Author: Associazione Giovanni Testori

Turi Simeti, QUADRI BIANCHI

Stanza 1

Presentare un lavoro che si fonda sulla riduzione del segno, del gesto e della forma, in questi ultimi anni nei quali la proliferazione e la contaminazione dei linguaggi ha spesso sovraccaricato la percezione visiva del manufatto artistico, è un’impresa complessa per non dire ardua. L’estrema essenzialità del lessico di Simeti potrebbe apparire “petrosa”, ad un osservatore di questo primo decennio del XXI secolo. Diventa necessario allora recuperare le coordinate che definiscono il milieu strutturale dell’artista siciliano, i rapporti sottesi con la grande stagione programmata e cinetica dei primi anni Sessanta, fino alla lettura intima, direi, oltre che personale del minimalismo. Il superamento della superficie e del gesto si manifesta nell’adozione dell’elemento geometrico reiterato e ripetuto, a volte simile ad un emblema familiare, ad un antico blasone scolpito sul portale di un palazzo nobiliare siciliano. Oltrepassando i richiami alle valenze estetiche fantastiche, residui di ricordi infantili, la forma ovale adottata da Simeti sembra avere in fondo un’essenza biologica e organica. La cellula come elemento costruttivo primario germina sulla tela quasi a formare un organismo visivo autonomo e autoreferenziale. Un metodo che caratterizza il linguaggio dell’artista siciliano a partire dai primi anni Sessanta e, secondo la critica, connette la sua ricerca alle coeve esperienze di Castellani e Bonalumi. Diversamente da questi ultimi, però, la funzione spaziale nelle sue riflessioni risulta se non secondaria, almeno non portante, nell’impalcatura costruttiva della sua opera. L’esigenza di oltrepassare la bidimensionalità della superficie pittorica, non è sostanziale, ma è necessariamente visiva. In Simeti la metafisica dello spazio è subordinata alla ricerca dell’essenziale, infatti, nel corso degli anni Settanta, seppur non rinunciando alle forme elissoidali, ne teorizza il loro isolamento. Si scatena così un rapporto profondo e univoco fra la tela monocroma e il solitario ovale sagomato, che come una punzonatura dell’anima, lascia una traccia esistenziale sulla superficie.
Gianluca Brogna

Turi Simeti è nato ad Alcamo in provincia di Trapani nel 1929. Si è trasferito a Roma nei primi anni Sessanta e nel 1965 a Milano, dove vive e lavora. Nel capoluogo lombardo ha partecipato alla mostra Zero Avantgardienello studio di Lucio Fontana nel 1965 e ha realizzato le sue prime mostre personali. Tra il 1966 e il 1969, invitato come Artist in Residence dalla Fairleigh Dickinson University, si è trattenuto per lunghi periodi a New York. Nel 1971 ha esposto alla prestigiosa galleria M di Bochum e da Löehr a Francoforte. Nei primi anni Settanta ha realizzato personali e collettive a Bergamo, Verona, Rottweil, Düsseldorf, Oldenburg, Köln, München, Basilea e Coblenza. Nel 1980 la Pinacoteca Comunale di Macerata ha ospitato una sua mostra personale e nello stesso anno ha aperto uno studio a Rio de Janeiro. Le sue opere sono state esposte alla GaIerie Wack di Kaiserslautern nell’83, alla Galerie Maier di Kitzbüehl e alla Galerie Ahrens di Coblenza nel 1984, alla Galeria Paulo Figueiredo di San Paolo del Brasile e alla Galerie 44 di Düsseldorf nel 1985, alla Galerie Apicella di Bonn neI 1986 e alla Galerie Monochrome di Aachen nel 1987. Nel 1990 si è tenuta la mostra 58-80 Bonalumi Castellani Simeti/Tre Percorsi presso la Galleria Millenium di Milano. Nel corso degli anni Novanta ha esposto a Rio de Janeiro, Biberach, Kaiserslautern, Milano, Bolzano e Trapani, al Kunstverein di Ludwigsburg e a Erice. Nel 1998 ha tenuto una personale alla Galerie Kain di Basilea e nel 1999 ha esposto a Biberach, Ladenburg e Mannhein. Nel 2004 ha tenuto una personale alla Galleria Poleschi di Milano e nel 2005 a Lugano nello spazio ARTantide. Nel 2006 gli sono state dedicate due personali alla Galleria BIM – Banca Intermobiliare di Lugano e alla Galleria Excalibur di Solcio di Lesa. Ha realizzato una mostra alla GlobArt Gallery di Acqui Terme nel 2007 e nel 2009 alla Maretti Arte Monaco di Montecarlo. Nello stesso anno ha realizzato un’istallazione di grandi opere bianche nello Studio d’arte Contemporanea Pino Casagrande a Roma. Nel febbraio 2010 ha esposto presso la Galleria Salvatore + Caroline Ala di Milano.

