Author: Associazione Giovanni Testori

EASY COME, EASY GO

Andrea Mastrovito

Camminando con Julia per le stanze di Casa Testori, durante il primo sopralluogo per la mostra, finiamo nel grande salone, la stanza più grande della casa. Controllo le misure, faccio due calcoli e mi accorgo che, lì, Johnny ci sta alla perfezione. Così provo ad abbassare le tapparelle per valutare il grado di oscurità della stanza, pensando alla videoproiezione. Nell’abbassarle, mi accorgo di uno strano disegno che la luce esterna crea tra i fori delle tapparelle. Chiedo a Pietro, che è lì in parte, cosa sia, e mi spiega che è l’ombra delle inferriate decorate poste davanti alle finestre. Mi giro e guardo le tre grandi finestre della veranda absidata, e subito immagino di tappare alcuni dei fori delle tapparelle con del nastro adesivo. Il principio è semplice, è quello delle ombre cinesi, dei teatrini di fine Ottocento: una sagoma e una luce retroproiettata. Indagando sulla funzione delle diverse stanze della casa, scopro che proprio nella veranda venivano portati i corpi dei cari defunti per l’ultimo saluto: sulle tre grandi tapparelle raffiguro, così, una Deposizione Trasporto di Cristo, sfruttando per le tre croci l’asse centrale in legno delle portefinestre e mettendo in aperto dialogo l’opera con l’antistante Crocifissione di Velazquez riportata, divisa, nella videoinstallazione Johnny. Il legame semantico fra le due opere è rafforzato, tra l’altro, dalla vicenda stessa del soldato Johnny che – come raffigurato in basso a destra nell’installazione – viene colpito e mutilato da una granata proprio mentre sta trasportando verso la trincea il corpo di un caduto. Il titolo, ironico, dell’opera, Easy come, easy go (che è poi il titolo di tutta la mostra), sottolinea la precarietà della condizione umana e perfino divina, sia attraverso la raffigurazione della croce vuota che attraverso il supporto tecnico utilizzato (la tapparella mezza abbassata): così come arriva, il Salvatore se ne va.

LIBRARIES ARE NOT MADE, THEY GROW

Andrea Mastrovito

L’utilizzo della fotocopia ricorre spesso nel mio lavoro. Dopo aver fotocopiato l’intera galleria Analix Forever nel 2007, l’anno successivo mi ritrovai a New York, all’Italian Academy della Columbia University. Qui avevano questa bellissima (esteticamente) biblioteca, enorme, calda, accogliente: veniva voglia di sdraiarsi sui grandi divani e leggere libri tutto il giorno, non fosse che i volumi erano disposti a caso e mancava un indice, una catalogazione. Questo perché, pare, tutta la grande collezione di libri dell’Italian Academy era stata venduta (credo alla Columbia) ed il Governo Italiano soltanto dopo molti anni aveva pensato bene di inviare decine di scatoloni contenenti migliaia di libri sfusi, dalla letteratura alla storia dell’arte. Disposti lì uno accanto all’altro, i volumi erano sì bellissimi e nuovi (quasi tutti ancora incellophanati), ma praticamente inutilizzabili. Mi colpì molto il concetto di “facciata”, in cui il libro diventa oggetto d’arredamento (il fatto che le librerie dell’Academy fossero vuote, tempo prima, aveva fatto storcere riprovevolmente il naso a parecchi professoroni della Columbia che le osservavano passeggiando per la Amsterdam Avenue), e pertanto decisi di creare io stesso un indice dei libri, semplicemente fotocopiando tutta la biblioteca, pezzo per pezzo, e re-installando le fotocopie sui libri veri. Al contempo, per facilitare la fruizione della nuova libreria fotocopiata, rilegai due differenti copie di tutte le circa 1360 immagini utilizzate in due grossi cataloghi di due volumi l’uno. La metonimia così ottenuta, il contenente per il contenuto (la libreria DENTRO i libri), permetteva al visitatore di sfogliare rapidamente tutte le coste dei libri presenti nella biblioteca e trovare così, con meno difficoltà, il volume desiderato. Da qui l’idea di ri-costruire questa biblioteca “viaggiante” a Casa Testori: i files originali delle immagini sono stati riadattati alle misure della stanza che fungeva da studio per Giovanni Testori e i nipoti, e ne ricoprono le pareti simulando la presenza di libri e scaffali. Il fatto che questa biblioteca sia, per sua natura intrinseca fin dall’inizio, easy come, easy go, la rende particolarmente adatta ai muri di Casa Testori, dove Giovanni era solito tenere la sua vera biblioteca, ovvero i quadri della sua collezione che, una volta studiati e sviscerati, venivano prontamente sostituiti da nuove tele di diversi autori.

