Author: Alessandro Frangi

Testori e Paolo Isotta: una grande amicizia

È stata una grande amicizia quella tra Giovanni Testori e Paolo Isotta, il grande musicologo napoletano, morto ieri a 70 anni. Era stato Testori a favorire il suo arrivo al “Corriere della Sera” nel 1980, perché diventasse titolare della critica musicale sul quotidiano, dove Testori era responsabile della pagina d’arte. Isotta si era messo in luce per la qualità dei suoi interventi su “Il Giornale” di Indro Montanelli. Il suo arrivo al “Corriere” aveva causato numerosi ostracismi da parte delle istituzioni musicali, intimorite dalla libertà e anche dalla estrema competenza delle sue critiche. Il titolare della critica rimase Duilio Courir (fino al 2010) e nel 2013 Isotta interruppe definitivamente la sua collaborazione con il “Corriere”, dopo che il soprintendente della Scala, Stéphane Lissner, lo aveva dichiarato “persona non gradita” a causa di una sua stroncatura ad un concerto della Filarmonica scaligera diretta da Daniel Harding. Il direttore Ferruccio De Bortoli aveva difeso la libertà di critica, ma l’ostracismo restò nei confronti di Isotta. A testimonianza del rapporto e dell’intesa che si era stabilita con Testori c’è questa recensione di Testori stesso, pubblicata il 30 luglio 1980 sul “Corriere”, a “I sentieri della musica”, libro che raccoglieva interventi critici di Isotta: «libro bellissimo, denso come un’antica enciclopedia, appassionato, intrigante e avventuroso come un grande romanzo».

Voi sapete ch’io v’amo
Giovanni Testori
Corriere della Sera, 30 luglio 1980

«Se la musica è il nutrimento dell’amore, continuate a suonare…»: principia così la più dolce e stregata “commedia d’amore” che si conosca, cioè a dire la Dodicesima notte di Shakespeare. Quando Orsino rivolge queste parole ai musici di corte, ai confortatori della sua malinconia e, insieme, della malinconia che si stende, come un manto di porpora vespertina o di velluto notturno sopra tutta la terra, la tempesta sta facendo approdare sull’isola di cui egli è duca e signore la protagonista dal nome bellissimo e sacrificalmente significativo di Viola. Viola, appunto, d’amore. Il bisticcio m’è venuto da sé; ma riferito a uno degli strumenti, appunto, della musica sembra quasi dalla medesima musica determinato; o evocato. Poiché nell’amore, partitamente e universalmente, risiede il senso della vita, la musica viene qui invocata come nutrimento di lei, la vita.

Ora, che risponde dai suoi nidi nascosti e dai suoi nascosti grembi, la musica all’uomo e alla vita? Forse anche questo potrà parer casuale. Ma letto il corpus degli scritti, casuale non risulta assolutamente più il titolo che Paolo Isotta ha voluto dare al frammento del Suonatore di liuto di Caravaggio scelto per la copertina del suo bellissimo libro; bellissimo, denso come un’antica enciclopedia, appassionato, intrigante e avventuroso come un grande romanzo (I sentieri della musica, Mondadori, L.8.000). Quel titolo riprende le parole del madrigale di Jacques Arcadelt, la cui musica gli specialisti han potuto riconoscere nello spartito che il giovane suonatore, straripante d’adolescente indolenza e d’ambigua, fascinosa bellezza, si tiene spalancato davanti: «voi sapete ch’io v’amo…».

Se l’uomo invoca la musica come nutrimento della propria vita e del proprio destino d’amore, la musica profferisce di risposta all’uomo, «a noi», quanto dire a noi, il suo amore: dunque, la necessità che essa avverte dell’uomo e della di lui vita. 

È probabile che in questa stretta, continua eppur liberissima, in questa vera e propria catena di domande e di risposte, di richieste e di offerte, che di per sé è già un atto liturgico, risieda non solo il senso totale che la musica assume per Isotta nella vicenda umana, ma altresì la sua essenza di metafora in ritmi e in suoni del rapporto che intercorre tra l’uomo e il suo creatore, tra l’uomo e Dio. Assieme a tale metafora, a venire enucleata e esaltata, è la natura precipuamente religiosa della musica; e il suo religioso destino. Allontanandosi dal quale e dalle connesse necessità di tempi, azioni e figure liturgiche, la musica s’allontana da sé, esce dal proprio centro, s’opacizza, si tradisce, rantola, forse urla e si suicida, certo si spegne e muore.

