Absolut Testori

AMMINISTRAZIONE TRASPARENTE

Si ringraziano tutti i sostenitori pubblici che da anni accompagnano l’attività di Casa Testori Associazione Culturale.

Ai sensi dell’art. 1 comma 125 della Legge 124 del 4/8/2017 per il mercato e la concorrenza, a decorrere dall’anno 2018, è previsto l’obbligo di pubblicità relativo ai contributi pubblici ricevuti da una stessa Pubblica Amministrazione se essi siano liquidati nell’anno in misura uguale o superiore ai 10.000 euro lordi.

Pertanto, si pubblicano di seguito i suddetti contributi ricevuti dalla nostra Associazione.

STUDI DI ANATOMIA

Stanza 7

«Oggi Gèricault continua a essere per Testori un punto di partenza. La sua lezione e il suo ricordo sopravvivono all’idea del frammento anatomico abbandonato a se stesso, muto intreccio di gambe e braccia tagliate. Ma Testori ha fatto un passo più in là, non ha più bisogno di macelleria. Non c’è più bisogno di tagliare, di mozzare gambe e braccia per poi annodarle in un fiocco, in una natura morta a luce notturna. Basta dipingere un sesso, per ottenere lo stesso effetto di mutilazione. Basta il frammento anatomico e genitale in sé. […] La superficie si crepa lasciando aperti degli spazi, dei vuoti simili a crateri di luce. E in questi spazi la luce non irrompe, ma scoppia. […] La luce è risucchiata dal nulla, è solo un intervento di tenebra. È il buio che la produce. Così prendono corpo, insieme alla loro luminosità, forme che non sono forme ma ectoplasmi, fantasmi di capezzoli, seni, vulve, glutei, improvvisamente materializzati quanto pronti a ritornare precipitosamente sui loro passi, a dissolversi nel buio di un pozzo. Immagini assurdamente plastiche, assurdamente carnose, perché non c’è nessuna distinzione fra la loro forma e lo sfolgorio della loro effimera e attonita luce
Cesare Garboli, 1975

Nel 1975 Testori espone alla storica Galleria del Naviglio di Milano una serie di grandi carte realizzate a grafite, con soggetti anatomici e sensuali fiori carnosi.

INFERA MEDIOLANI

Stanza 10

Alla fine degli anni Ottanta, Testori viene coinvolto nel dibattito cittadino per la realizzazione del nuovo cimitero di Novate. Risalgono a questo momento alcuni piccoli disegni di sapore apocalittico che preannunciano il tenore drammatico dei suoi ultimi anni di vita, segnati dalla malattia. Tra il 1989 e il 1993, Testori entra ed esce dagli ospedali, ma questo non allenta di certo la sua vena creativa che, semmai, riceve dalla fatica ancor più energia. È così che, in quegli anni, Testori dà vita a numerosi scritti, spesso solo abbozzati, ma ripresi in mano fino agli ultimi giorni. Nasce in questo contesto una delle sue opere più importanti, pubblicata postuma: I Tre Lai.

Nel giugno del 1991, durante un ricovero all’Ospedale San Raffaele, i manoscritti registrano l’elaborazione di una nuova raccolta di racconti, intitolata Infera Mediolani e, per l’occasione, ricompaiono tra le pagine manoscritte iscrizioni decorate e bellissimi disegni. Torna così il tema caro a Testori fin dagli anni Sessanta: del gennaio 1992 è un bellissimo tramonto realizzato a piena pagina, mentre era convalescente a Varese e a un altro dei ricoveri al San Raffaele, probabilmente nel 1993, risale un ciclo di otto piccoli tramonti, realizzati su cartoncino. Qui l’impetuoso mare di colore, la forzatura delle forme, la ricchezza del disegno e il tassellarsi della materia, si concentrano in poche linee che, solcando il bianco, s’accendono per alleggerirsi.

LE CROCIFISSIONI

Stanza 9

La pena,
mio Cristo,
mio re,
la pena di Te
nel disfarsi di rose
sull’onda che calma
s’ostende!
La pena di Chi
mi pretende
ed esige totale,
imparziale,
spogliato
d’ogni altra attrazione
che non sia la fusione
con lei,
la Tua fame,
con chi non ha pane, con chi non ha spazio
né tempo
per dare respiro
al suo cuore,
con chi non ha amore,
ma strazio,
catene,
dolore!

Giovanni TestoriOssa mea, 1983

Al 1981 risale l’avvio di un ciclo di venti pastelli dedicati al tema della Croce. I primi otto, di formato leggermente inferiore agli altri, sono databili con certezza al 1981, i restanti potrebbero essere stati realizzati in un momento di poco successivo. Testori, con un piccolo disegno a penna, indica anche una possibile disposizione dei disegni, non è noto se per una mostra o per un volume.

