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2 X 1000 a Casa Testori
Codice Fiscale: 06989720963
COS’È IL 2X1000?
Il 2×1000 è una quota della propria Irpef (Imposta di Reddito Persone Fisiche) che ognuno di noi, da quest’anno, può destinare anche alle associazioni culturali.
Le modalità sono le medesime del 5×1000: è sufficiente apporre una firma all’interno del proprio modulo 730, Certificazione Unica (CU ex CUD) o Modulo Unico indicando il Codice Fiscale dell’associazione desiderata.
La destinazione del 2×1000 non influisce sulle scelte in merito a 5×1000 e 8×1000: potrai destinarli a chi vuoi, anche a soggetti diversi.
Chiunque può firmare, anche chi è esonerato dalla compilazione della dichiarazione dei redditi: basta compilare l’apposita scheda allegata al Modello Unico Persone fisiche.
PERCHÉ DESTINARE IL TUO 2X1000 A CASA TESTORI?
Il 2020 si è dimostrato un anno molto difficile per il settore della cultura.
Casa Testori non fa eccezione, ma abbiamo fatto il possibile per portare avanti la nostra mission, spostandoci anche online con “I lunedì di Casa Testori”, perseguendo il motto “la cultura non si ferma”.
La destinazione a Casa Testori del 2×1000 della tua Irpef è un aiuto che a te non costa nulla, ma che a noi può fare la davvero la differenza permettendoci di continuare a garantirti proposte culturali di qualità.
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Matteo Negri, Splendida villa con giardino, viste incantevoli
Gallery
Mostra
a cura di Daniele Capra
Sei interventi scultorei site specific per gli spazi del piano terra e per il giardino della dimora di Novate Milanese. “Splendida villa con giardino, viste incantevoli”, mostra personale di Matteo Negri è il progetto, di grande impatto visivo, che ribalta il punto di vista e le modalità fruizione del luogo: le opere ospitate nelle stanze della casa saranno, infatti visibili solo dall’esterno, spingendo il visitatore a essere nel contempo osservatore e protagonista. La mostra, curata da Daniele Capra, è corredata da una pubblicazione bilingue con le immagini delle opere negli spazi della casa, i testi del curatore, un contributo critico di Flaminio Gualdoni e un’intervista all’artista di Giuseppe Frangi. L’evento, assieme alla personale di Andrea Bianconi, fa parte della mostra A doppio senso, la grande mostra della stagione estiva di Casa Testori.
Splendida villa con giardino, viste incantevoli, il cui titolo allude al lessico impiegato negli annunci di compravendita immobiliare, nasce dall’analisi delle funzionalità delle singole stanze di una casa, connotate ciascuna da finalità abitative di ordine differente. Negri sceglie, invece, di cambiare visivamente la loro destinazione d’uso, trasformando ciascun spazio in un luogo fisicamente inaccessibile alle persone, ma visibile dalle finestre del giardino. L’osservatore non è così banalmente attore passivo di un percorso già stabilito, quanto invece persona esortata ad andare alla scoperta dei contenuti proposti, flâneur che interagisce con gli stimoli ambientali che gli si pongono innanzi.
Le opere di Splendida villa con giardino, viste incantevoli – che testimoniano la poliedrica abilità di Matteo Negri – spaziano da installazioni di carattere ambientale, realizzate con specchi speciali e luci teatrali, a sculture in cui vengono impiegati materiali compositi (come resine epossidiche, silicone), sino al più classico bronzo, utilizzato per la grande scultura rotante che occupa lo spazio nella veranda della dimora Testori.
La mostra è realizzata in collaborazione con ABC-ARTE, Genova.
La ricerca di Matteo Negri (San Donato, 1982) è caratterizzata da un interesse prevalente per la scultura, benché non manchino lavori di carattere bidimensionale. Ospitate frequentemente in contesti pubblici, come ad esempio in Piazza Gae Aulenti a Milano (Multiplicity, 2015) e in diverse piazze a Parigi (L’egosÏme 2010), le sue opere attivano gli spazi con un senso di ludica meraviglia.
