L’opera di Urso era installata in stretto dialogo con la Biblioteca d’Arte di Giovanni Testori, giunta al termine del suo riordino. La grande libreria, posta alla base della scala, raccoglie le monografie degli artisti medioevali e moderni fino al Settecento. L’intervento di Urso fioriva tra i volumi e s’inerpicava lungo la salita al primo piano, rendendo il grande scalone un omaggio al pittore tedesco Hans Memling (1430-1494) e al suo celebre Giudizio Universale, il cosiddetto Trittico di Danzica(1470 circa). Disposti tra i libri, nove diorami restituivano la composizione: dal Cristo giudice – potente tanto da non trattenere la propria forza entro il vetro – alle anime salvate, purganti e dannate. In questi teatrini magici (Stations of the Cross, 2016) le immagini del Trittico acquisivano la terza dimensione grazie ad elementi apparentemente estranei, che li riportavano a una temperie domestica. Nella serie lungo le scale (A study on The Last Judgment of Hans Memling, 2015/2016) la natura si faceva matrigna e, sostituendosi alle fiamme in una funzione tutt’altro che decorativa, non rallentava i tormenti dei dannati ma partecipava alle pene soggettive.
Author: Alessandro Frangi
UNA SCALA PER MEMLING
STANZA 8 – NELLO STUDIO
La stanza finale si apre su un grande lavoro di Samorì. È una crasi tra due dipinti di Simone Cantarini e Giorgio Vasari, raffiguranti una Resurrezione, nella parte bassa, e un’Immacolata Concezione, evocata nella parte alta, quella maggiormente compromessa e impressa dal processo creativo. La grande simmetria della corrosione è ottenuta, infatti, ripiegando la tela fresca su se stessa, lungo l’asse verticale, inserendo un ordine nel caos della macchia. Un elemento di materialità astratta nella forma, ma concreta nella genesi, si associa, accentuandola, all’immaterialità e concretezza degli episodi evocati. Matteo Fato presenta qui i suoi ultimilavori: sono florilegi cromatici di grande leggerezza e pregnanza insieme. In un processo di schedaturaanalogo alle tele monocrome della stanza precedente, queste tele hanno la funzione di riassumere la storia creativa dell’artista, ripercorrendone le linee tracciate nello spazio negli anni, e campionandone i colori. A posteriori, viene rievocato il processo creativo dell’opera, spesso già dichiarato in corso, come nella pulitura dei pennelli utilizzati, che affianca il ritratto di Flaiano in veranda o copre il libro ai piedi del cavalletto, nel salone. Intorno allo scoccare dei 40 – età vicinissima ad artisti e curatore – questa mostra è ben più che una bipersonale. È un’occasione di ricapitolazione, in cui cogliere analogie e ricerche, ripercorrere prassi e passi progettuali, colti alla partenza di nuove strade e sperimentazioni creative che già s’intravvedono.
LE OPERE
Nicola Samorì, Miriade, 2018, olio su lino, Courtesy EIGEN+ART, Berlin/Leipzig
Matteo Fato, Florilegio (2), 2018 circa, olio su lino, cassa da trasporto in multistrato, Courtesy dell’Artista e Galleria Michela Rizzo, Venezia
Matteo Fato, Florilegio (3), 2018 circa, olio su lino, cassa da trasporto in multistrato, Courtesy dell’Artista e Galleria Michela Rizzo, Venezia
All’ingresso: Matteo Fato, Senza titolo (libro), 2014, Catalogo di Ca’ dei Ricchi, incollato con preparazione a pigmento olio su libro, piedistallo in multistrato, MDF e specchio, Collezione privata
STANZA 7 – NELLA SALA DEL CAMINO
Le opere dei due artisti si affiancano, una sopra l’altra, intorno al camino che domina la stanza. Nero su nero, il dipinto di Samorì si lascia inquadrare dalla cornice marmorea, chiedendo al visitatore di chinarsi alla ricerca della figura, desunta da un ritratto fiammingo del Cinquecento. Sul camino non poteva che trovar posto un ritratto ufficiale, che Fato evoca lasciandone visibile l’armatura, ma celandone i tratti inconfondibili. Nella parete di fronte, al fianco di un suo affresco che evoca una figura femminile, Samorì incastona nella parete un profondo omaggio testoriano. Sopra l’immagine della Testa del Battista di Francesco Cairo appartenuta allo scrittore, una cascata di fili evoca le 73 Teste del Battista, realizzate da Testori con il sottile tratto della pennastilografica ed esposte al primo piano. A chiudere la stanza, nell’angolo accanto, un’opera composita di MatteoFato parte dalla suggestione del fuoco, iridescente perché fatuo, qui idealmente sottratto al camino centraleper essere ritratto sulla tela e ripetuto in controparte nell’incisione che l’affianca, a sua volta posta come unapala d’altare su un “paliotto” di monocromi molto cari all’artista.