MACELLERIA

Stanza 8

«Come decidere a che punto cominciano e dove finiscono, in queste icone al tempo stesse domestiche e rituali – in queste istantanee scattate sullo sfondo d’una duplicità  memoriale nella quale sembrano confluire la solennità  enigmatica dei sacrifici biblici e il frettoloso, rabbioso pragmatismo di Françoise, la cuoca della Recerche, alle prese con una “bestiaccia” che non si decide a morire – il dominio del raccapriccio e quello della pietà , la provincia del desiderio e quella del rifiuto, il comprensorio della condanna e quello del perdono? Che sia impossibile rispondere non è, credo, che la conferma di una complessità che molto prima era stato impossibile non intuire e nella quale precipitano, integrandosi a morte, anche la maestria del segno e l’impronta dei maestri – così fraterni, così fatali, questi, da diventare, in un certo senso, addirittura anonimi, da non essere più identificabili, che ne so, come Courbet o come Bacon, ma soltanto e alla rinfusa, appunto, come “maestri”

In una continua sperimentazione tecnica, con queste opere Testori mette alla prova l’acquerello, qui usato secco fino allo spasimo, tanto da renderlo irriconoscibile. Il reperimento degli animali da ritrarre, ove non possibile in una macelleria, si lega a macabri aneddoti famigliari, fatti di gattacci neri uccisi per l’occorrenza con la carabina e recapitati in un sacco a domicilio, in tempo per far svenire ignare portiere, colpevoli di eccessiva curiosità.

I QUADRI DI IOLAS

Stanza 6

«Credo che pochi artisti italiani portino nella propria figura le stimmate dell’“artista moderno”, come Giovanni Testori. Il suo bisogno fatale di andare oltre, sempre più avanti e lontano, dove nessuno possa sostare con lui: il suo disperato desiderio di conoscere il peccato, la dannazione, il rimorso e il delirio; e la fredda volontà di costruirsi, giorno per giorno, ora per ora, libro per libro, un destino tragico, cosa più moderno di questo? Davanti a una volontà come la sua, ognuno di noi si domanda fino a quando potranno resistere, senza cedere o spezzarsi. Per conto mio, debbo confessare una ammirata avversione. Anche se è ingenuo scriverlo, vorrei che tante energie scatenate a infrangere ogni limite si raccogliessero dentro i limiti che ci sono concessi. Ma cosa cerca, Testori, dietro la forma? Sebbene mi sembri quasi empio parlarne, egli cerca Dio, il cui vero nome sfugge all’arte, come ad ogni filosofia; e il peccato assoluto, il male senza rimedio, che sono ugualmente irrappresentabili con le parole e i loro colori umani
Pietro Citati, 1974

Nel 1974 Testori espone alla Galleria Iolas di Milano, diretta da Alexander Iolas, il grande mercante internazionale di origine greca. Dall’olio passa all’acrilico: in una serie di dipinti quasi monocromi, la materia si fa meno frastagliata. Le grandi figure femminili, sul punto di lasciarsi inghiottire dal fondo bianco, sprigionano la loro forza nella vitalità del sangue.

SCRITTURA PER FIGURA

Stanza 5

«È accaduto a Testori quello che era già accaduto a Victor Hugo, scrivere e disegnare nello stesso tempo. Più precisamente, far nascere insieme parola e disegno, in un giuoco intenso e drammatico di segni diversi ma tutti volti a rendere visibile il volto stesso della poesia.»
Carlo Bo, 1987

Il rapporto tra scrittura e disegno fu per Testori sempre strettissimo e, sfogliando i quaderni manoscritti, si scopre che gli spazi bianchi delle pagine “ospitarono” la vena espressiva di Testori in un periodo in cui, almeno tra il 1958 e il 1964, non sfociava in veri e propri dipinti o importanti disegni autonomi. Dopo alcuni disegni a piena pagina che compaiono nel quaderno della Gilda del Mac Mahon, fu la stesura del poema I Trionfi a spingere lo scrittore a dar vita a numerosi grandi disegni, spesso a tema floreale. In alcune pagine la dimensione del disegno e l’attenzione riservata ai particolari dei fiori, evidentemente ritratti dal vero, sembrano quasi invertire i ruoli, trasformando i quaderni in erbari commentati.
Ma il disegno è il crocevia anche dell’attività teatrale e, addirittura cinematografica di Testori. Un ciclo di dieci disegni testimonia il lavoro dello scrittore che, nel 1970, per la sceneggiatura di un film mai realizzato e dedicato all’Amleto, volle disegnare i costumi, con precise indicazioni dei colori e dei materiali. Il disegno si dimostra insomma al cuore della produzione creativa di Testori, qualunque strada espressiva sia destina a prendere.