LA NOTTE CADE SU DI NOIJ&PEG. Stanza 13. Giorni Felici 2010

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Una camera da letto, la stanza più segreta della casa, dove nemmeno l’ospite viene invitato ad entrare, diventa, nel percorso di questi quadri e di questa installazione, l’emblema di un mondo universale, nel quale si indaga sulla libertà e sul suo rapporto col potere. In questo ambiente l’uomo rimane solo con se stesso, finalmente libero da ogni imposizione esterna, abbandonato alla sua intimità, ma destinato comunque a soccombere davanti alle sue necessità fisiche e all’esigenza del riposo. L’essere umano, concepito con il limite del sonno, è qui già pronto ad evadere e a riscattarsi con l’immaginazione e la speranza del sogno. Una stanza, illuminata in modo da ricordare al visitatore le luci e le ombre della società contemporanea.

J&PEG

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INFO SULL’ARTISTA

Gabriele Basilico, CINQUE VOLTE MILANO

Stanza 2

«Ci sono edifici che, grazie alla sapienza di chi li ha progettati e alla visione di chi li fotografa, svelano una forma antropomorfa. Nelle architetture sono nascosti occhi, nasi, orecchie, labbra, volti che aspettano la parola, e la parola sembra poter nascere solo se vivono l’evento rivelatore della luce, nella condizione limite che è l’assenza dell’uomo. Basta la presenza di un uomo a ridare all’architettura il valore di sfondo, a dare al vuoto il senso drammatico di un’assenza, mentre l’assenza dell’uomo toglie al vuoto questa dimensione d’angoscia e fa del vuoto quello che veramente è, perché il vuoto riempie se stesso e diventa il soggetto stesso. Io non fotografo il vuoto nel senso di una mancanza di presenza, ma fotografo il vuoto come protagonista di se stesso, con tutto il suo lirismo, con tutta la sua forza, con tutta la sua umanizzante capacità  di comunicazione, perché il vuoto nell’architettura è parte strutturale, integrante del suo essere.»
Gabriele Basilico

«Raramente Gabriele Basilico ci mostra il treno che entra nella città. È una giusta posizione discreta e attenta ad evitare la ricerca di ciò che sta dietro alla foto. Perché la fotografia – lo sappiamo dal cinema e dalla stampa – può essere complice. Quando i treni entrano nelle grandi città all’ora vespertina mostra gli spaccati delle case e una vita interna fatta di tappezzerie scolorite e gente stanca alla luce di lampadine giallastre.»
Aldo Rossi