Catalogo: con testi di Flaminio Gualdoni, Giuseppe Frangi e del curatore Daniele Capra
News
LA MOSTRA É STATA PROROGATA FINO AL 22 OTTOBRE CON 2 NUOVE ISTALLAZIONI
8 ottobre dalle 17 inaugurazione delle due nuove installazioni
9 – 22 ottobre:
Martedì – Venerdì: 10 – 18
Sabato: 14 – 20
YOU AND MYSELF. Performance 2006-2016
Andrea Bianconi
A cura di Luigi Meneghelli
Casa Testori
21 Maggio – 22 Ottobre 2016
YOU AND MYSELF
Luigi Meneghelli
[…] come si presenta tutto il lavoro plastico-pittorico di Andrea Bianconi, se non come la ricerca ossessiva di raccogliere, accumulare, mescolare oggetti e segni salvati dalla dispersione: una congerie di cose vecchie, fuori moda (o fuori uso), recuperate nei negozi di giocattoli, nei mercatini dell’antiquariato (o in decrepiti vocabolari)? Già il fatto dello spostarsi, dello scegliere, del disporre ci pone di fronte ad azioni performative, ad attività comportamentali. È chiaro: l’artista mette in disparte il suo io, e dunque il corpo, come espressione diretta. Ma nell’erranza dello sguardo e dell’esplorazione manifesta una sorta di assillo o di mania: il suo è uno “spreco del desiderio”, nel tentativo di sottrarre qualcosa del mondo all’inesorabile fuga temporale. È quella che Calvino definisce “la redenzione degli oggetti”, il riscatto del banale. Anzi, Bianconi spinge la sua operazione alle estreme conseguenze, legando (e collegando) lo sterminio di cose trovate in una romantica e surreale cascata, che stabilisce tra i vari elementi contiguità provvisorie e vicinanze inattendibili, corrispondenze celate e confronti segreti. Il suo è un infinito rimando a una “collezione”, viziata da una fragilità quasi patetica, esposta com’è al movimento, al mutamento, alla molteplicità.
È un rinvio a un assurdo che può aprire nuove strade immaginarie, senza imporre pensieri univoci. È così da sempre: contro la schematicità il paradosso e il gioco producono nuove visioni.
Ma perché, a questo punto, entra in scena l’artista vestito di tutto punto e con i guanti bianchi simili a quelli di un fantomatico mago (come accade nella performance Sound of a Charmed Life, realizzata nel 2010 a Praga, Roma, Houston)? Perché si mette a toccarla, a scuotere l’“alluvione oggettuale”, fino a ottenere singolari vibrazioni sonore, sordi effetti rumoristici? La risposta più immediata potrebbe essere: per far parlare ciò che non ha più parola, per dare voce a ciò che è diventato puro scarto, rottame, spoglia. Ma, se si osserva tutta la perturbazione del corpo (il nervosismo dei movimenti, gli scatti, i gesti quasi sgraziati) si può ipotizzare anche la volontà di ritornare al caos originario (come in una pièces di Trisha Brown) o ancor più, il desiderio di con-fondere l’io individuale con l’io collettivo, di lasciare la propria impronta nelle cose, riconoscendosi (specchiandosi) in esse.
