La spettacolare esposizione “Marina Abramović / Estasi”, a cura di Casa Testori e prodotte da Vanitasclub con la collaborazione di dell’assessorato alla Cultura e Turismo del Comune di Napoli dopo la tappa di Milano e nell’ambito del tour italiano, arriva all’interno di Castel dell’Ovo, il castello più antico di Napoli e per la sua posizione tra i simboli del capoluogo campano nel mondo. Questo castello, legato alla leggenda di Virgilio Mago, si prepara ora ad ospitare l’arte della madre della performance art, Marina Abramović, artista che ha una lunga familiarità con la città di Napoli, dove a 46 anni aveva tenuto la storica performance Rhytm 0 alla Galleria Studio Morra. La nuova esposizione, che si presenta profondamente diversa, è destinata però a sorprendere ed emozionare ugualmente i visitatori. “L’Italia ha dimostrato grande coraggio e un profondo senso di comunità e umanità. Italia ti amo e il mio cuore è con te”, ha detto l’artista per sostenere il nostro Paese nella sfida della ripresa del dopo virus. La mostra di Napoli è un’occasione che va proprio in questa direzione e sarà organizzata e proposta al pubblico nel completo rispetto delle disposizioni governative e di sicurezza previste durante la fase di ripresa post emergenza Covid.
L’esperienza, allestita nella Sala delle Carceri adibita nel tempo a galera del castello, è composta dal ciclo di video denominato “The Kitchen. Homage to Saint Therese”, un’opera molto significativa nella quale Marina Abramović si relaziona con una delle più importanti figure del cattolicesimo, Santa Teresa d’Avila. L’opera si compone di tre maxi video, che documentano altrettante performance tenute nel 2009 dall’artista nell’ex convento di La Laboral a Gijón, in Spagna. L’esposizione, unita al luogo e agli spettacolari allestimenti che saranno realizzati, contribuiranno a rendere incredibile l’esperienza che sta per arrivare nella città partenopea.
Attenzione: Marina Abramović non sarà fisicamente presente durante l’esposizione.
Il 30 luglio arriva in libreria la nuova edizione di In Exitu, uno dei più importanti testi di Giovanni Testori. La nuova edizione esce nella collana Universale Feltrinelli (9 euro), è arricchita da una bellissima introduzione di Sonia Bergamasco.
UNA FORZA CREANTE Tornavamo a casa io e mia mamma, da Lasnigo. Eravamo andati a fare la spesa. Avrò avuto due anni e mezzo o tre. Era l’ora della sera, all’imbrunire, ed ecco che, per la strada, scendeva un uomo, con la testa reclinata, tra due carabinieri. Era legato con le catene. Conoscevo quell’uomo, l’avevo visto passare qualche volta mentre noi bambini si era a giocare nei prati. Incrociandomi sulla strada mi ha guardato e ha aperto la bocca per dirmi…non so, non so proprio. Non riuscii a sentire. Forse un semplice ciao o forse, chissà. Poi mi sono voltato e anche lui si voltò e ancora aprì la bocca, ma eravamo ormai troppo lontani. Ho chiesto piano, sottovoce, a mia mamma: “Ma cos’ha fatto?” E lei, svelta, per non farsi sentire: “Pare che abbia rubato una mucca…” Intanto mi chiedevo: “Dove va?”, “Non vedrà più nessuno?”, e soprattutto, “Cos’ha detto?”.
E’ questo un ricordo che mi perseguita e ogni volta che mi riappare ho un grumo di interrogazioni che si sviluppano dentro. Cosa posso fare io perché quella bocca che s’è aperta davanti ai miei occhi, in quella sera, non muoia? Cosa posso fare perché non venga diminuito il suo segno, non solo in me, ma nella sua realtà? Qual è quella parola?
La madre, il figlio, l’altro. I personaggi principali sono già tutti lì, nel ricordo di quell’episodio dell’infanzia di Testori. E la spaventosa forza di attrazione che il buco nero di quella bocca esercita su Giovanni bambino stimolerà da quel giorno le fantasie più segrete della sua immaginazione e lo spingerà a riproporre quella scena primaria ancora e sempre.