L’ARTISTA

I suoi studi di architettura hanno avvicinato Gabriele Basilico (1944- 2013) all’ambiente dell’editoria di settore, per cui ha realizzato un’ampia serie di lavori documentari. Ha al suo attivo ricerche sulle aree urbane, sul territorio e sull’architettura, commissionate da privati ed enti pubblici. Nel 1982 ha realizzato un ampio reportage sulle aree industriali milanesi intitolato Ritratti di fabbriche. Tra il 1984 il 1985 è stato invitato dal governo francese a far parte del gruppo di noti fotografi impegnati nella Mission Photographique della DATAR (Délégation à l’aménagement du territoire et à l’action régionale, des régions et des hommes), la più vasta e articolata campagna fotografica realizzata in Europa in tutto il XX secolo. Negli anni ‘90 ha ripreso la ricerca sul territorio italiano e in particolare sulle trasformazioni del paesaggio urbano, prima a Milano, poi in sei zone diverse dell’Italia. Nel 1996 la giuria internazionale della VI Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia gli ha attribuito il premio Osella d’Oro per la fotografia di architettura contemporanea. Nel 2000 ha ricevuto il premio dell’I.N.U. (Istituto Nazionale di Urbanistica) per il suo contributo alla documentazione fotografica dello spazio urbano contemporaneo. Le sue opere fanno parte di numerose collezioni pubbliche e private internazionali e il suo lavoro è stato esposto presso musei e istituzioni, gallerie private italiane ed europee.

Chiara Dynys, SIPARIO


Stanza 1

In Sipario l’artista volge la sua ricerca attraverso una forma di fotografia spontanea che cattura il mondo esteriore. Non si tratta più di creare luoghi e istallazioni dotati di una sorprendente leggerezza smaterializzata, ma di ricercare quelle persone e quei luoghi che, come su di un palco teatrale, spontaneamente si presentano in un’atmosfera leggera, spesso incantata. Le immagini di Sipario sono dunque delle scene teatrali e i fruitori sono il pubblico. Sulla scena il disagio e la depressione delle società più avanzate si contrappongono alla semplicità situazionale di personaggi che si caratterizzano come immediati e in genere dall’espressione felice e sognante. Sipario è un discorso sull’umanità, sull’energia nella presenza delle persone e sulla loro attuale capacità di vivere come se si stesse sognando. Quando il Sipario rimane aperto è come se l’artista individuasse un’apertura esistenziale. Quando il Sipario si chiude sulle immagini è come se scomparisse dall’orizzonte una possibilità di felicità immediata, anche ingenua, per far posto invece a un vivere più soffocato.

«Ho sempre inteso lo spazio come un ambito mentale che trascende la dimensione fisica. Lo spazio è per me un punto che identifica il ‘passaggio’. L’attraversamento, e dunque il punto di partenza e il punto di arrivo che si uniscono nello stesso momento: il momento dell’illusione e dell’inganno, il momento della metafora dell’incontro tra il proprio Sé e il mondo, e quindi tra il proprio Sé e la realtà.»
Chiara Dynys

L’ARTISTA

Chiara Dynys è nata a Mantova nel 1958. Oggi vive e lavora a Milano. Ha cominciato a esporre nel 1987 alla galleria Vivita Due di Firenze. Nel corso degli anni il suo lavoro si è affermato in importanti gallerie e istituzioni pubbliche, soprattutto in Germania e Svizzera. A Milano è rappresentata dalla galleria Monica De Cardenas, dove ha esposto nel 1993, 1996, 1999, 2002 e nel 2005. Nel 1996 ha esposto a Ginevra al Centre d’Art Contemporain, nel 1998 ha tenuto un’importante mostra presso la galleria Massimo Martino di Mendrisio. Nel 2004 ha esposto al Kunst Museum di Bonn. Nel 2005 ha realizzato un’istallazione permanente al Mart di Rovereto. Al 2006 risale la realizzazione di due installazioni permanenti: nel cortile della Casa dello Studente dell’Accademia di Architettura di Mendrisio e presso la chiesa del Santo Volto di Gesù di Roma. Nel 2007 ha allestito Luce negli occhi alla Rotonda della Besana di Milano dove ha ripercorso, con una sequenza di istallazioni e di ambienti, le tappe più importanti del suo percorso creativo. Negli ultimi anni la sua attività si è rivolta specialmente alla ricerca nell’ambito cinematografico.

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