Pienissimo, stipato, come se tutta la storia della musica vi fosse chiusa dentro (ciò che in effetti, come vedremo, accade ad ogni pagina), lucente sempre d’una scrittura che domina la materia e le stesse, variatissime occasioni di lettura e d’interpretazione, ma capace nello stesso tempo di soffrire fino allo spasimo (e trascinando in tale spasimo il nitore stesso, il cristallo, ecco, del proprio stile); capace di soffrire, dicevo, i vagiti dell’apparire della musica e della sua fatalità dentro i primi gesti che l’uomo ha compiuto dentro le prime pietre che ha mosso e levigato per dar loro una forma (vagiti nei quali è già tutto contenuto della potenza e dell’eloquenza che quella fatalità andrà assumendo nel giro dei secoli); capace di soffrire, poi, i tempi supremi della gloria e di congioirne; e di soffrire, infine, la caduta verso l’abisso, che forse è altrettanto fatale come i vagiti del principio (atto, questo, che sta racchiuso nei capitoli ultimi del libro, che risultano i più alti, dolorosi e partecipi che sulla musica moderna siano mai stati scritti, proprio perché in essi la musica intesa come “consumazione”, come rantolo ed  agonia); pienissimo e stipato nella sua lucidità che s’indora di stupende speculazioni, s’oscura di strazi e d’inabissamenti, accetta, abbraccia, glorifica, rifiuta, sferza e s’indigna senza mai cedere d’un millimetro al suo specchiatissimo ordine (anche quando si trova impegnato in un corpo-a-corpo col disordine), il libro di Isotta diventa così la guida attraverso cui egli ci insegna che la musica è un atto precipuamente rituale e che la funzione sua sta appunto nell’enucleare ogni volta e ad ogni incontro tale verità e nel trasformarla poi in coscienza dove forma ed eticità coincidono, fanno blocco e si stabiliscono per sempre come unità.

Per questa via, anzi per questi sentieri isottiani che procombono verso le origini, quelle origini che noi avremmo pensato inattingibili (e ciò accade nel capitolo La musica delle pietre, forse il più emozionante di tutto il libro, certo quello che si spalanca all’ampiezza d’un vero, grande e misterioso racconto poematico); toccano i vertici della possibilità stessa di partecipazione e di trasposizione in parole nel grande tempio o colonnato dorico-nibelungico dedicato a Wagner; e, passo dietro passo, si preparano poi, come in una cupa eppur doverosa quaresima, a scendere nell’inferno della rottura e dello squilibrio; quindi, ancora più oltre, nell’asettico pantano delle ceneri presenti; per questa via, dicevo, gli scritti di Isotta superano e cancellano la riduzione della musica a fatto meramente storicistico o, peggio ancora, a fatto meramente sociologico cui da anni ci avevano abituati le ideologie che gli ingranaggi critici e burocratici della musica dispongono e governano, finendo, come sono finiti, nell’incapacità medesima ad ascoltare prima e a riferire e scrivere sull’ascolto, poi. La superano e cancellano in quanto l’indagine risulta condotta su di una conoscenza capillare del tessuto storico da cui, di volta in volta, la musica s’è alzata per celebrare le sue certezze e le sue paure, le sue feste e le sue penitenze, le sue glorie e le sue tombe.

Isotta ci ammonisce così che la musica, come tutte le espressioni dell’arte, non è serva di quel tessuto e, men che meno, come usa sostenersi e farsi oggidì, non è serva degli interessi cupamente politici delle ideologie che di quel tessuto vorrebbero impadronirsi per sempre (mentre, nel profondo della realtà, è già caduto dalle loro mani). La musica, egli dice, esprime l’uomo; e solo l’uomo ama e serve. Ma il suo amore e il suo servizio sono di natura, di qualità e di luce supremamente etiche. 

Ora è proprio questa coscienza generale del destino della musica, che diventa una cosa sola col destino religioso e, dunque totale dell’uomo, a permettere ad Isotta il miracolo critico che, a mia memoria, nella nostra cultura era stato solo di Roberto Longhi: quello di saper contenere dentro la disanima di un frammento, anche il più modesto, anche il più breve, l’intera storia di quel destino: di saper contenere nel particolare il tutto. Così dentro ogni sua pagina, anche là dove essa diventa filologica perquisizione delle zone più minute e delle più minute connessioni di significati, rapporti, influenze e confluenze, noi avvertiamo premere sempre il rombo dell’immensa arcata che la storia della musica ha costruito sulla nostra terra. L’atto critico sale così di gradi e diventa, in Isotta, atto creativo.