[…]
Ma dov’è finito l’autore? È intenzione di Bianconi adottare l’arte discreta di saper scomparire, per poter osservare di nascosto il mondo? Lo stesso artista afferma di “voler essere sempre in un altro posto”, magari “in una casa d’altri, per potersi appropriare delle loro cose, dei loro libri, dei loro ricordi”. Intende esprimere la malcelata esigenza che la propria identità prenda possesso dell’alterità, che l’io si riconosca nell’altro (nell’altrove, nel non conosciuto)? A dire il vero, l’artista ha come obiettivo quello di essere autore, senza che questo risulti l’autentica ragione della sua attività creativa. Egli si sente come un mago o un regista cinematografico che nascondono i trucchi del mestiere. Più si tiene lontano dalla ribalta e cela i suoi processi operativi, più risveglia la nostra curiosità e i nostri sogni. Forse con lo scrittore austriaco Peter Handke, che vive nascosto in Francia, gli piacerebbe dire: “lo vivo di ciò che gli altri ignorano di me”. Gli altri non sanno, ad esempio che, da bravo regista, Bianconi ha progettato tutti i costumi delle sue performance, che ha scelto i luoghi inattesi o, quantomeno, spontanei, in cui far “recitare” suoi “artisti”, che ha studiato le loro pose e i loro movimenti, tanto lontani dalla coreografia convenzionale, eccetera. Ma, anche quando, più di una volta, egli decide di calcare direttamente la scena (come in Miracle, del 2006, You Always Go Down Alone, del 2010, Love Story, del 2013, Fantastic Planet, del 2016) lo fa sempre sotto mentite spoglie o ricorrendo alle più stravaganti forme di travestimento: da San Francesco con tanto di aureola, da indiano con fascia sul capo e faretra, da figura barbarica calata in un rito tribale, da alieno o da astronauta con tanto di tuta e tubi. Solo che Bianconi non assume nuove identità, mosso da una scoperta carica narcisistica, “ossessionato dalla necessità di mostrarsi per poter essere” né come rifiuto di ruoli imposti dalla società, quanto invece per impersonare con ironia e assoluto disincanto epoche, età, corpi. E, in tutto questo c’è qualcosa di infantile, di spontaneo, di rimosso dalle regole della storia. “I bambini, scrive del resto il filosofo Walter Benjamin, si costruiscono da sé il loro mondo oggettuale, un piccolo mondo, dentro il grande”. È un po’ come tornare al tempo dei giochi, dove tutto è insieme vero e falso, autentico e improbabile. Basterebbe guardare la breve, paradossale azione che si svolge in Fighting Nature (Valencia, 2012), in cui l’artista ingaggia un incontro di boxe con una foglia, fino a farla cadere (andare al tappeto) o in Love Story (Huston, 2013), in cui libera dei palloncini a cui sono legati dei fiori in modo che questi salgano dolcemente verso l’alto o anche in Tunnel City (Houston, 2013), dove dall’interno di un box lancia verso l’esterno degli aereoplanini di carta. Non ci sono mai fini, obiettivi, questioni da mostrare o da risolvere. Pare quasi di ritrovarsi dentro le atmosfere degli Happenings o di Fluxus, quando ogni manifestazione era basata sull’estemporaneità, sulla casualità, sull’intervento spontaneo e non programmato. Qui potrebbero funzionare le parole di John Cage: “L’importante è lasciare che le cose siano quello che sono”: un fatto indeterminato, un gesto gratuito, un materiale povero, una gag, una folgorazione zen.
Solo che a volte i travestimenti di Bianconi coinvolgono direttamente il problema della dissimulazione, come in Trap for the Minds (Houston, 2012) dove l’artista davanti a uno specchio indossa un numero imprecisato di maschere, fino ad arrivare all’ultima che riproduce il suo stesso volto o in Romance (sempre del 2012) dove, all’interno di una cornice luminosa, l’artista si presenta già mascherato e assiste immobile alla proiezione sul suo volto delle infinite immagini grafiche e iconiche prese da un piccolo, fittissimo testo da lui disegnato. Ci pone cioè di fronte alla faccenda del doppio, dell’essere nella sua differenza e nella sua molteplicità. Ma la risolve, dissolvendola, la supera moltiplicando i dettagli, la liquida assumendo infinite fisionomie. Però, in fondo, non c’è mai una vera soluzione. Si può dire che qui (come in tutte le performance di Bianconi), si rimane allo stato di opera incompiuta o opera potenziale, “come rovina di ambiziosi progetti, che conserva i segni dello sfarzo e della cura meticolosa con cui è stata concepita” (Calvino). Essa rimane lì come un racconto inattesa di una improbabile conclusione. Perché a contare non è il prodotto, ma il processo, non il completamento, ma lo svolgimento.