LE OPERE
Nicola Samorì, Manto minimo, 2011, olio su tavola, AmC Collezione Coppola, Vicenza
Matteo Fato, Nudo all’Antica (4), 2014, olio su lino, cassa da trasporto in multistrato, Courtesy dell’Artista e Galleria Michela Rizzo, Venezia
Nicola Samorì, Babette, 2017, affresco su alveolam Courtesy Monitor, Roma/Lisbona
Nicola Samorì, Profeta, 2018, olio su rame, cornice antica, Courtesy Monitor, Roma/Lisbona
Matteo Fato, (will-o-the-wisp), 2015 / 2018, olio su lino, cassa da trasporto in multistrato, colla di coniglio e pigmento su lino, puntasecca su rame, cornice in MDF, Courtesy dell’Artista e Galleria Michela Rizzo, Venezia
Matteo Fato, Senza titolo (Nuvola II), 2015, olio su lino, cassa da trasporto
in multistrato e specchio, Courtesy dell’Artista e Galleria Michela Rizzo Venezia
STANZA 6 – NEL “GIARDINO D’INVERNO”
La stanza dipinta da Massimo Kaufmann nel 2014 – coinvolgendo diversi amici artisti a partecipare all’impresa – accoglie l’opera simbolo della mostra. Come due facce della stessa medaglia, i piccoli dipinti, posti al centro in un’intelaiatura lignea, raccontano due episodi analoghi e opposti insieme, tra storia e finzione. L’opera di Samorì prende spunto da una celebre foto che immortala due “Monuments men” nel momento del recupero di un Autoritratto di Rembrandt, occultato dai Nazisti. Fato racconta, invece, un ritrovamento nel segno del fake, e del grottesco: la grande testa è uno pseudo reperto romano emerso su una spiaggia americana, e proveniente dai vicini Studios di Hollywood, dove era stato creato per un colossal storico pochi anni prima.
LE OPERE
Nicola Samorì, Salt, 2013, olio su tavola, AmC Collezione Coppola, Vicenza
Matteo Fato, Senza titolo, 2013, olio su lino, cassa da trasporto in multistrato, Collezione privata
STANZA 5 – NELL’ALTRA CUCINA
Grazie all’intervento di Matteo Fato la stanza si trasforma completamente, diventando, di fatto, un articolato polittico in cui il visitatore è chiamato a entrare, partecipandovi. Si squaderna davanti a noi la mente dell’artista, permettendoci di scoprirne il processo creativo dell’opera. Sulle pareti troviamo, dipinti singolarmente, una persona anziana spaesata, una forchetta incomprensibilmente confitta in una trave e una pianta profumata. Tre elementi realmente colti nel luogo che ha ispirato l’opera, messi in dialogo. Un’unità che diventa fusione nel collage con la cornice di specchi e nel grande dipinto finale. Le immagini sono in qualche modo riassunte e “illuminate” dalla dominante di colore della sala, espressa nel monocromo verde, e da un flebile neon; si tratta di un elemento che per l’artista evoca in sé la terza dimensione – Fontana docet – ma che è anche un elemento di disturbo, che deconcentra dalla visione delle tele. È uno spaesamento necessario, voluto dall’artista, che invita alla ricerca di una percezione reale del proprio lavoro, grazie al superamento della visione frontale del dipinto.