DRACULA / CHIROTTERI

Andrea Mastrovito 

Dracula venne realizzato per la prima volta nel 2008 in occasione della mostra Nickelodeon da 1000eventi a Milano: il Dracula di Bram Stoker è uno dei romanzi che hanno avuto più riduzioni cinematografiche, se ne contano circa 650. In quest’opera presento la videoproiezione di otto film basati sulla storia del Conte transilvano (dal Nosferatu di Murnau del 1922 a quello di Herzog del 1978 sino al Bram Stoker’s Dracula di Coppola passando per le versioni Universal di Tod Browning del 1931 e Hammer di Terence Fisher del 1958) effettuata sulle coste delle pagine di circa 60 differenti edizioni del romanzo stesso. Il lavoro, oltre ad enfatizzare le inevitabili differenze d’interpretazione non solo a livello di regia ma persino di traduzione del romanzo stesso, prende piede dalla nozione di “diritto d’autore” a proposito della trasposizione in pellicola di una qualsiasi opera letteraria: Nosferatu infatti fu il primo caso riconosciuto di plagio da parte di un regista nei riguardi di un romanzo. Murnau, pur cambiando il titolo e i nomi dei personaggi riprese esattamente la storia dal libro di Stoker. La vedova dello scrittore fece causa al regista per plagio e vinse obbligando il regista a distruggere il film. Alcune copie si salvarono solo casualmente, permettendoci di poter ammirare ancora oggi questo capolavoro. Il caso creò un precedente giudiziario e da allora il copyright venne esteso anche su eventuali trasposizioni cinematografiche di opere letterarie. Sul soffitto, Dracula viene completata dall’installazione di Chirotteri, circa 200 libri sui pipistrelli, ritagliati e fissati con viti uno accanto all’altro. Questo lavoro chiaramente prende piede dall’opera Enciclopedia dei fiori da giardino e nacque una  notte di ottobre del 2009: ero a New York e stavo realizzando, coi miei assistenti, la nave de Non ci resta che piangere, l’installazione per il Museum of Art and Design. La sera, dopo 12/14 ore di lavoro, spesso passavo da Strand Books, quest’enorme negozio di libri tra la 12th street e la Broadway, dove ogni volta cercavo nuove idee per nuovi lavori, e così mi capitò tra le mani un bellissimo volume esclusivamente sui pipistrelli, roba mai vista in Italia. Subito da lì l’idea di rivestire un intero soffitto con centinaia di libri del genere. Quello fu il nucleo primigenio dell’installazione The Island of Dr. Mastrovito a Governors Island nel 2010, che oltre ai pipistrelli sul soffitto, prevedeva centinaia di libri di farfalle sui muri e volumi su ogni tipo di animale – ritratto a grandezza naturale – sul pavimento. Questa stanza, disposta esattamente dove si trovava una delle biblioteche di Testori, chiude il ciclo delle tre stanze dedicate ai libri, stanze che Testori stesso aveva dedicato allo studio dei libri e delle opere.