LA MOSTRA
Con You and Myself Andrea Bianconi (Vicenza, 1974) è tornato a Casa Testori, occupando gran parte delle stanze, con il suo bagaglio di performance lungo dieci anni, in cui l’artista impiega il corpo come linguaggio espressivo e matrice di segno. Un segno che non cerca l’esibizione spettacolare, la rivelazione provocatoria, ma che acquisisce il proprio essere (la propria identità), cessando di essere segno di qualche cosa. È come se non avesse niente da dire, ma solo una serie di eventi da suggerire, da far intuire. Nelle sue performance siamo invitati a cercare anche ciò che non c’è (che non si vede, che non si sente), a intuire l’alternativa possibile, l’altra faccia del mondo. A stanare il soggetto che si nasconde nell’altro (o nell’altrove). Il myself che si con-fonde con you. La sua è la poetica dello spostamento e della transizione continua.
La mostra ha ripercorso l’intero iter performativo di Bianconi: accanto ad azioni poste sotto il segno del ludico (della sorpresa, dello stupore), ad azioni minimali, sommesse, incantatorie, Bianconi ha sviluppato altre performance che implicano autentiche “recite collettive”.
L’artista non si pone stretti limiti disciplinari, regole, gerarchie, se non quelli di aprirsi all’altro, al pubblico, per destare stupore, incredulità, interrogativi. Spesso, la performance di Bianconi ha a che fare con una sorta di “divertimento artistico”: è una gag, una serie di gesti apparentemente gratuiti, di risibili azioni ludiche. Alla pari degli attori dei film muti (o dei bambini) a lui piace nascondersi e apparire in scena all’improvviso.
Soprattutto le maschere fanno la loro apparizione come strumenti di difesa, di fuga, di falsità. In Trap for the Minds (del 2012), l’artista se le mette e se le toglie ossessivamente, fino ad arrivare all’ultima che non è altro che la riproduzione della sua stessa faccia. E molte sono le immagini delle “trappole” di cui Bianconi dissemina i luoghi delle sue performance: scatole, specchi, gabbie, maschere che spesso vengono indossate dai protagonisti, senza che si capisca mai fino in fondo se, questo, avvenga per rinchiudersi, isolarsi o per vivere l’esperienza della dispersione, dello sconfinamento, delle associazioni imprevedibili.
Andrea Bianconi vive e lavora tra Vicenza e Brooklyn. Fra le sue esposizioni, una public performance tra la Piazza Rossa, il Cremlino e il Manege Valencia, Madrid, New York, United Arab Emirates, Basilea, Palazzo Reale, Milano, Shanghai.
Nel 2011 Charta ha pubblicato la sua prima monografia, nel 2012 Cura.Books il suo primo libro d’artista “ROMANCE” e nel 2013 il secondo dal titolo “FABLE”. Entrambi fanno parte della collezione del MoMA, NYC.
MILANO: I LUOGHI DELL’INFINITO
Cleofe Ferrari
25 Aprile – 8 Maggio 2016
“Per me dipingere è amare e abbracciare la realtà che mi circonda e mi accade, fissarne una traccia che diventi eterna, perché ogni volta che la guardi riaccada un incontro: un’emozione, un’esperienza”.
Cleofe Ferrari, pittrice emiliana ormai da tempo residente a Padova, ha presentato in questa mostra i suoi dipinti dedicati alla città di Milano, al Duomo, alle sue Basiliche viste da scorci urbani, alle sue piazze e i suoi grattacieli. Come sottolinea il critico Giorgio Grasso, Cleofe s’ispira al lavoro degli impressionisti francesi e, in particolare, allo studio del variare della luce sulle Cattedrali di Monet, lasciando prevalere sull’abilità tecnica la sua ispirazione, “il movente poetico”.
“Farsi conquistare da una sua opera – scrive Grasso – è come immergersi quotidianamente in luoghi dove il paesaggio ha il sopravvento sulle umane vicende. Nulla di meglio che ammirare una sua opera pittorica per sentire la nostra anima diventare un tutt’uno con l’anima dei luoghi da lei visti e trasportati con maestria su tela”.
L’ARTISTA
Cleofe Ferrari nasce a Carpi (MO), nel 1950. Dopo aver svolto gli studi su stilismo di moda a Reggio Emilia, svolge fino al 2008 attività di libera professionista.