Impressiona, nel ricordo, la tenerissima età del bambino. Ha appena imparato ad articolare le parole per farsi capire e per cercare di comprendere, e la parola non detta di un adulto, la bocca nera di un “vinto”, lo trafiggono per sempre. Accanto al piccolo Giovanni, a “tradurre” per lui quella scena, sta la madre – la Beatrice del poeta – d’ora in poi anello di congiunzione tra dicibile e indicibile.
A vent’anni Giovanni Testori scrive un atto unico intitolato La morte in cui mette in scena una madre (con rosario), un figlio moribondo e un testimone del fatto. Molti anni dopo, un Testori sessantacinquenne, ripropone quella scena divorandone tutti i personaggi – Polifemo accecato – per lasciare che solo quel giovante morente e disgraziato, il Nessuno della storia, trovi la via d’uscita e dia vita, attraverso la parola, ad una delle azioni linguistiche più sfrenate e sconvolgenti del Novecento italiano.
Testori presenta In exitu come romanzo. Ma se è vero, come lui dice, che il luogo del teatro non è scenico ma verbale,e se è vero, come lui dice, cheil punto di partenza del teatro è il personaggio solo, il personaggio monologante, allora il romanzo In exitu è già teatro, ancora prima di diventarlo, a pochi mesi dalla pubblicazione, nella rielaborazione scenica che vedrà protagonisti lo stesso autore (lo scrivano) e Franco Branciaroli (Riboldi Gino).
In exitu è una pietà cristiana in cui il figlio che infinitamente muore non lascia che le braccia della madre lo reggano più – la madre è un’immagine di dolore troppo straziante,una madonna che piange, mutissima, e altrove. (…) Sonia Bergamasco
13 ritratti in vetrina Un progetto di Casa Testori e Collezione Poscio A cura di Giuseppe Frangi Casa De Rodis, Domodossola 11 Luglio – 11 Ottobre 2020
È dedicata al tema del ritratto la mostra “Umano molto umano” che Collezione Poscio ha proposto a Casa De Rodis per l’estate 2020. Curata da Casa Testori, l’esposizione ha preso spunto da un dato di attualità: nei drammatici mesi segnati dall’epidemia del Coronavirus siamo stati tutti profondamente segnati dai volti di coloro che erano in prima linea negli ospedali e nelle terapie intensive. I “ritratti” fotografici di infermieri e medici ci hanno messo davanti volti di un’intensità umana difficilmente dimenticabile. Sono immagini che ripropongono il senso del fare un “ritratto”: che non è semplice restituzione delle sembianze di una persona, ma esplorazione e disvelamento di una condizione umana. È una coscienza che gli artisti hanno sempre avuto e che la mostra si propone di riscoprire attraverso la presentazione di 13 grandi ritratti dall’inizio del Novecento ai giorni nostri. Il titolo dell’esposizione, “Umano molto umano”, vuole proprio sottolineare questo aspetto che dà pienamente valore e senso al genere del ritratto. Per venire incontro alle regole e alle limitazioni dettate dalla post pandemia, la mostra si è sviluppata come un palinsesto teatrale: i ritratti, infatti, sono apparsi in sequenza dietro la grande vetrina di Casa De Rodis, per 13 settimane. Ogni sabato si è assistito al rito di “apparizione” di un nuovo volto, secondo un preciso calendario: i visitatori e i passanti sono stati invitati a esplorare e ad approfondire il singolo ritratto grazie a un testo su pannello che, oltre ai dati storici, offriva una lettura in profondità dell’opera. L’esposizione era pienamente una mostra “su piazza”: infatti, grazie ad una suggestiva soluzione espositiva, i 13 ritratti – dall’11 luglio all’11 ottobre – si sono affacciati, naturalmente in riproduzione, dalle finestre di Casa De Rodis, e quindi sulla centralissima piazza Mercato a Domodossola. Per tutto l’arco di tempo, ogni settimana, si sono susseguite alcune opere di grande importanza come il Ritratto della madre di Umberto Boccioni proveniente dalla Galleria Ricci Oddi di Piacenza e il Ritratto di Mario Alicata, uno dei capolavori di Renato Guttuso. Ad aprire l’esposizione è stato un dipinto realizzato per l’occasione da Barbara Nahmad: il Ritratto di un ritratto con protagonistaMonica Falocchi, capoinfermiera della Terapia intensiva agli Spedali di Brescia. Monica Falocchi è uno dei volti simbolo che hanno segnato i mesi dell’epidemia: infatti il suo volto, fotografato da Andrea Frazzetta, è andato sulla copertina del New York Times Magazine.
