UN OSPITE INATTESO
Giuseppe Frangi
Giovanni Testori (1923-1993) avrebbe amato perdutamente il Museo Lia. E non solo perché tra queste mura sono conservate opere di alcuni degli autori che, come critico d’arte, ha più amato: da Vincenzo Foppa a Giacomo Ceruti.
L’avrebbe amato perché questo museo racconta la storia di uno dei grandi collezionisti europei del secolo scorso, restituendocene la fisionomia. Lo scrittore gli avrebbe certamente dedicato parole infuocate sulle pagine del “Corriere della Sera”, di cui curò per quasi vent’anni la pagina dedicata all’arte.
Del resto, Testori fu anche un vorace, irrequieto e dilapidate collezionista: di quadri visse e non si contano le opere d’arte antica e moderna che passarono dalle sue mani. Non sorprende rivederne alcune tra queste sale spezzine, ove approdarono magari attraverso il gallerista Bruno Lorenzelli o il critico Federico Zeri.
Ma Giovanni Testori è stato uno degli intellettuali più versatili e importanti del Novecento italiano e il suo amore incondizionato per la pittura lo portò a cimentarsi personalmente nella creazione artistica, divenendo pittore dagli esiti significativi e in corso di riscoperta, negli ultimi anni.
In questa mostra a 25 anni dalla morte, si è scelto di indagare un tema centrale della sua produzione: la Crocee la Crocifissione, due soggetti tra i più diffusi nella storia dell’arte Occidentale, con numerose occorrenze nel Museo Lia, e indagato da Testori lungo tutta la vita: come drammaturgo, poeta e, appunto, pittore.
Il visitatore troverà due cicli di dipinti e disegni, realizzati negli anni Quaranta e negli anni Ottanta, a oltre trent’anni uno dall’altro, qui presentati integralmente e insieme per la prima volta, per dar vita a un inedito dialogo con le Croci del Museo: da Lippo di Benivient, all’oreficeria medioevale di Limoges.