JOHNNY

Andrea Mastrovito

Johnny prende piede dal romanzo E Johnny prese il fucile (1939) di Dalton Trumbo, dal film omonimo,girato dallo stesso autore del romanzo nel1971 e dal brano ad esso ispirato One, registratonel 1988 dai Metallica nell’album …And justice for allJohnny fonde i tre linguaggi del romanzo,della musica e del cinema in un’unica operamultimediale con veri e propri attori di carta e diluce, realizzati con nulla, così come gli spettacoli degli Scarozzanti del teatro testoriano.La storia di Johnny è semplice e atroce: un giovaneamericano, sul finire della prima guerra mondialeviene spedito al fronte europeo dove, colpitoda una granata, perde braccia, gambe, volto,orecchie e tutti i sensi tranne il tatto. Date le suepenose condizioni, viene creduto incapace diintendere e volere, e viene mantenuto artificialmentein vita per anni ed anni a scopo scientifico,in un lettino all’interno di un ripostiglio buio.In realtà, pur se impossibilitato a comunicare, lasua mente è perfettamente sveglia e conscia dellasituazione terribile, e i suoi ragionamenti, lesue angosce, le sue speranze – vane – col passaredegli anni varcano quel limite, inintelligibile,tra vita e morte, rendendolo inaccettato: l’unicomorto tra i vivi, e l’unico vivo tra i morti.Ho sempre trovato fondamentale, per me, questastoria. Senz’altro perché le vicende famigliari mihanno portato ad avere un rapporto giornalierocon la malattia fin dalla giovinezza. E senz’altroperché trovo che riesca ad essere talmente estrema,talmente insopportabile da essere tremendamentevera. Johnny protrae quasi all’infinito lasua morte, vivendo, rivivendo milioni di volte ilpassaggio dalla vita alla morte, quello che nessunodi noi può conoscere, quello che, nel filmdi Trumbo, nessuno, neanche il Cristo, riesce acomprendere o sopportare. In questo Johnny miappare come un Cristo senza braccia, senza gambe,al quale non si possa neanche più dare unacroce – crocevia necessario alla redenzione – e alquale quindi non si può dare salvezza.L’unico sollievo che può trovare è nella vicinanzadi un’infermiera dolce al suo capezzale, che loaccompagni nel suo trapasso infinito.Rileggendo un’intervista a Lucia, sorella di Testori,ho notato quanto fosse necessario, in questacasa, accompagnare i propri cari verso l’aldilà.Testori dormiva nel letto in cui erano mortientrambi i suoi genitori, tenendo viva, fisicamente,la fiammella della loro presenza. Genitoriche, proprio qui, in questo salone dove Johnnyriposa vivente/morente sul suo letto di ospedale,vennero presentati per l’ultima volta all’affettodei loro cari. “Now the world is gone, I’m justone”.

ENCICLOPEDIA DEI FIORI DI GIARDINO – PAMPURZINI

Andrea Mastrovito 

L’idea di questi “giardini di libri” mi venne una sera di due anni fa esatti, mentre sistemavo lo studio. Arrivò Zizi, mio amico fraterno, e mi chiese di realizzargli al volo, per forza, una piccola opera per una ragazza che doveva conquistare, una ballerina. Così, dopo una discussione poco ortodossa, per sbrigarmela in poco tempo, decisi di prendere uno dei libri su Degas che avevo sugli scaffali. Lo aprii su una riproduzione di due ballerine e le ritagliai su tre dei quattro lati, tenendole attaccate alla pagina per i piedi. Una volta piegate perpendicolari al foglio, viste di taglio, sembravano davvero danzare sul libro. Zizi prese il volume, lo diede alla ballerina e, potenza dell’arte, oggi convivono in una bella casa vicino al Serio. Di lì alle Enciclopedie dei fiori da giardino il passo era breve: avevo notato la semplicità e l’immediatezza di quel lavoro, ma necessitavo di qualcosa che gli desse forza e verità. E così pensai ai fiori: forza, perché dal fiore nasce il frutto, dal frutto l’albero dall’albero la carta e dalla carta il libro, che nel mio lavoro ritorna fiore, e così il cerchio si chiude vichianamente tornando al punto d’inizio del ciclo; verità perché solitamente le raffigurazioni dei fiori sui manuali sono in scala 1:1, a grandezza reale, quindi verosimili all’occhio. A Casa Testori presento questa aiuola che riprende la forma esatta del trompe l’oeil dipinto sul soffitto soprastante, diventando trompe l’oeil essa stessa. Qui i protagonisti sono i ciclamini, o “pampurzini”, fiori preferiti da Giovanni Testori, citati ripetutamente nel suo Ambleto, e che, dopo un pesante esaurimento nervoso, dipinse in un celebre ciclo di dieci piccole tele che regalò ai suoi familiari, come segno di gratitudine per la vicinanza durante la malattia.