CALENDARIO DELLA MOSTRA
11 – 17 luglio: Barbara Nahmad, Ritratto di un ritratto (COVID-19, Brescia), 2020 18 – 24 luglio: Ottone Rosai, Ritratto di Ottavio Fanfani, 1946 25 – 31 luglio: Beppe Devalle, Ritratto di Jo, 2010 1 – 7 agosto: Giovanni Testori, Ritratto di donna, 1977 8 – 14 agosto: Filippo De Pisis, Garçon de Boulevards, 1928 15 – 21 agosto: Carlo Fornara, Ritratto della sorella Marietta davanti alla chiesa del lazzaretto a Prestinone, 1896 22 – 28 agosto: Aldo Mondino, Ritratto, 1987 29 agosto – 4 settembre: Giosetta Fioroni, Liberty in gabbia, 1969 5 – 11 settembre: Mario Schifano, Ritratto di Boccioni, 1985 12 – 18 settembre: Renato Guttuso, Ritratto di Mario Alicata, 1940 19 – 25 settembre: Gianfranco Ferroni, Autoritratto, 1946 26 settembre – 2 ottobre: Matteo Fato, Ritratto di Charles Duke (Moon1972), 2019 3 – 11 ottobre: Umberto Boccioni, Ritratto della madre, 1911/12
EVENTI COLLATERALI
I MIEI RITRATTI IN PRIMA LINEA Unione Montana delle Valli dell’Ossola, Domodossola 25 Settembre 2020
Incontro con il fotografo Andrea Frazzetta (vincitore del premio Ischia internazionale di giornalismo 2020) con la partecipazione di Monica Falocchi, capoinfermiera della terapia intensiva degli Spedali Civili di Brescia (volto di copertina del “New York Time Magazine”) e dell’artista Barbara Nahmad e con la moderazione di Giuseppe Frangi.
FINISSAGE VIRTUALE 16 Ottobre 2020
A chiusura della mostra si è svolto un incontro (via Zoom), ad accesso libero, con la partecipazione di Giuseppe Frangi, vicepresidente di Casa Testori, Stella Poscio, presidente di Casa de Rodis, e Massimo Ferrari, presidente della Galleria Ricci Oddi di Piacenza, il museo proprietario del Ritratto della madre di Umberto Boccioni con il quale si è chiuso il calendario espositivo.
Barbara Nahmad
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Ottone Rosai
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Jo (Jolanda Devalle) 2010 Olio e Acrilico su tela 120x100
Ogni cosa passa e lascia ed è proprio quello che resta che l’immagine che abbiamo costruito cerca di mostrare. In una sorta di costruzione di una memoria del presente, ho fotografato tutti i disegni/dipinti che mia figlia Agata ha realizzato dall’8 marzo al 31 maggio 2020. Nel tentativo di cogliere l’unità dal molteplice, tutte le fotografie sono state sovrapposte digitalmente le une sulle altre fino a disgregarsi, ma la diluizione cromatica di esse è semplicemente una via ad una nuova costruzione che viene affidata allo sguardo di chi osserva l’opera. La percezione e la produzione dell’immagine colta nel suo scorrimento, consente all’opera di divenire un contenitore di un tempo e di un luogo emotivamente vissuto.