L’OPERA
Matteo Fato, Senza titolo con Collage (impersonale), 2012 / 2016, olio su lino, colla di coniglio e pigmento su lino, casse da trasporto in multistrato, scultura in neon, collage su carta, cornice in multistrato e specchio
Courtesy dell’Artista e Galleria Michela Rizzo, Venezia
STANZA 4 – AI PIEDI DELLA SCALA
Due piccoli punti di unità e dissimiglianza si affiancano anche nella parete di fronte alla grande scala. Una presenza discreta, significativamente accanto alla grande libreria dedicata ai maestri del passato. A destra, il volto della persona amata si concentra in un filo sottile ma tenace, a sinistra, il segno vorticoso di Fato preannuncia l’esplosione di colore che attende il visitatore nella seconda parte della casa.
LE OPERE
Nicola Samorì, Senza titolo, 2017, olio su rame, AmC Collezione Coppola, Vicenza, Courtesy EIGEN+ART, Berlino/Leipzig
Matteo Fato, Florilegio (6), 2018 circa, olio su tela, cassa da trasporto in multistrato, Courtesy dell’Artista e Galleria Michela Rizzo, Venezia
STANZA 3 – IN VERANDA
Una grande scultura in legno di Samorì domina il centro della stanza in stretto rapporto con il giardino di Casa Testori. Si tratta di una scultura che simula le forme della natura, ricreandole in modo artificiale per comporre una figura antropomorfa, visibile ma irriconoscibile. La testa, realizzata con un legno corroso dalle onde e ritrovato sulla spiaggia, guarda il dittico di Matteo Fato dedicato a Ennio Flaiano, ritratto con i lineamenti dolci di un tessuto caro all’artista che ne ha rimodulato le forme, in un atto di dolce affinità, nata dalla lettura del suo Autobiografia del Blu di Prussia.
LE OPERE
Nicola Samorì, Dell’arpia, 2017, legno di noce e pioppo
Matteo Fato, Autoritratto (del) Blu di Prussia, 2017, olio su lino, olio su tavola, cassa da tra- sporto in multistrato, AmC Collezione Coppola, Vicenza, Courtesy dell’Artista e Galleria Michela Rizzo, Venezia
STANZA 2 – IN SALONE
Sul camino, un busto di sapore neoclassico è realizzato da Samorì in onice, scolpendo un blocco fortemente compromesso dalle impurità naturali della pietra. La scultura è costruita, così, togliendo parte della materia che cresceva intorno a un vuoto. Di fronte, con una serie di piccoli quadri, l’artista presenta alcune variazioni intorno a due volti del pittore Hans Memling, tormentati dalla punta di un bulino, dal cammino di una cimice sul colore ancora fresco o parzialmente celati dalla sottrazione della pellicola pittorica, fino a evocare la presenza di un burqa. Ma il salone è il luogo di un omaggio a Giovanni Testori e non solo grazie al dipinto su rame, tratto da uno dei due David di Tanzio da Varallo, autore riscoperto e prediletto dal padrone di casa. Entra in scena, infatti, il secondo protagonista della mostra: Matteo Fato realizza un triplo ritratto di Testori e della sua Biblioteca, costruito intorno al cavalletto appartenuto allo scrittore-pittore. Il materiale ligneo, sempre protagonista dell’opera di Fato, qui crea un blocco solo apparentemente unitario, a evocare le pile di libri che attorniavano Testori, e posto a reggerne uno, completamente trasformato in pittura. In una fusione totale tra colore e parola, un altro libro appartenuto a Testori viene così premuto sul ritratto ancora fresco, tanto da assorbirne i lineamenti del volto posto accanto, in un processo che evoca una sinopia, la Sindone o il lino della Veronica.