Se è vero che la «poesia nasce in primis sulla poesia» (com’era solito dire, appunto, Roberto Longhi), è altrettanto vero che la musica nasce in primis sulla musica; e che, senza nulla lasciare della loro condizione di partenza e persino di cronaca, gli scritti di Isotta, raccontandoci la storia della musica, compongono una loro, indimenticabile musica; quella che ne forma il fascino, l’attrazione e lo stile. Per cui ci basta un attacco o persino un titolo per avvertirci che è lui il mentore, il pastore che sta conducendoci lungo i sublimi, gloriosi, straziati “sentieri”; e per dirci altresì quale suono dal suo flauto il mentore e pastore farà giungere al nostro cuore. Insomma, per finire con un’altra citazione letteraria, cavata da quel poeta a me carissimo che fu Verlaine: de la musique avant toute chose. Anche nella musica, ecco, prima di tutto, musica. Una musica trasparente e solenne che è felicità di se stessa perché insieme e sempre è coscienza del destino degli uomini e del loro primo ed ultimo significato.

I lunedì di Casa Testori. Ep.12

Puntata 12, lunedì 8 febbraio ore 21.15

ore 21.15 – Puntata speciale dei Lunedì di Casa Testori: sarà ospite Sonia Bergamasco che dialogherà con Giovanni Agosti. Sonia Bergamasco ha infatti firmato l’introduzione alla nuova edizione di “In Exitu“, una delle opere più importanti ed emblematiche di Testori, resa celebre dall’interpretazione che ne fece Franco Branciaroli. «“In exitu”» ha scritto Sonia Bergamasco «è un’eruzione narrativa che spazza via tutte le coordinate letterarie precedenti. Non ci sono più capitoli, non più descrizioni». 

– ore 21.35 – A seguire appuntamento con Rossella Farinotti, curatrice e giornalista, insieme a Matteo Negri, artista. Racconteranno di due esperienze condivise in questi mesi: una mostra di Negri curata da Rossella Farinotti a Borgomanero e il progetto “The Colouring book“, un progetto di Milano Art Guide a cura di Gian Maria Biancuzzi e Rossella Farinotti durante il lockdown e ora diventato libro.

 – ore 22.05 – Finale con Federica Fracassi che leggerà un brano tratto da “Il ponte della Ghisolfa”.

I Lunedì di Casa Testori. Ep.11

Puntata 11, lunedì 1 febbraio ore 21.15

ore 21.15 – “Vedere” Dantecon Federico Tiezzi, uno dei protagonisti del teatro italiano. Tiezzi a giugno riporterà in scena le cantiche di Dante, per i 700 anni dalla morte del poeta. Sono spettacoli nei quali la storia dell’arte e le memorie visive del regista giocano un ruolo decisivo.

– ore 21.35 – “Carla Accardi. Contesti”, la grande mostra monografica al Museo del Novecento di Milano, a sei anni dalla scomparsa dell’artista, nell’ambito del palinsesto “I talenti delle donne”, promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano. Saranno con noi le curatrici Maria Grazia Messina e Anna Maria Montaldo, Direttrice Area Polo Arte Moderna e Contemporanea.

– ore 22.00 – Per la sezione gli Incipit di Testori, Federica Fracassi legge le prime pagine di “Erodiade”.

I Lunedì di Casa Testori. Ep.10

10 puntata, Lunedì 25 gennaio 2021

– ore 21.15 –  La mostra “Enzo Mari curated by Hans Ulrich Obristwith e Francesca Giacomelli”, in corso alla Triennale di Milano. Con noi il Presidente della Triennale Stefano Boeri, Lorenza Baroncelli, Direttore artistico e Adrian Paci, artista.

– ore 21.35 – “Art & Philosophy for community”, un progetto a cura di Casa Testori realizzato grazie al contributo e patrocinio del Comune di Milano. Incentrato sul Piazzale Selinunte (zona S. Siro), il progetto è il tentativo di riattivare percorsi di pensiero e di riflessione con lo scopo di rimettere la periferia al centro. 
Parleremo del libro pubblicato e della video-intervista, restituzioni finali dell’iniziativa, con Patrizia Di Girolamo, Responsabile Unità Programmi Integrati di Quartiere e Pierpaolo Casarin, fondatore di Propositi di filosofia.

– ore 22.00 – Per la sezione gli Incipit di Testori, Federica Fracassi legge le pagine dedicate a Milano ne “I Trionfi”.

