghi Corsello, Alessandro Ferri, Valerio Nicolai, viene immaginata come un corpo unico, una scatola toracica estesa, in grado di riunire la sfera sensibile e quella “emozionale”, il pensiero e l’azione diretta artisticamente intesa. L’intento è di evocare il sentimento in relazione all’arte, ma, soprattutto, in relazione alla stessa vita; una mostra di stati d’animo di confine, che cerca di avvicinarsi alla realtà delle passioni. In questo modo nasce un progetto artistico site-specific nel luogo in cui ha vissuto Giovanni Testori, che si è battuto per difendere un’idea personalissima di vita e di arte, libera da condizionamenti culturali e di natura politica. 

La struttura di Casa Testori può sembrare, dall’esterno, una piccola stazione ferroviaria di provincia; di fronte all’edificio passano ogni giorno più di duecento treni che collegano Milano alla Brianza. Il passaggio dei treni nella limitrofa ferrovia determina ripercussioni e tremolii sulle componenti della dimora: le finestre, le porte in legno, il pavimento; oltre a una risonanza continua tra interno ed esterno. Proprio da questi tremolii impercettibili è nata l’idea della mostra, l’ispirazione di immaginare Casa Testori come una grande cassa toracica, un luogo di attraversamento di lievi vibrazioni interiori, di respiri, che creano una sottile comunicazione tra gli organi. Oltre ciò vi è l’idea di una natura che abita il corpo in modo totalizzante e pervasivo, e che dunque non necessita di essere ricercata dagli esseri umani al di fuori di se stessi, ma può essere ascoltata interiormente, in raccoglimento e in modo continuo.

Le opere ospitate a Casa Testori possono essere lette come una (lenta) tracimazione dell’organismo verso il fuori, in un movimento che lascia affiorare le sue zone umide, di crescita e rigenerazione, e quelle di morte, dove si annidano la secchezza e la caducità. Porpora è dunque rivelazione di una natura puramente interiore che in modo sensuale e spontaneo riesce a trovare una strada aperta verso l’esteriorità.

La mostra è stata prorogata ed è stato, così, possibile visitarla fino a sabato 8 marzo 2025. In occasione del finissage si è tenuta una visita guidata con il curatore, Fulvio Chimento, e alcuni degli artisti.

INFORMAZIONI
TITOLO: PORPORA. IN CONTINUA RISONANZA
A CURA DI: Fulvio Chimento in collaborazione con Carlotta Minarelli
ARTISTI: Giulia Cenci, Pierpaolo Campanini, Cuoghi Corsello, Alessandro Ferri,Valerio Nicolai
LUOGO: Casa Testori, Largo Angelo Testori, 13, Novate Milanese (MI)
DATE: 16 novembre 2024 – 1 marzo 2025
ORGANIZZATA DA: Casa Testori
IN COLLABORAZIONE CON: Associazione Controcorrente, Bologna
ORARI DI APERTURA: Martedì – Venerdì: 10.00-13.00; 14.30-18.00 | Sabato: 14.30-19.30 
Domenica e Lunedì: chiuso
INGRESSO: GRATUITO
UFFICIO STAMPA CASA TESTORI
Maria Grazia Vernuccio – Tel. +39 3351282864 – mariagrazia.vernuccio@mgvcommunication.it

1 - Cuoghi Corsello 2024
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4 - Valerio Nicolai 2024
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21 - Alessandro Ferri 2024
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5 - Giulia Cenci 2022
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22 - Cuoghi Corsello 2024
3 - Pierpaolo Campanini 2024
17 - Cuoghi Corsello 2024
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Da Manzoni a Testori. Cronaca di una passeggiata