I QUADRI DI TAZZOLI

Stanza 4

«I giovani atleti nudi dipinti da Testori […], attraverso una lunga storia di incroci, di mutazioni, di arricchimenti cromosomici, discendono dal Bacchino malato o dal Narciso del Caravaggio, mettendosi accanto ai giovani saltimbanchi di Picasso epoca rosa e blu e con affinità spirituali più fonde accanto ai clowns ed ai forains, alle cavallerizze ed alle prostitute di Rouault, alla loro quasi animalesca volontà di lotta e capacità di resistere, di incassare i colpi […]. La bellezza di questa pittura non può essere colta per interno se non si avverte ch’essa rappresenta un atto di salvazione e dà forma ad un atto di fede nella vita delle cose amate, cose appunto, ed ad un atto di partecipazione alla loro ineliminabile malinconia.
Questi giovani atleti nudi rappresentano lo stato d’innocenza dei ragazzi di vita del 
Dio di Roserio, del Fabbricone, delle storie del Ponte della Ghisolfa, cioè le figure in cui si chiudono, quasi in attesa di nascere, se un gesto di verità  e di amore li libera dal limo. Nella Grecia dei tempi d’oro gli artisti compivano lo stesso miracolo, ma senza lasciare un posto all’uomo. I giovani atleti nudi prendevano la forma degli eroi e degli dèi. Una forma che per Testori è soltanto speranza, anzi malinconia e fame. I suoi giovani restano sulla terra, questa terra, in mezzo a noi. Sono nervi e muscoli, carne che può gareggiare e può amare ed essere amata, e cedere alla fatica, e cadere smemorata nel sonno. Morire ogni giorno
Luigi Carluccio, 1971

Nel 1971 Testori espone a Torino, nella Galleria Galatea di Mario Tazzoli, il gallerista a cui
spetta la prima mostra di Francis Bacon in Italia e mercante di fiducia della famiglia Agnelli.

ERODIADE

Stanza 3

«Nel nostro caso la testa del Battista è diventato l’oggetto, il simbolo, il mondo dell’infinito dolore e della più disperata disperazione. Testori si è assunta la parte, accanto a quella dei carnefici, di strappare la testa del Battista con tutti i suoi fili, con la carne e soprattutto il sangue. In effetti, il disegnatore è riuscito così bene in quest’opera di dissezione e di immedesimazione da lasciare lo spettatore nelle mani dell’artista che diventa creatore, sia pure creatore nella morte. Ma l’album di questi disegni ha anche una forza divinatoria, nel senso che prelude a quella che sarà dopo il 1968 l’evoluzione di Testori, la sua straziante discesa agli Inferi. Lungo tutti questi anni Testori ha in qualche modo sfidato il suo e nostro Dio, nel tentativo di ripetere la storia stessa della Creazione: si è fatto attore e vittima, si è fatto padrone e servo. Ma procedendo sempre insieme, in fondo senza separazioni di parti e di ruoli: da quella testa sacrificata ha saputo estrarre il moto della vita, quel doppio registro dell’attesa e della sconfitta che il poeta Testori pratica con lucidità ma anche con molta oscurità
Carlo Bo, 1987

Nel 1968, durante la stesura del dramma teatrale Erodiade, Testori disegna con la stilografica un gran numero di Teste del Battista straziate da uncini e deformazioni: nove occupano alcune pagine del quaderno manoscritto, lasciandosi incorniciare dal testo, altre 72, realizzate su quaderni analoghi, vanno a costituire una serie numerata.
L’anno dopo, passando dalle teste umane a quelle animali, riprenderà a dipingere a olio. Il ciclo delle 72 teste venne presentato al Centre Georges Pompidou di Parigi nel 1987, in occasione della messa in scena dello spettacolo.

LE ROSE DI SAINT SULPICE

Stanza 2

Sebbene la coerenza non fu una dote coltivata da Testori, è un dato che il distacco dai pennelli fu definitivo per molti anni. Dalla Crocifissione del 1949, se si escludono i rari disegni che compaiono nei quaderni manoscritti, Testori sembra infatti non provare più interesse per la pittura e il disegno per circa quindici anni.
Ma alla metà degli anni Sessanta, proprio dalla scrittura, rinasce impetuosa la sua passione per il disegno, che lo porterà  a realizzare alcuni drammatici “ritratti” di rose in disfacimento e, dal 1967, una serie di acquerelli e grandi disegni dedicati al tema del tramonto segneranno il ritorno del colore.
Quella del 1949 si dimostrò solo una lunga battuta d’arresto e la vicenda pittorica di Testori, lontana ormai dal drammatico epilogo di via Santa Marta, ricominciò impetuosa e torrentizia per non arrestarsi più, fino alla fine.

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