LE OPERE
Nicola Samorì, Onichina (madremacchia), 2017/18, Onice messicano
Nicola Samorì, Testa con lacrima, 2017, olio su tavola, AmC Collezione Coppola, Courtesy Monitor, Roma/Lisbona
Nicola Samorì, Madonna dello zucchero, 2016, olio su tavola, AmC Collezione Coppola, Vicenza, Courtesy Monitor, Roma/Lisbona
Nicola Samorì, Traspirazione della Vergine, 2016, olio su tavola, AmC Collezione Coppola, Vicenza, Courtesy Monitor, Roma/Lisbona
Nicola Samorì, Pestante, 2018, olio su rame, Courtesy Monitor, Roma/ Lisbona
Matteo Fato, Il fatalista senza padrone (1923 – 1993), 2018, olio su lino, olio su libro incollato con preparazione a pigmento, cassa da trasporto in multistrato, olio su libro incollato con preparazione a pigmento, piedistallo in multistrato, Courtesy dell’Artista e Galleria Michela Rizzo, Venezia
STANZA 1 – IN SALA DA PRANZO
Sono tre lavori di Nicola Samorì ad accoglierci in mostra. La grande opera posta sulla parete di fronte a noi è realizzata dipingendo una precisa copia di una Maddalena di Luca Giordano, a colore ancora fresco, spingendo la pellicola pittorica verso il basso, tanto da farla arricciare su se stessa, pregiudicandone quasi totalmente la leggibilità. Non si tratta però di una semplice deturpazione, ma di un modo con cui l’artista accentua la drammaticità esistenziale vissuta dalla santa, che riemerge dal vuoto con ancor più forza. Di fronte, due affreschi strappati e incisi, ad accentuarne la potenza visiva, hanno come punto di partenza altrettante piccole sculture: a destra, un Cristo risorto di area tedesca, a sinistra, una statua antropomorfa, eseguita con materiali diversi dall’artista stesso.
LE OPERE
Nicola Samorì, Il cavacarne, 2014/15 olio su rame, AmC Collezione Coppola, Vicenza
Nicola Samorì, Firmamento, 2017 Affresco su alveolam, Courtesy Monitor, Roma/Lisbona
Nicola Samorì, Pentesilea, 2017/18, Affresco strappato
STANZA 11 – LA CANTINA
La scelta di realizzare l’anteprima del secondo capitolo del lavoro A nostra immagine e somiglianza (2018) di Filippo Berta a Casa Testori è conseguente alle suggestioni che l’autore ha ricevuto visitando il luogo e studiando il pensiero dello scrittore, tanto che l’opera vuole essere un omaggio testoriano, una sorta di “ritratto” ideale. L’azione — in corso durante il vernissage della mostra e poi esposta in forma di documentazione video — vede come protagonista un uomo di età avanzata, a simboleggiare una persona che si pone in modo consapevole nei confronti dei sistemi normativi e di potere — secolari o morali che siano — che ne regolano la vita; a differenza del precedente capitolo, dove il feticcio sovrastava le persone, in questo caso si instaura un rapporto paritario con il performer che inizia a giocare con un rosario, facendolo girare nell’indice della mano fino a farlo volare via. L’oggetto viene così privato della sua aura e trattato come un manufatto qualsiasi: questo non vuole però essere un gesto dissacratorio, ma quello di un individuo che intende rivendicare il proprio libero arbitrio. La scelta di collocare l’azione nel piano sotterraneo, nella cantina (e non al pianterreno, dunque in continuità con il resto della mostra) discende dal voler porre in rilievo la natura privata di questo micro-gesto, che avviene così in una atmosfera rarefatta dove, tra il performer e i pochi spettatori ammessi a ogni sessione, si instaura una relazione carica di pathos.
Filippo Berta, A nostra immagine e somiglianza 2, 2018 – in corso , performance, HD Video 2’ 00″