MANUALE PER GIOVANI ARTISTI

Andrea Mastrovito

Ho realizzato questa serie di 26 autoritratti in due tornate. 22 nell’estate del 2007, gli altri 4 nella primavera del 2009; questi ultimi per la campagna pubblicitaria autunno/inverno 2009 di Kris Van Assche (e qui mi sono disegnato molto più fico, d’altronde dovevo sembrare un modello – cosa alquanto difficile ahimè). In origine dovevano essere dei piccoli “fioretti” al contrario, invertendo il tema dei fioretti francescani (uno dei primi disegni, difatti, fa il verso alla Predica agli uccelli di Giotto sostituendo i volatili con aeroplanini di carta), ovvero piccoli miracoli senza senso ma, al contempo, indispensabili: mordere uno squalo in mare aperto, far paura al conte Dracula, disegnare il sole nel cielo, piantare libri di fiori in terra… Man mano che il lavoro proseguiva, mi sono reso conto che si trattava, in realtà, di un manuale, disegnato alla maniera dei Manga di Hokusai: un manuale di sopravvivenza per artisti, una chiave di lettura della realtà che mi permetteva di creare un legame tra le idee che avevo e quanto volevo fare. Così molti di questi disegni, tra il 2007 ed il 2009, divennero punto di partenza per molte grandi installazioni, da Eine Symphonie des Grauens Robespierre, da L’origine delle specie a svariati collages fino a Enciclopedia dei fiori da giardino che prende spunto direttamente dal disegno in cui, strappando pagine da un libro di botanica, le semino a terra aspettando che crescano. In Casa Testori, per la prima volta, i 26 disegni vengono mostrati al pubblico: penso sia un viatico importante per la mostra. Disposti nelle due stanze adiacenti all’ingresso, invitano discretamente il pubblico ad entrare in contatto col mio mondo più intimo e segreto, mostrando tutto quello che sta alla base del mio lavoro degli ultimi anni. Ho seguito il metodo testoriano: Giovanni Testori, infatti, amava circondarsi di tutti i quadri che trovava di un dato artista e, a quel punto, ne comprendeva la vita, i desideri le passioni semplicemente attraverso la sua pittura, il suo (di)segno.

GIORNI FELICI – WORK IN PROGRESS

Anche quest’anno l’Associazione Testori, in collaborazione con Casa Testori Associazione Culturale,  presenta la terza edizione di Giorni Felici a Casa Testori, una grande scommessa già vinta nel 2009 e nel 2010.

La casa natale di Giovanni Testori a Novate Milanese ospita un nuovo gruppo di artisti che, come negli anni passati, si confronterà con uno spazio sui generis e  suggestivo, occupando ciascuno una delle 22 stanze.

Casa Testori si trasformerà in una fucina di cratività e scambi su modello di una  Kunsthaus  tedesca capace di coinvolgere un pubblico eterogeneo, di cultori e di semplici curiosi.

La mostra avrà come prima mission il supporto dei giovani artisti di talento, affiancandoli a maestri già affermati a livello internazionale.

In attesa di ricevere nuovità sulla prossima edizione visita l’archivio di Giorni Felici 2009 e Giorni Felici 2010.

EASY COME EASY GO

CASA TESTORI OSPITA LA PERSONALE DI ANDREA MASTROVITO – VINCITORE DI GIORNI FELICI 2010

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Il programma espositivo di Casa Testori per il 2011 si apre con la mostra del vincitore della rassegna Giorni Felici 2010. Andrea Mastrovito, bergamasco classe 1978, è stato l’artista più votato dal pubblico e ora, nelle stesse stanze che lo hanno consacrato, propone un’eccezionale antologica. Per quanto molto giovane, Mastrovito è un artista internazionale che vive tra Bergamo e New York e ha all’attivo numerose mostre in Italia, in Europa e negli Stati Uniti. Anche grazie alla sua straordinaria capacità nel disegno e nell’utilizzare, trasformandoli, i più diversi materiali, Andrea ha dato vita ad opere installative e multimediali che hanno affascinato i visitatori dei due continenti: dal Museum of Art and Design di New York, alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino, al Museo Pecci di Prato e al MAXXI di Roma.

A Casa Testori Mastrovito realizza la sua personale più ambiziosa, invadendo le 20 stanze della casa con disegni, collage, videoanimazioni, installazioni e interventi site-specific sui muri e gli ambienti della casa. Il titolo, Easy come, easy go (Così come vengo, così me ne vado) è un verso di Bohemian Rhapsody, la celebre canzone dei Queen protagonista di una delle stanze, oltre che degli ultimi mesi di vita di Giovanni Testori; il verso, traducibile anche con “mi lascio trasportare, sono un indolente” è stato scelto dall’artista come espressione della giovinezza in genere, del proprio carattere e della condizione dell’artista a Casa Testori, chiamato a fare i conti con un luogo magico e pieno di storia.