Di Isabella Becherucci

1. Se è vero che sono spesso gli accidenti a dare il sapore alle cose della vita, la necessità di spostare la prima stazione di questa sorta di via crucis laica dal cortile della Villa Manzoni di Brusuglio alla chiesa parrocchiale di San Vincenzo adiacente (e collegata al parco da una porticina a latere) ha fatto sì che la scena iniziale si trasformasse da un dolente paraclausiteron (cioè il pianto dell’amante dinanzi alla porta chiusa) in un canto ben più suggestivo.
Un sole splendente, anch’esso imprevisto, filtrando dal portone spalancato della chiesa fin ben addentro al coro dell’abside, dove un giovane e bravissimo Sebastian Herrera nelle vesti di Giovanni Testori evocava, sottilmente ironico, l’immagine del suo illustre interlocutore («È lui? È apparso? / Sei davvero tu? / Matto? Che matto! / È qui! Non vedete? / È qui!»), ha inaugurato con una nota gioiosa questo ‘dialogo immaginato’ così intriso di nostalgia e di motivi dolorosi: come del resto l’a solo dell’Introduzione, sempre per la voce di Herrera/Testori, non aveva mancato di mettere in evidenza («Manzoni fu e sarà sempre il “doloroso grembo” della storia»). È iniziato così, col grande Lombardo impersonato dal barbuto e giustamente pacato Matteo Bonanni che, nel suo lento avvicinarsi fino a guadagnare sul proscenio il posto accanto al suo antagonista (perché di questo, infine, si è trattato: dell’incontro / scontro fra due diverse concezioni dell’arte), si difende dalle accuse che via via l’altro gli muove lungo le quattro tappe previste nel brillante copione di Giulia Asselta. Prima di tutto quella linguistica, dove il dialetto lombardo potentemente fatto rivivere nel ricordo di Carlo Porta da entrambi tanto amato, fa la parte del leone («Bravo el mè Baldissar! Bravo el mè nan!»).

2. Sotto il sole davvero impietoso dell’ora meridiana, in piedi e financo accucciati sulle basi del celebre monumento funebre della famiglia Manzoni (stazione seconda, al cimitero di Brusuglio), dove le tante lapidi composte da chi la morte aveva visitato con accanita frequenza (per esempio quella di Giulia Manzoni d’Azeglio, quella di Enrichetta Blondel, quella di Sofia Trotti) e intristite dai sedimenti del tempo che le ha rese quasi illeggibili, i due personaggi si sono confessati sul loro diverso modo di accettare il dolore: composto, pudico, mai sopra le note, quello di Manzoni, a partire dal carme alla madre per la scomparsa del compagno Carlo Imbonati fino al grido d’amore di Ermengarda derelitta; incanalato sempre in un sofferto ragionamento al limite dell’invettiva («Non vedi? Sei soffocato, sei strozzato… […] Di’ la verità di Brusuglio! Combattuta, dileggiata, calpestata, strozzata, assassinata, verità, dove sei? Gridala, urlala! […]») quello del giovane discepolo dissidente.

3. Eppure lo sguardo pietoso rivolto all’amata città, che non la corona poetica dei monti lombardi sotto quel cielo «così bello quando è bello, così limpido, così in pace», ma la ben più prosastica catena dei grattacieli di Citylife stagliava sullo sfondo di questa terza sosta nel parco della Belossa, è risultato lo stesso per entrambi i dialoganti. È stato questo il punto di maggior contatto fra le diverse esperienze artistiche degli scrittori qui rappresentati: proprio dinanzi alla scritta quasi antifrastica di «Belvedere», dove il sole accecante coi suoi giochi di luce riflessi nell’argento delle lettere feriva dritto negli occhi i due attori grondanti per il caldo e per la fatica, sono scorsi i panorami di un’altra Milano ugualmente prostrata, a partire da quella rievocata da Fermo nel suo secondo girone infernale e appestato nella prima stesura del romanzo («Quale città! E che è mai ora a ricordare quel ch’ella fosse stata… […]»; «Come è conciato Milano! Quel che bisogna vedere! […]») fino al controcanto di Renzo nei Promessi sposi alla prova, insieme a tanti altri passi della poesia e della prosa testoriana. Veri e propri inni di amore e dolore («Mia città, / mia dolente patria / che ti stendi assembrata / nelle nubi della notte; / mia cupa madre di cemento […]» // «Casa. Città! Culla; tavolo; letto; bara; eppur sempre cara; madre nostra civile; riflesso della madre nostra corporale! […]») secondo una comune volontà di ritrovamento e di denuncia espressa in un corale planctus per le sorti magnifiche e progressive della nostra civiltà.