Nel 1982 consegue la laurea in Psicologia all’Università di Padova. Nel 2008 consegue il diploma al master di Architettura, Arti e Liturgia promossa dalle Pontificia Commissione per i beni culturali della Chiesa.
Dal 2002 aderisce all’associazione di artisti Il Baglio e dallo stesso anno partecipa regolarmente alle attività di disegno promosse dall’Associazione Di.segno di Padova, di cui dal 2006 è presidente.
www.cleofeferrari.it
Presentazione: Il gran teatro montano
In occasione della mostra: ARRIVA IL GRAN TEATRO MONTANO
a Casa Testori (9 aprile – 8 maggio)
presentazione della nuova edizione:
IL GRAN TEATRO MONTANO DI GIOVANNI TESTORI
Sabato 16 aprile, ore 18
Villa Venino, Novate Milanese (Largo Padre Ambrogio Fumagalli, 5)
con il curatore del volume:
Giovanni Agosti (Università degli Studi di Milano)
e
Davide Dall’Ombra (Casa Testori), Alberto Rollo (Giangiacomo Feltrinelli Editori)
A seguire visita guidata alle statue a Casa Testori.
dal comunicato:
A cinquant’anni dalla comparsa della prima edizione, ritorna Il gran teatro montano di Giovanni Testori. È ancora oggi la migliore introduzione per chi voglia accostarsi a un luogo unico del nostro paese: il Sacro Monte di Varallo, che – proprio a partire da questo libro – è diventato persino per le pro loco o le agenzie di viaggi il “gran teatro montano”.
Le parole di Testori si sono impresse in maniera indelebile sulle cappelle, sugli affreschi, sulle statue e, verrebbe da dire, persino sui boschi e sui torrenti della verdissima Valsesia, oggi amministrativamente piemontese ma per secoli – fino al 1707 – parte dello Stato di Milano.
Il volume Feltrinelli del 1965, dal memorabile apparato illustrativo qui riproposto, è costituito da cinque saggi che testimoniano la passione dell’autore per il massimo responsabile del Sacro Monte: Gaudenzio Ferrari, un artista originario di Valduggia, in Valsesia, attivo appunto a Varallo, ma anche a Vercelli, a Novara e a Milano, dove muore al principio del 1546.
Adesso il libro originario è stato arricchito da una serie di interventi di Testori su Gaudenzio, che dimostrano la lunga fedeltà a un autore particolarmente amato.
LA nuova edizione non rinuncia ad un’opera scrupolosa di attualizzazione e contestualizzazione, garzie a due saggi e un inserto fotografico curati da Giovanni Agosti, che definiscono le coordinate storiche che hanno visto nascere il volume e ne inquadrano il peso e il ruolo negli studi gaudenziani. In un continuo dialogo tra ora (2015) e allora (1965), il nuovo Gran teatro montano si pone perciò come un momento di riflessione sul metodo e sullo stato di salute della storia dell’arte in Italia oggi.
Il volume è acquistabile online o nel bookshop di Casa Testori
Un ricordo di Piero Fogliati
«Finito il servizio di leva, lavorai presso un carrozziere con l’intento di apprendere a modellare la lamiera. Fu allora che le mie idee iniziarono a chiarirsi; ciò che volevo era sostituire il materiale che impiegavo per dipingere, i pigmenti, e sostituirlo con altro, un mezzo tecnologico», così Piero Fogliati raccontava la svolta che l’aveva reso pienamente artista. La pittura a cui si era dedicato era orizzonte per lui insufficiente. Cercava altro. «Ho sognato di creare le cose più belle. Come realizzare un’utopia funzionale, come decorare i cieli e come configurare le città». Fogliati è morto venerdì 25 nella sua Torino, circondato solo dai suoi famigliari. Lo ricordiamo per quella sua presenza furtiva e geniale all’edizione di Giorni Felici del 2011. Aveva occupato una stanza a piano terra con elementari tubi che come creature striscianti gorgogliavano suoni, creature ibride tra tecnologie idrauliche ed esseri zoomorfi. «Il mio lavoro», spiegava, «nasce dall’esplorazione dei fenomeni scientifici per la realizzazione di risultati estetici e utilizzo la tecnologia con questo unico fine».