Mastrovito al pian terreno si soffermerà su alcune delle opere realizzate negli ultimi anni, mostrando al pubblico per la prima volta le radici nascoste del suo lavoro in un’inedita raccolta di 26 autoritratti a matita. Ogni stanza riserverà una scoperta e, grazie alle celebri installazioni di libri ritagliati, un’aiuola fiorirà nella stanza del camino, una biblioteca virtuale di fotocopie ritornerà nella biblioteca testoriana mentre la drammatica video-installazione Johnny colmerà di emozioni il grande salone della casa. Molte saranno le novità proposte da questo artista così versatile e capace di non lasciare indifferenti i grandi curatori di mostre come i semplici visitatori. Molti gli interventi appositamente realizzati e, al primo piano, grazie ad incisioni sul muro che disegnano la figura umana attraverso gli strati d’intonaco e vernice accumulatosi nei 100 anni di vita della casa, Mastrovito farà venire a galla la storia di questo luogo e il visitatore verrà “accompagnato” dalla presenza del padrone di casa: Giovanni Testori.

La mostra è curata da Julia Draganovic, responsabile di importanti rassegne internazionali come Art Miami (2009-2010) e Art First (2010-2011), nonché direttrice artistica d’istituzioni pubbliche, come il Chelsea Art Museum di New York (2005-2006) e del PAN – Palazzo delle Arti Napoli (2007-2008).

Emanuele Dottori, IL BUCO CON LA CITTÀ INTORNO

Stanza 15

Mi piace guardare attentamente, osservare, analizzare, anatomizzare ogni cosa che mi circonda. Soprattutto l’architettura, la città, da percorrere, attraversare. Da questo vengono i miei soggetti: sono tutti luoghi che ho osservato, attraversato nel mio quotidiano. Skylight è il buco della Stazione Centrale di Milano, il lucernario che dal centro del piazzale si tuffa nella metro. Tutti ci passano, molti lo vedono, ma nessuno sa che c’è. Ho iniziato a guardarlo perché mi sono accorto che c’era e ho iniziato a dipingerlo perché mi sono accorto di quante cose contenesse, in quei pochi metri di vuoto: dal buco, dalla metro, si vede il buco stesso (il suo “spessore”) con i suoi anelli rossi, e al di là di esso si vede il cielo con i suoi colori, i suoi grigi, le sue nuvole. La piazza, la stazione Centrale, il grattacielo Pirelli si intravedono, fanno capolino da dietro le sue curve, come per buttarsi dentro il buco. E sono dentro: nei vetri a metà del buco è riflessa tutta la città con i suoi simboli. Al piano basso c’è la metro le sue luci, gli ingressi, i sottopassi, i negozi, i tornelli, le scale, gli spazi, le uscite; al piano alto, guardando intorno si vedono altri spazi, altre uscite, intorno al buco; è una sorta di davanzale a metà tra la piazza e la metro da cui si vede fuori e dentro al buco: la sua piazza sotterranea a cielo aperto, in basso, percorsa dai pendolari, bagnata dalla pioggia, disegnata da un cerchio di neve bianca, quando c’è. E una volta usciti, da sopra, dalla piazza, guardando dentro, si vedono i suoi gironi rossi, si intuisce la sua geometria perfetta, il ripetersi dei cerchi, si vede meglio il suo vuoto, il suo aprirsi in mezzo alla città. Un anello lo circonda, impedendoci di finire di sotto. Questi 210 acquerelli sono una sintesi di tutte quelle cose che ho visto, osservato, attraversato, scoperto, standoci davanti. Anzi, dentro, fuori, intorno… Davanti.
Emanuele Dottori

Emanuele Dottori crea paesaggi architettonici interiori, dove ritorna il discorso del luogo-avatar, in cui si incarnano diversi modi di essere. Esemplari a questo proposito, le rielaborazioni pittoriche del lucernario della piazza antistante la Stazione Centrale di Milano: Dottori è partito da alcune foto realizzate con Google Earth e già in questa fase è riuscito ad umanizzare lo spazio e a rendere ambiguamente antropomorfo o perlomeno organico il lucernario, che in questo contesto assume le sembianze di una gigantesca bocca spalancata memore dell’immaginario di Guerre Stellari. Infine l’artista passa dalla rielaborazione all’astrazione, allontanandosi apparentemente dalla fisicità virtuale dell’immagine di internet, per passare a una visione interiore e personale, che trattiene comunque il senso dell’umanizzazione del luogo.
Mario Gerosa