Ricordanza – A.H. (08 marzo – 31 maggio 2020), 2020, Stampa ink-jet su carta fine art, Cm 80 x 60.
SUPERCALL-LA MOSTRA Dal 27.6.2020 al 16.7.2020 Inaugurazione 27 giugno 2020 h 17.00 A cura di Supergiovane, in collaborazione con Casa Testori, Studio 4×4, Via Garibaldi 34, Pietrasanta (LU).
Dal comunicato: Supergiovane è lieta di comunicare l’inaugurazione della mostra “SUPERCALL”. Lanciata sui canali social durante la quarantena, la call di Supergiovane : “SUPERCALL” ha raccolto le testimonianze visive e personali di oltre 50 artisti contemporanei operanti in Italia e all’estero. Con l’intento di rintracciare i sentimenti dell’inedito stato di attesa durante il lockdown ed evidenziare le possibilità lavorative-artistiche anche in un periodo di stop, la Supercallha rintracciato negli artisti la forza di una vocazione personale del proprio lavoro, innestando un’energia e una resistenza che approda, grazie all’invito di Casa Testori, nella mostra. Nello spazio dello Studio 4×4 di Pietrasanta la selezione dei 13 artisti invitati ad esporre crea diversi dialoghi tracciati da legami fisici e visivi tra le opere, disposti a sfidare un tentativo di dialogo dal vivo. Sono accomunati dallo studio dei rilievi e delle forme impresse nella carta delle stampe di Ludovico Bomben e di Elisa Carutti, che introducono alla mostra. Bomben si inserisce nella trama della monocromia e nello studio astratto delle superfici mentre, nel caso di Elisa, il rilievo è vissuto e martoriato nelle trame delle rocce impresse sulla carta. Anche per Gaia Bernasconi la carta è il tramite per dare vita alle figure ritagliate e rinchiuse tra collage di fiori in ampolle di vetro dal sapore antico, figure segnate che non sono passate indenni al peso della vita, così come nelle micro installazioni di Camilla Alberti in cui il detrito raccolto, etichettato e fatto proprio è minuziosamente disposto a ricreare ambienti silenziosi, quasi piccole armonie o parchi gioco per formiche appassionate di modernismo. Nella stanza principale l’installazione delicata e sensuale di Agnese Spolverini costruisce l’ambiente ideale per un dialogo tutto al femminile. Nell’opera della Spolverini la veneziana rosa e il tappeto evocano una situazione di attesa, di presenze, che in realtà vivono e sussurrano al di là dello spazio creato dai materiali, in sintonia con la narrazione di immagini fotografiche di Eleonora Roaro che cancella con smalto rosa i corpi degli uomini in foto di matrimonio definendo la loro presenza non più necessaria alla narrazione, come una sorta di vendetta privata. Anche nel lavoro di Francesca Mussi la presenza della figura gioca un ruolo fondamentale: nei lavori presentati l’artista racconta per immagini una performance che non ha mai preso atto, dove il divano diventa emblema dello spazio in cui la figura stessa appare o scompare, come velata da un frame che non viene esposto. Altrettanto velate sono le apparizioni che Giulia Cacciuttolo realizza con numerosi strati sovrapposti di organza di seta stampata in bianco e nero da scansioni positive di negativi analogici, a formare quasi un tendaggio, in cui nel tempo si è impresso un paesaggio o quel che ne resta via via. La mostra prosegue nella corte esterna, e qui, a dare vita alle mura antiche, la pittura prende corpo nel dialogo tra i lavori di Beatrice Gelmetti, Francesco Zanatta e Jingge Dong accomunati dalla provenienza di area veneta, nei lavori di Gelmetti, come di Jingge, la materia e il gesto costruiscono forme appena intuibili. Più sinuose nella prima e più liquide nel secondo. Nelle tele di Zanatta le figure si impongo nell’immaginario dell’osservatore tramite metamorfosi e dialoghi con il paesaggio che le accompagna in un turbinio di colori. Un paesaggio ibrido o mutevole porta alle due opere conclusive della mostra. L’opera di Kristian Sturi si increspa come una superficie epidermica in dialogo con le variazioni ambientali e luminose, contrastando la superficie erosa del torrione. Allo stesso modo, la scultura in vetro di Matteo Messori si impone sul suolo della corte scomparendo delicatamente nella suggestiva atmosfera dello spazio, una forma ben definita che danza e si fonde nello spazio.