La storia di Fogliati è anche una storia di grande libertà, di indipendenza dalle regole stringenti del sistema. È rimasto sempre collaterale all’arte povera, geloso dello spazio di agibilità che era riuscito a conquistarsi. «Per ottenere questa autonomia», ha raccontato, «trovai una soluzione efficiente; divenni gestore di un distributore di benzina AGIP, lavoro che condussi per molti anni. Questa soluzione mi consentì di avere il mio “laboratorio”, dove lavoro tuttora. In seguito, non più giovane, mi sono dedicato all’insegnamento dell’arte presso la scuola di un carcere minorile. Il mio laboratorio è piccolo ma ben equipaggiato; è qui che, per necessità, ho appreso ad essere ordinato e preciso».
È arrivato il nuovo sito di Casa Testori!!
Grande novità per il sito Casa Testori.
Nuova grafica che rende più intuitiva la navigazione!
Scopri tutte le nuove sezioni:
Visite Guidate: La crescente domanda di partecipazione alle nostre visite guidate ci ha spinto a creare una voce nel menu propria, la grande novità sta anche nella possibilità di acquistarle direttamente online.
Mostre: abbiamo riordinato tutto l’archivio delle mostre passate, con gallerie di immagini in alta definizione, rassegne stampa e tutto ciò che vi permetterà di riviverle una ad una.
Eventi: Un archivo di tutti gli eventi passati e futuri a Casa Testori, serate, spettacoli teatrali, tavole rotonde, feste e dibattiti.
Lab: Una fucina di progetti sperimentati su Casa Testori, ma pensati per dare il proprio contributo al sistema culturale italiano. Innovazione culturale, web e tecnologie a servizio del pubblico.
Workshop: in questa pagina troverete le notizie dei futuri workshop pensati per grandi e bambini. A partire da maggio la pagina sarà arricchita con un fitto calendario di laboratori per i mesi estivi.
Didattica: Una pagina creata appositamente per rendere più facile agli insegnanti contattarci e creare un percorso insieme per introdurre gli alunni al linguaggio e ai protagonisti dell’arte con visite guidate e laboratori ad hoc.
Territorio: La nostra volontà di collaborare con il territorio ci ha portato a creare questa pagina che riassume quanto è stato fatto e quanto faremo nei prossimi mesi.
Bookshop: tutte le nostre pubblicazioni da oggi puoi acquistarle direttamente online.
Location: Se vi interessa affittare alcuni spazi della casa per eventi privati, qui troverete tutte le informazioni necessarie.
E tante altre novità!
cosa aspetti?
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ARRIVA IL GRAN TEATRO MONTANO
Castello Sforzesco, 16 Marzo – 3 Aprile 2016
Casa Testori, 9 Aprile – 8 Maggio 2016
MVSA, Museo Valtellinese di Storia e Arte, 14 Maggio – 6 Giugno 2016
LA MOSTRA
C’è qualcosa di straordinario in questa “trasferta” di due tra le più celebri sculture del Sacro Monte di Varalloa Casa Testori. L’aspetto inedito stava proprio nel vedere per una volta un pezzo di Sacro Monte fuori dal suo naturale contesto. Vederlo da vicino, potervi girare attorno, studiarlo.
Per i visitatori è stata un’esperienza destinata a sollecitare sguardi inediti, cortocircuiti imprevisti, davanti a questi corpi così audacemente agli antipodi l’uno dall’altro.
In seguito al restauro condotto dalla Bottega Gritti, che ci ha restituito una sorprendente visione “autentica” delle due sculture, per gli studiosi si sono aperti invece nuovi problemi, e con i problemi nuove ipotesi su cui andare a far luce.