Emanuele Dottori è nato a Cernusco sul Naviglio nel 1983. Attualmente vive e lavora a Roma. Nel 2006 si è diplomato all’Accademia di Belle Arti di Brera. Nel 2006 ha esposto Villa Fiorita allo spazio Gheroartè di Corsico. Nel 2007 ha tenuto una mostra allo Spazo Oberdan di Castelseprio e nel 2009 la personale Skylight_Disegni alla Sala rossa della Galleria Ghiggini di Varese. Ad aprile 2010 si è conclusa Skylight_Disegni e Collages presso lo Studio Maffei di Milano.

Mario Dellavedova, QUASI PURO ESERCIZIO FORMALE

Stanza 19

Per Giorni Felici si è scelto di entrare subito nei dettagli: tele che si richiamano a motivi tradizionali del sud ovest messicano tinte naturalmente e tessute su telai a mano… Che fanno da sfondo a scritte al neon (luminosità glacialmente calda)… Del genere aporie… Testi di canzoni… Frasi fatte poliglotte. Come “refined roughness” (rugosità raffinata). Una congiunzione o coniugazione tra regionale, locale, ancestrale e modernità globalizzata… Come “quasi-puro esercizio formale”.
Mario Dellavedova

Lo stile dell’artista non è facilmente identificabile, dal momento che questo è intenzionalmente “decostruito” a favore di plurime e costruttive chiavi di lettura. Le sue opere, che spaziano in diversi campi, giungono alla pittura, alla scultura, alle installazioni, ma anche ad altri mezzi, rifacendosi ad oggetti, materiali e linguaggi provenienti dalle culture passate e contemporanee. Questi elementi vengono scomposti e ricomposti azzerati e rielaborati in modo che acquistino un senso logico o una semplice e palese giustificazione a prima vista non così evidente, soprattutto se accomunati tra loro e non accumulati. La parola scritta, spesso utilizzata dall’artista, è tolta dal suo ambito culturale per essere formalizzata attraverso oggetti improbabili ma che allo stesso tempo ne caratterizzano lo stato, proponendo allo spettatore una riflessione sul ruolo dell’artista e sul linguaggio dell’arte eludendone i privilegi. Il gioco di parole, la metafora, l’ironia sottile riportano ad un ambito concettuale che di proposito contrasta con l’aspetto a volte artigianale dei manufatti prodotti o utilizzati e con la semplicità del metterli assieme.
Carlotta Testori

Mario Dellavedova è nato a Legnano nel 1958. Si è laureato in architettura e ora vive tra Taxco in Messico e Villastanza, in provincia di Milano. Le sue opere sono state esposte in molti musei e gallerie in Italia e all’estero: in Giappone, Stati Uniti, Cina, Messico Germania, Austria e Spagna. Ha tenuto la sua prima mostra personale nel 1984 alla Rocca d’Angera. Nel 1987 ha esposto allo studio Corrado Levi di Milano e alla Guido Carbone Gallery di Torino, nel 1987 a Le Case d’Arte Gallery di Cologne e nel 1990 a Le Case d’Arte di Milano, nel 1991 alla Galleria in Arco di Torino, nel 1992 e nel 1995 alla Sperone Gallery di Roma e nel 1993 nella sede newyorkese della stessa galleria. Nel 1996 ha tenuto una mostra alla Stadtpark Gallery di Krems, nel 1997 alla Galleria 1000eventi di Milano e nel 2000 la Galleria Mazzoli di Modena ha ospitato due sue personali. Nello stesso anno ha tenuto una personale al Museo de las Artes di Guadalajara in Messico, nel 2003 si è svolta la mostra And all that remains is founded by poets alla Sperone – Westwater Gallery di New York e nel 2004 Domestic lights, domestic flights, domestic delights alla Galleria Sprovieri di Londra. Nel 2009 alcuni dei suoi ultimi lavori sono stati presentati alla Galleria Mazzoli di Modena in occasione della mostra ABCD…Benvenuto, Chucchi, Dellavedova.

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