Artisti invitati: Camilla Alberti, Gaia Bernasconi, Ludovico Bomben, Giulia Cacciuttolo, Elisa Carutti, Beatrice Gelmetti, Jingge Dong, Matteo Messori, Francesca Mussi, Eleonora Roaro, Agnese Spolverini, Kristian Sturi, Francesco Zanatta. Supergiovane è un progetto indipendente nato a Milano nel 2018, finalizzato all’incubazione e accelerazione di idee super di giovani artisti.
Per info: supergiovane.com info@supergiovane.com @_supergiovane_
Andrea Bianconi A cura di Giuseppe Frangi Cima Carega 5 Luglio 2020
La performance artistica di Andrea Bianconi nasce dal pensiero meditato durante il lockdown: la ricerca della libertà negata, ma tanto ambita, il desiderio di fuggire dalle 4 pareti di casa e andare su, su per poter ammirare il mondo dall’alto. Matura proprio durante il periodo in cui gran parte dell’umanità è stata costretta a rimanere isolata, l’ultima idea artistica di Andrea Bianconi: portare l’arte in uno spazio sconfinato e da lì contaminarla nel più assoluto silenzio. Così prende corpo l’idea che domenica 5 luglio 2020 si è materializzata: portare una poltrona del progetto Sit Down to Have an Idea in cima a una montagna, la vetta più alta delle piccole Dolomiti. Spedizione Cima Carega è la nuova performance che Andrea Bianconi ha progettato in collaborazione con CasaTestori e Fondazione Coppola e che ha visto protagonisti, insieme all’artista, un gruppo di runner che, a turni di 10 minuti, hanno portato in spalla la poltrona partendo dal Rifugio Revolto (1.336 metri) per arrivare alla Cima Carega a 2.259 metri (con un dislivello di 1000 metri). Una montagna lontana da tutto, ma da dove si può ammirare un paesaggio che tocca tre diverse regioni: Trentino Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Il progetto è un sogno che si realizza per Andrea Bianconi. Come scrive il curatore Giuseppe Frangi nel suo testo critico «È un paesaggio fisico che probabilmente è diventato anche paesaggio mentale: possiamo immaginare che nei sogni notturni di Bianconi bambino quella montagna sia stato teatro di chissà quali avventure. Dato che un artista poco o tanto resta sempre bambino, i sogni di Andrea oggi non sono molto diversi. E tra i sogni c’è stato forse anche quello di fare della montagna un prolungamento dei propri spazi abituali…Ora ha immaginato questo upgrade: portare in alto la poltrona come si trattasse di un rito celebrativo. Consegnarla allo spazio rarefatto della montagna perché la custodisca e lei, da lassù, possa irradiare l’aria sottostante con le sue emissioni generose e positive». Una delle poltrone, dopo aver invaso la città di Bologna in ogni suo angolo – piazze, monumenti, uffici pubblici, scuole, ristoranti – è arrivata sulla Cima Carega grazie alla collaborazione dei runner di Durona Team che ha ideato la Durona Trail, una gara estrema che dalla valle del Chiampo arriva alle piccole Dolomiti e al Parco Naturale della Lessinia, con un dislivello di 2.800 metri. Lì rimarrà per sempre, sulla cima che abbraccia le tre regioni, a disposizione di quanti vorranno avventurarsi fino alla vetta e godere da lì dello straordinario panorama. A prendersi cura dell’opera sarà il Rifugio Fraccaroli, gestito da oltre 50 anni dalla Famiglia Baschera. Punto di arrivo e di partenza per la maggior parte delle escursioni nella catena, il rifugio Mario Fraccaroli (2.239 metri) si trova poco sotto Cima Carega (2.259 metri) nel comune di Ala (provincia di Trento). Costruito nel ‘52, il rifugio è circondato tutt’attorno da una panoramica terrazza che spazia su gran parte delle Alpi orientali, dalle Dolomiti e dalle Pale di San Martino alle Dolomiti di Brenta, fino a Venezia e al mare Adriatico nelle giornate eccezionalmente limpide. Il progetto di Andrea Bianconi, dunque, ha aperto gli spazi a nuove forme di fruizione dell’arte spingendosi fino alle vette dove poter arrivare, fermarsi, meditare e fruire di un’opera d’arte incorniciata da uno straordinario e infinito paesaggio naturale.