I Lunedì di Casa Testori. Ep.9

Puntata 9, lunedì 18 gennaio ore 21.15

Ore 21.15: tappa a Varese, a Villa Panza per una doppia occasione: Il nuovo allestimento della Collezione Panza a 10 anni dalla morte del collezionista, e la presentazione del doppio volumededicato alla stessa Collezione. Ne parleranno Anna Bernardini, direttore Fai, Villa e Collezione Panza e Marco Magnifico, vicepresidente esecutivo del Fai, che dal 2000 ha avuto in donazione questo straordinario “tempio” dell’arte contemporanea.

Ore 21.35: si parlerà di un grande protagonista del sistema artistico del secolo scorso, il gallerista Alexander Iolas. A Iolas e ai suoi artisti è stata dedicata una mostra a Milano, alla Galleria di Tommaso Calabro, con un omaggio realizzato da Francesco Vezzoli. Ne parleremo con lo stesso Tommaso Calabro e con Davide Dall’Ombra, direttore di Casa Testori: infatti nel 1975 Giovanni Testori aveva esposto un ciclo di grandi acrilici nella sede milanese della galleria di Iolas.

Ore 22.05: Gli “Incipit di Testori”Federica Fracassi legge l’inizio del romanzo Gli Angeli dello sterminio

Candidati al Servizio Civile


A CASA TESTORI. SCADENZA PROROGATA AL 15 FEBBRAIO

Il 2021 sul quale ci siamo appena affacciati ci attende con tanti progetti e iniziative, non vogliamo fermarci, pur nelle difficoltà e restrizioni. Casa Testori dunque cresce, e desidera crescere sempre di più.

È per questa ragione che abbiamo aderito al Servizio Civile.

Se sei un under 28 puoi candidarti per l’attivazione del Servizio Civile presso Casa Testori, con  un programma dedicato alla valorizzazione culturale, dalla didattica alla comunicazione, della durata di 12 mesi, da aprile 2021 a marzo 2022.

A questo link il bando, in scadenza il 15 febbraio 2021: https://www.serviziocivile.gov.it/menusx/bandi/selezione-volontari/bandoord_2020.aspx

Qui, la domanda di iscrizione (è necessario lo SPID): https://domandaonline.serviziocivile.it

Questo invece il programma specifico di Casa Testori: https://www.serviziocivile.gov.it/menusx/bandi/scegli-progetto-italia/dettaglio-progetto.aspx?IdBando=18919&Settore=Educazione+e+promozione+culturale,+paesaggistica,+ambientale,+del+turismo+sostenibile+e+sociale+e+dello+sport&TitoloProgetto=SEMI+DI+CULTURA.+NUOVE+RADICI+PER+GLI+ADULTI+CHE+VERRANNO+&Comune=NOVATE+MILANESE&IdGazzetta=59&CodiceSede=189171

Per qualsiasi domanda potete contattare la referente Francesca Ponzini (francescaponzini@casatestori.t)

Giovedì 28 gennaio dalla 15 alle 17 ci sarà un incontro di approfondimento sul canale Youtube e Facebook di Area Parchi.

Non mancare!

I Lunedì di Casa Testori. Ep.7

Puntata 7, lunedì 4 gennaio ore 21.15

-ore 21.15: Omaggio a Giovanni Romano, con Giovanni Agosti e Davide Dall’Ombra..

-ore 21.40: “Ti Bergamo”, mostra alla Gamec di Bergamo, con Valentina Gervasoni, curatrice, e gli artisti Nicolò Massazza dei Masbedo, Tea Andreoletti e Meris Angioletti.

-ore 22.10: Gli “incipit di Testori”. Federica Fracassi legge l’inizio del “Martino Spanzotti”

I lunedì di Casa Testori. Ep.6

Puntata 6, lunedì 28 dicembre ore 21.15

-ore 21.15: “Lotto. L’inquietudine della realtà”, Lecco Palazzo delle Paure. Con Giovanni Valagussa, curatore, don Davide Milani promotore dell’iniziativa, Giovanni Frangi, artista.

-ore 21.35: “Assalto al Castello”: la mostra dei 14 artisti valdostani al Castello Gamba, con Davide Dall’Ombra, curatore, Viviana Maria Vallet, responsabile scientifico di Castello Gamba e gli artisti Marco Bettio, Riccardo Mantelli e Chicco Margaroli

-ore 22.00: Gli “Incipit di Testori”Federica Fracassi legge l’inizio del romanzo La Cattedrale

I Lunedì di Casa Testori. Ep.5

Puntata 5, lunedì 21 dicembre ore 21.15

-ore 21.15: “We Rise by Lifting Others, Palazzo Strozzi. Con l’artista Marinella Senatore e il curatore Arturo Galansino. 