Certamente non si poteva preventivare opportunità migliore di questa per festeggiare i 50 anni dall’uscita di quel fondamentale libro di Giovanni Testori che aveva di fatto svelato all’attenzione di un pubblico vasto la grandezza di Gaudenzio Ferrari e il fascino del Sacro Monte di Varallo. Oggi quel libro è tornato in una nuova edizione, curata da Giovanni Agosti, e pubblicata dallo stesso editore di allora, Feltrinelli: ed è altro motivo per cui festeggiare. Il titolo del libro è diventato quasi il claim del Sacro Monte varallino: “Il gran teatro montano”.
Un libro straordinario, che Giovanni volle mettere nella bara del padre Edoardo, figura fondamentale per lo scrittore, a cui fu dedicata una mostra nella stanza “Testori” al primo piano, a 50 anni dalla scomparsa.
Un frammento del “gran teatro” ha lasciato il suo secolare palcoscenico, per conquistare, ne siamo sicuri, nuove platee. Dunque, Casa Testori ha ospitato il Gran teatro montano, con la scena, toccante e insieme impressionante, del Cristo della Passione trascinato da un Manigoldo. Due corpi veri, reali, in dialettica tra loro. Una scultura che ha nei suoi geni l’espansione verso l’azione scenica. Un frammento di teatro molto contagioso, che ha spinto tanti visitatori ad andare a scoprire, o a riscoprire, Varallo, ovvero l’“ottava meraviglia del mondo”, com’è l’ha definito il premio oscar Toni Servillo.
LE TAPPE
Castello Sforzesco
16 Marzo – 3 Aprile 2016
Al centro della sala XVII del Museo Civico milanese, dedicate alla scultura, l’esposizione delle due statue ha permesso una visione a tutto tondo eccezionale, grazie a un confronto puntuale con alcune statue lì conservate, capaci di mettere in evidenza affinità e differenze con la scultura gaudenziana del Sacro Monte: dalla testa attribuita a Gaudenzio Ferrari, alla Maddalena di Giovanni Angelo Del Maino, acquisita dal Comune di Milano e presentata per l’occasione.
Casa Testori
9 Aprile – 8 Maggio 2016
MVSA, Museo Valtellinese di Storia e Arte
14 Maggio – 6 Giugno 2016
EVENTI COLLATERALI
Presentazione del restauro delle due sculture
Castello Sforzesco, Sala Bertarelli
4 Aprile 2016
Presentazione al pubblico dei risultati degli interventi di restauro a cui sono state sottoposte le due statue, avvenuta alla presenza della direttrice dell’Ente Sacri Monti Elena De Filippis e dei restauratori Eugenio e Luciano Gritti. La presentazione è stata l’occasione per numerosi studiosi per vedere dal vivo le due sculture e intervenire nel dibattito attributivo sul Manigoldo, visibile nella cromia originale.
Presentazione della nuova edizione de “Il gran teatro montano”
Biblioteca Comunale di Villa Venino, Novate Milanese
16 Aprile 2016Presentazione della nuova edizione del libro curato da Giovanni Agosti, alla presenza dell’autore, del direttore di Casa Testori Davide Dall’Ombra, della direttrice dell’Ente Sacri Monti Elena De Filippis e del direttore editoriale di Feltrinelli Alberto Rollo.
URBAN SPACE GARDEN
A cura di Vincenzo Castella
Casa Testori
13 Febbraio 2016 – 17 Aprile 2016
Urban Space Garden è una mostra, realizzata nell’ambito del progetto Botanica, che ha visto 4 artisti esporre a Casa Testori: Vincenzo Castella, Daniele Marzorati, Lorenzo Morri e Giulia Pellegrini.