ARTE E FILOSOFIA, STRUMENTI DI COMUNITÀ Pierpaolo Casarin e Giuseppe Frangi
[…] Uno degli elementi che caratterizzano il quartiere San Siro e ne fanno un qualcosa di “unico” è quello di essere una “periferia interna”. Cioè non una periferia proiettata ai margini della città, ma una periferia nel cuore della città. Il tema dei confini è così un tema che segna il grande quadrilatero costruito tra il 1935 e il 1947, su progetto degli architetti Albini, Camus, Palanti, Battigalli, Fabbri, Minoletti, Cerutti e Putelli. «Negli anni i confini, già tracciati dal progetto originario – ma senza particolari elementi di cesura o di estrema differenziazione – si sono rimarcati e inspessiti, disegnando una geografia della separazione che tocca oggi particolari livelli di segregazione», ha scritto Francesca Cognetti, del Politecnico di Milano. La “passeggiata” da Piazzale Segesta a Piazzale Selinunte è stata pensata proprio per sperimentare il transito attraverso questo confine: da una parte il quartiere bello e benestante che si distende in direzione dell’Ippodromo e di San Siro, dall’altra il quartiere popolare ad altissima densità umana (in origine 6100 appartamenti), e ad altrettanto alta densità multietnica. […] La conclusione sta nell’obiettivo auspicato nel dare avvio a tutto il percorso: «Abiteremo nuovamente queste strade e queste piazze anche alla luce della loro identità da ri-abitare, ri-pensare e ri-creare».
Di piazza in piazza. Le due Milano di piazzale Segesta e Selinunte 17 settembre 2020 Con Pierpaolo Casarin, di Propositi di Filosofia, e Viviane Riqueur, docente al Liceo Francese Stendhal
Una passeggiata nelle due piazze, distanti poche centinaia di metri, caratterizzate da una toponomastica “sorella” ma con tante profonde differenze. Un percorso per conoscere, capire e provare a ricucire.
Tutto in cortile 8 ottobre 2020
Percorso nel cortile di Piazzale Selinunte, che custodisce intatto un rifugio antiaereo della Seconda Guerra Mondiale. La visita si è svolta con Simone Krasnovsky, docente di Associazione Punto.it, Giuseppe Frangi, giornalista e vicepresidente di Casa Testori e il professor Fulvio Irace, docente di Storia dell’architettura al Politecnico di Milano.
IL LIBRO
Il libro Selinunte. Milano contiene una ricca documentazione del progetto, con la trascrizione degli incontri e svolti e una galleria fotografica a cura di Enrico Pani. Puoi scaricarlo qui
Incontro con Aldo Scarpis, docente di greco al Liceo Parini. Conduce Simone Krasnovski. Qui il video dell’incontro: https://youtu.be/dWt9qEQkgWU
Piazze sul confine 25 Giugno 2020
Incontro con Viviane Riqueur, insegnante del Liceo Francese di Piazza Segesta. Conduce Pierpaolo Casarin. Qui il video dell’incontro: https://youtu.be/QH7pQsIyTJ8
La casa lontana da casa 2 Luglio 2020
Incontro con Marta Cereda, curatrice del progetto Appocundria, con il fotografo Giovanni Hänninen e con il videomaker Alberto Amoretti. Conduce Giuseppe Frangi. Qui il video dell’incontro: https://youtu.be/t_yUL4zwjHc
La periferia e il Bosco verticale 9 Luglio 2020
Incontro con Maurizio Guerri, docente dell’Accademia di Belle Arti di Brera. Conduce Pierpaolo Casarin. Qui il video dell’incontro: https://youtu.be/n2nFP1tjT_8
Questo ciclo di incontri fa parte del progetto Art & Philosophy for Community, a cura di Casa Testori, in collaborazione con Laboratorio di Quartiere San Siro, Amici del Laboratorio, Propositi di filosofia s.n.c, Associazione Punto.it, con il contributo del Comune di Milano.