-ore 21.35: incontro con Andrea De Marchi, storico dell’arte, docente all’università di Firenze. De Marchi è titolare di un account Instagram di grande bellezza e utilità, che ora è diventato un’agenda per l’anno che verrà.

-ore 22.00: Incipit Testori: Federica Fracassi legge l’inizio dell’ Interrogatorio a Maria.

L’occhio trepido e intrepido di Pinin Brambilla

La parola è dura: ma è ben necessario usarla. L’Ultima Cena su cui si è scritto, in trascritto, sovrascritto, sognato, delirato e inventato non è che la parodia non voluta, epperò viva via realizzata dagli uomini e dal tempo, di ciò che Leonardo, in verità aveva dipinto e creato. E noi, ora; ora che l’intelligenza e il fermo coraggio di Carlo Bertelli, dopo ani di studi, han deciso di finalmente togliere di mezzo parodie e menzogne; ora che l’occhio acutissimo, trepido e intrepido, lucido e innamorato, di Pinin Brambilla Barcilon ha preso l’impegno di restituire al mondo la verità circa il dipinto più simile a una sindone che si conosca; ora, dicevo, anche noi possiamo dare una spiegazione, meno irritata e irritante, soprattutto meno maldestramente psicologica del perché usassimo frequentare così poco quel capolavoro. 

Non era la polemica del lombardo che ci teneva lontani dalla grande parete; grande, consunta, appestata, ma soprattutto impiastricciata, ridipinta e rifatta. Era quella parodia, era quella menzogna, che, stendendovisi sopra, si mettevan di mezzo tra ciò che speravamo sempre di scoprire e ciò su cui i nostri occhi eran costretti, ogni volta, a scendere e sostare. Fascinazioni, incanti, rapine psicologiche, allarmati segnali, premonizione di martirio, divina certezza e pace, presentimento d’uno vino che si fa sangue e d’un pane che si fa carne, composizione, tremar di materie, silenti viraggi di luce, sforamento di una prospettiva che ci si diceva esser nuova, anzi nuovissima; tutto questo, e ben altro,  ci sembrava contraddetto o, peggio ancora, negato dall’enorme pappa verdastra che ormai non era neppur più “abbagliata”; e che adesso sappiamo con esattezza essere la somma del seicento che si sovrappose al cinque, del sette che si sovrappose al sei, dell’otto che si sovrappose al sette, e così via […]

Innanzitutto, ciò che il restauro va rivelando è che tutto, qui, nasce, cresce e lentamente riaffonda in lei, la luce; che è di meriggio, ma anche di primissima alba. Quanto all’ombra, non più di impiastri di finte brume si tratta, bensì di una levità anch’essa trasparente che, tra imperio e carezze, tra intelletto e seduzioni di carne, il colore depone su altro colore. E il colore, dal primo strato a tutti i successivi, trova sempre per sé lo splendore di una pietra; pietra regale e quotidiana; rinvenuta lì e, nello stesso tempo, lì esistente da sempre.

Davvero crediamo che questo ora in atto sia il restauro più attivamente rivoluzionario che fini qui si sia tentato; senza nulla togliere ai meriti dei molti preclari predecessori della Pinin Brambilla, la cui umiltà, davanti alla suprema parete, è pari solo alla strenua, accanita, infaticabile volontà. Lei sa, è ben certo, che sta giocando la carta massima della sua carriera; ma è la carta attraverso cui l’opera più distrutta e più celebrata del mondo può essere davvero restituita al mondo, in ciò che di lei davvero rimane. E quanto rimane è tale da mutar faccia a tutti i giudizi e a tutti i pregiudizi. E’ probabile che, dopo questo restauro, molto della storia dell’arte dovrà essere riscritto; soprattutto per quanto riguarda i maestri, sommi magari come Leonardo, che l’opera ebbero a vedere per intero (o quasi), così come noi, da qui in avanti, potremo via via vederla e scoprirla, seppure a pezzi. Epperò quei pezzi, quei lacerti, quei frammenti, talvolta brevi come un’unghia o come il dorso d’una coccinella, che capacità di legarsi hanno mai tra di loro! 

(da “Il Cenacolo restaurato svela il nuovo Leonardo”, Il Corriere della Sera, 24 luglio, 1982)

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