Vincenzo Castella
Le città sono preda di una schizofrenia: all’assenza e al soffocamento del verde, si risponde con un’idolatria della natura. Sul piano di realtà tra botanica e tessuto urbano c’è un rapporto di conflitto in cui il primo è sempre in posizione di forza. C’è poi un piano illusorio compensativo, in cui la natura recupera spazio, nella forma improbabile di una religione miscredente. È una sorta di bonsai mentale e a volte anche un po’ snobistico, che anestetizza il conflitto, riducendo l’ambito della relazione a una piccola sfera privata e privilegiata.Con Urban Space Garden, Vincenzo Castella, Daniele Marzorati, Lorenzo Morri, Giulia Pellegrini hanno fatto un’operazione opposta. Tra Urban Space e Garden non ci sono illusorie congiunzioni, ma c’è un tratto spezzato. La grande immagine di Castella stampata su tessuto e quindi esposta al vibrare dell’aria, come potrebbero esserlo le fronde di un albero, restituiva una veduta dall’alto di Soccavo, sobborgo occidentale di Napoli. In una griglia di urbanizzazione senza respiro si scorgeva un ciuffo imperioso di alberi, stretto dall’anello di uno svincolo. È un dettaglio che può sfuggire ma che rendeva invece l’imponenza del conflitto e quella capacità di resistenza estrema che la botanica dimostra rispetto alla città. Non è un’immagine di denuncia, ma un’immagine che accetta il conflitto e che si propone quello che Castella definisce usando la categoria di “conspectus”: un guardare oltre; che è l’opposto di “prospectus”, lo sguardo frontale, quello da un punto di vista che già “giudica” e distingue. “Conspectus” invece è sguardo che si inoltra. È sguardo che addentrandosi in immagini come #01 Milano 2012, guadagnava un livello di comprensione inatteso: la città cova piccole Giungle.
Daniele Marzorati
I lavori si muovevano tra il linguaggio fotografico, quello pittorico e il disegno. Attraverso un continuo rimando riscrivevano parti del visibile, studiando relazioni e differenze semantiche per una progressiva conoscenza della realtà.
Waste Land indagava, in 108 disegni a grafite, i luoghi milanesi sgomberati dai campi rom dal 2007 al 2013, a partire dai documenti ufficiali del comune di Milano sui quali si trova la descrizione di ogni sgombero.
Sezioni faceva riferimento alle foreste demaniali della Sardegna e ha utilizzato il montaggio diretto delle scene, durante la ripresa, all’interno del negativo. Attraverso la frammentazione del negativo — di 20 x 25 cm — le associazioni visive erano indissolubili e la pittura a olio interveniva per trasporre parti di alcuni negativi, ingrandite e riportate alla dimensione della matrice del negativo d’origine.
Lorenzo Morri
Il video Un Semplice Autoritratto Naturalistico nasce dagli scarti di un cortometraggio girato nella zona dei Monti Sibillini, nelle Marche, volendo fare un gioco di parole riferendosi ad una tecnica della pittura usando un altro mezzo di rappresentazione artistica.
Come il video, anche le tre opere a parete, dal titolo Pelle del serpente, simulavano la natura attraverso la stampa su tessuto.
Giulia Pellegrini
Si tratta di due installazioni e un video aventi come soggetto elementi naturali. Attraverso lo studio etimologico di una parola, l’analisi di un testo letterario e di un film del 1979, è stata creata una narrazione in grado di portare alla luce le problematiche dell’uomo contemporaneo.
In Sub Rosa, rose e parole si fondevano all’interno di una stanza. L’espressione sub rosa deriva dall’usanza di appendere il fiore al soffitto delle locande per rammentare agli avventori l’obbligo morale di non divulgare discorsi tenuti “sotto la rosa”.
In Colloquio tra Monos e Una erano presenti una pianta e uno specchio. L’uso del metalinguaggio, prendendo come riferimento uno dei racconti dello scrittore Edgar Allan Poe, permetteva di spiegare l’essenza della crisi della modernità: il distaccamento dell’uomo dalla natura e lo smodato desiderio di conoscenza che culminano nella filosofia dell’astrazione e della generalità. Quest’ultima non vede più il singolo individuo, con la sua concreta realtà esistenziale, ma solo i grandi movimenti della storia e delle idee.
In Oltre il giardino, video il cui nome e audio sono tratti dal film del 1979 che ha come protagonista un giardiniere, veniva rappresentato un limite e, al tempo stesso, veniva demarcata una soglia: il limite oltre il quale il singolo e le sue capacità non hanno più un’utilità; la soglia da cui quelle stesse capacità divenute inutili possono assumere altri significati.