Questo foglio (100x70cm) é stato il nostro tabellone da gioco, il nostro “tappeto” e il nostro think pad, per molti giorni: sul balcone a guardare e tracciare le ombre, a fare i contorni di piedi e giocattoli, poi accompagnando con suoni e parole inventate i segni, poi inventando dei modi di scriverne alcune e infine facendo persino da pista per trenini e macchinine. Aurora (2 anni e mezzo) ha guidato il lavoro coi suoi segni, suoni e giochi, Tabita (7 mesi) ci ha dettato le regole del gioco e le condizioni ambientali stando in braccio, salendo sul foglio, facendo suoni e tenendo qualche pastello anche lei. Io mappavo le cose che osservavo, soprattutto le relazioni del nostro modo di stare insieme, il crearsi di idee e immagini una in risposta all’altra, e annotavo i diversi eventi effimeri che avevano luogo attorno al disegno.
Da mamma e artista spesso lavoro e bimbe (lo studio e la casa) non hanno confini di separazione fissi. Però é le prima volta che anziché disegnare io con Aurora, provo a fare l’inverso: Aurora guida me nel fare uno dei miei disegni. E’ stato molto affascinante, anziché continuare a lavorare “nonostante“ le bimbe, accettare di perdere in parte il controllo sul mio lavoro e imparare ad accogliere tutti i loro interventi esterni come contributi attivi al disegno… e partire in direzioni inaspettate. Maria Teresa Ortoleva
Play Mat(3-voice polyphony), 100 x 70 cm.
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Maria Teresa Ortoleva (Milano, 1990) vive e lavora a Londra.
Sabato 4 luglio, ore 17 Visita guidata con Davide Dall’Ombra, curatore del nuovo Allestimento Testoriano. prenotazione obbligatoria a: info@casatestori.it
Una nuova mostra e un nuovo piano dedicato a Giovanni Testori
Dopo la chiusura causa pandemia, Casa Testori – che attraverso i canali social e web ha continuato a proporre i suoi contenuti culturali – ha riaperto sabato 20 giugno, nel giorno del solstizio d’estate, data emblematica per segnare un nuovo inizio.
Ad accoglierti è una mostra nuova di zecca, Chang’e-4, a cura di Irene Biolchini, che coinvolge il pian terreno e il giardino in un’esplosione di colore e vita, dove la pittura si trasforma in dipinto, murales, ceramica e tessuto…
La pittura lingua viva è una battaglia per cui Giovanni Testori si è speso fin dagli anni Settanta e Casa Testori era il luogo più indicato per questo canto di gioia della pittura, nonché per una riflessione sull’eternità di questo mezzo artistico.
Al primo piano, tra la biblioteca d’arte e l’archivio di Giovanni Testori, va in scena un nuovo viaggio nell’opera pittorica, drammaturgica, narrativa e critica del padrone di Casa, con inediti e nuove acquisizioni.
In totale sicurezza, potrai accedere a Casa Testori.