4. E il ritrovamento c’è stato davvero nel ritorno a Casa Testori (quarta e ultima stazione), quando ormai i raggi del sole cadente suggerivano la mestizia di quei tramonti lombardi tanto amati da poeta novatese anche nei “suoi” pittori. La tappa finale di questa lunga ricerca di pace è stata davvero simbolica di un percorso diventato anche quello di tutti gli spettatori: con l’approdo a una casa dai cancelli aperti, accogliente, festosa, disposta a esaltare il grande nostos del finale. Qui le passioni erano in gioco, tutte, con la loro lotta, con la furia spietata che Marianna de Leyva continua a esprimere sui palchi d’Italia, mentre gli elementi temporali assecondavano il loro esplodere, alle spalle del reticente Manzoni: tanto che una folata di vento impetuoso (quello della bufera infernal appunto del canto V dell’Inferno) ha fatto volare via il copione dal suo leggio, non bloccando affatto il giovane recitante Testori che, al contrario, ha proceduto sicuro, sfruttando il violento refolo a suo favore, proprio mentre declamava il rosario degli aggettivi sostantivati (secondo un cliché tutto manzoniano, basti pensare all’Innominato) teso a scolpire quella figura in un tragico monumento («la forzata, la tentata, la furibonda, la sconsacrata, la Scatenata, la furia, sì, la furia: vera e propria furia; anzi, jena; quantunque, poi, dolcissima…»). Il dialogo a tratti quasi all’unisono, specialmente nel sentimento campanilistico, s’è proprio qui franto in una perorante accusa di Testori: «L’hai lasciata inulta, seppellita di lastre di silenzio!» e nella fredda e sofferta difesa manzoniana: «Ho taciuto perché io sono del parere di coloro i quali dicono che non si deve scrivere delle passioni in modo di far consentire l’animo di chi legge a queste passioni stesse»). Ma con la scesa definitiva della sera, è calata assieme anche la sua pace: la poesia unisce, non separa, anche quando le soglie sono lontane e la prospettiva sembra opposta, se c’è alla base un identico credo, una qualche non debole speranza in quella «provvida sventura» che trasforma il torrente dell’angoscia versato sul nostro mattino nella pietà riserbata al resto. «Siamo arrivati tutti insieme alla fine (della storia) e / della nostra grande / bellissima passeggiata», grazie proprio alle passioni: quelle della sceneggiatrice Giulia Asselta e dei suoi – lo ripetiamo ancora una volta, bravissimi – attori, Sebastian Herrera e Matteo Bonanni

Scalare Grünewald

Il genio del Rinascimento tedesco nelle parole di Giovanni Testori
Casa Testori, ore 21.00, sabato 28 settembre 2024

Grünewald, «il solo pittore, si badi, per il quale sembra, non dico impossibile, ma addirittura inimmaginabile qualsiasi lavoro od ipotesi attribuzionistica; tanto il suo percorso risulta esterno alle regole del grande, tragico gioco o cammino dell’arte». Così Giovanni Testori iniziava il saggio critico dedicato al grande protagonista del Rinascimento tedesco. Era un saggio fuori da ogni stereotipo, una lettura vertiginosa dell’opera di un pittore che Testori sentiva suo come pochi altri. Quel testo ha sempre affascinato e attirato l’interesse di lettori ben al di là dell’ambito critico, come aveva testimoniato Testori nelle “Conversazioni” con Luca Doninelli: «Orazio Costa mi disse che, fra i testi obbligatori che gli allievi dell’Accademia di Arte Drammatica dovevano pottare agli esami, c’era il mio saggio su Grünewald. Faceva parte degli esercizi di pronuncia. E concluse: “Quello è teatro”».

Beatrice Verzotti, attrice, tra protagoniste della Bottega amletica testoriana di Antonio Latella, ha raccolto quell’invito e si cimenta in un reading del testo. Una vera scalata a Grünewald attraverso le parole di Testori.

La lettura è accompagnata da un montaggio di immagini curato da Davide Gasparro.

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