Ti aspettiamo! Lo staff di Casa Testori
Apertura della casa e della mostra: dal 23 giugno al 25 luglio e dal 25 agosto al 13 settembre 2020 Ingresso: libero Orari: Dal martedì al venerdì: 10.00-13.00 | 14.30-18.00 – sabato: 14.30 – 19.30. Chiusa domenica e lunedì
Eemyun Kang e Alessandro Roma A cura di Irene Biolchini Casa Testori 23 giugno – 12 settembre 2020
CHANG’E-4 Irene Biolchini
Nel gennaio 2019 la missione cinese Chang’e-4 dava la notizia della prima foglia di cotone germogliata sulla luna. Le immagini scattate ritraggono una natura verdissima, solitaria, in mezzo all’oscurità dominante. La foglia prende vita in questo silenzio assoluto, nell’intimità di uno spazio confinato – il contenitore appoggiato al suolo lunare – in pieno contrasto con lo Spazio che la circonda. Una foglia-lingua stesa al suolo, destinata a morire perché la notte lunare, e le sue temperature in- compatibili con la vita del germoglio, la uccideranno dopo un solo giorno. Da anni la ricerca di Eemyun Kang ed Alessandro Roma si muove su questo crinale: nella riproduzione di una natura che non è solo quella esteriore, ma che è rifugio incerto, messa in discussione delle certezze. Non è quindi un caso che Eemyun Kang, descrivendo una delle sue serie più ambiziose e complesse, Fungal Land (iniziata nel 2006) dichiari: “Volevo che i bordi della tela non corrispondessero più con quelli della pittura così che lo spettatore possa viaggiare da un dipinto al successivo. Fungal Land può essere considerato come uno spazio visto durante stagioni diverse, durante diversi momenti del giorno, o da diversi punti di vista. Le pennellate si trasformano in funghi, acqua, aria o rimangono semplicemente le pennellate stesse all’interno del quadro”. L’incontro tra figurazione e astrazione si consuma sul crinale della pratica pittorica, il movimento della mano precede il senso e guida alla creazione di forme più o meno riconoscibili. Lo spettatore si trova davanti a forme più o meno note, che però sfuggono alla rappresentazione in senso stretto e si aprono a nuove possibili letture. Ritorna alla mente il lavoro di Alessandro Roma, da sempre affascinato da una natura che non è necessariamente accogliente e benigna, ma un terreno fatto di complessità, rispetto al quale il gesto dell’artista si imposta come una lotta tra interno ed esterno, tra strati e colore. Una pittura che supera il bordo e il limite, come nella sua serie di collages, che interrogano i pieni e i vuoti e che l’artista porta avanti in Form in transitions (del 2018) esposti in mostra: una serie di tessuti che si assiepano davanti ai nostri occhi, tramite i cui fori vediamo sgorgare segni che sono assenze, porzioni di cotone mangiate dalla candeggina con cui l’artista dipinge. La pittura si spinge oltre il margine della cornice, verso lo spettatore. Si dona nelle sue contraddizioni, in una dualità che, nel caso di Eemyun Kang, avvolge anche il soggetto: i funghi, sostanze commestibili e letali al tempo stesso. Descrivendo questo periodo della sua carriera, l’artista di origini coreane ricorda che dipingeva molte ore nel silenzio della notte, in uno stato di sospensione in cui lei sola – unica sveglia – poteva entrare nel territorio ambiguo della creazione di queste forme potenzialmente mortifere. Ascoltandola tornano alla mente le lunghe passeggiate di Alessandro Roma nella campagna lombarda, nelle risaie paludose contemplate nel silenzio dell’alba. Come se per entrambi la solitudine e il silenzio fossero un momento creativo inalienabile. Come se quelle solitudini, spesso vissute anche in città molto diverse da quella natale – un certo nomadismo accomuna le vite di entrambi – potessero essere il punto di partenza.
Chang’e-4 fa parte di Pocket Pair, un ciclo di mostre coordinato da Marta Cereda avviato da Casa Testorinel 2018. Il titolo del ciclo riprende un’espressione del gioco del poker che indica la situazione in cui un giocatore ha due carte, di uguale valore, e deve scommettere su di esse. Allo stesso modo, i curatori scommettono su talenti emergenti, due artiste/i dal pari valore, per dar vita a una bipersonale di elevata qualità, allestita al pian terreno di Casa Testori dove sono liberi di incontrarsi, anche all’interno delle singole stanze, di farsi visita, di dialogare da vicino.